“La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano, e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni.” (Giovanni Falcone)
Oggi, 23 maggio, ricorre il 33° anniversario della Strage di Capaci, uno dei momenti più tragici e simbolici della storia repubblicana italiana. Un giorno che ha spezzato vite e aperto gli occhi del Paese sul volto brutale della mafia. Alle 17:58 del 23 maggio 1992, un’autobomba caricata con oltre 500 chili di tritolo esplose sull’autostrada A29 uccidendo Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, sua moglie e magistrato, e i tre agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Giovanni Falcone: il magistrato che sfidò Cosa Nostra
Giovanni Falcone nacque a Palermo nel 1939 e rappresenta, insieme ai colleghi e amici Rocco Chinnici, Antonino Caponnetto e Paolo Borsellino, una delle figure più illustri e prestigiose nella lotta alla mafia in Italia e a livello internazionale.
Dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza, intraprese la carriera di magistrato, distinguendosi fin da subito per la sua intelligenza, etica e fermezza. La sua visione investigativa rivoluzionò il metodo di contrasto alla criminalità organizzata.
Attraverso l’analisi dei flussi finanziari (“follow the money”) e l’uso innovativo delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, Falcone fu tra i protagonisti del Maxi Processo di Palermo, il più imponente nella storia contro la mafia.
“Il vero “tallone d’Achille” delle organizzazioni mafiose è costituito dalle tracce che lasciano dietro di sè i grandi movimenti di denaro connessi alle attività illecite più lucrose. Lo sviluppo di queste tracce, attraverso un’indagine patrimoniale che segua il flusso di denaro proveniente dai traffici illeciti, è quindi la strada maestra” (Giovanni Falcone)
La sua tenacia e il suo rigore lo resero bersaglio di Cosa Nostra, che lo considerava il nemico pubblico numero uno. Ma Falcone, pur consapevole del pericolo, non si piegò mai alla paura. Fu ucciso per questo. Ma il suo esempio, come quello dell’amico e collega Paolo Borsellino, è diventato un faro per le generazioni successive.
Il legame profondo con la giustizia: la continuità attraverso le battaglie civili
In questa frase di Falcone si esplica l’idea che è importante continuare a portare avanti il suo insegnamento, affinché non venga cancellata la sua memoria.
E non è un caso che avvenga spesso la sua collaborazione con la Dott.essa Paola Vegliantei Presidente dell’Accademia della Legalità.