Risarcimento danni malattia professionale: tutela legale

Tra le finalità dell’ONA rientra la tutela dei diritti delle vittime, come il risarcimento danni malattia professionale. L’indennizzo INAIL dà diritto a dei ristori, solo parziali, del danno biologico e, a determinate condizioni, di parte del danno patrimoniale.

Sussiste, però, anche il diritto delle vittime di malattie professionali e di infortuni sul lavoro, al risarcimento del differenziale. Si può chiedere un parere legale all’ONA e all’Avv. Ezio Bonanni.

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Il rischio professionale e la malattia

Nei luoghi di lavoro ci sono diversi rischi professionali. Sono legati al tipo di lavorazione e all’organizzazione del lavoro. Poi ci sono anche dei rischi di natura ambientale. In Italia, vige il sistema assicurativo INAIL, che prevede l’indennizzo in favore del lavoratore.

Il risarcimento danni malattia professionale presuppone la prova dell’origine occupazionale del danno. Prima di tutto, biologico e, poi, di tutti gli altri pregiudizi che compongono il danno non patrimoniale. La malattia professionale è diversa dalla comune malattia, perché è correlata al lavoro, senza che vi sia causa violenta. Quanto, piuttosto “lentamente e progressivamente”, in particolare per quanto riguarda le tecnopatie.

Risarcimento danni malattia professionale e la prevenzione

Ci sono molti agenti cancerogeni che provocano danni alla salute. Tra questi, anche i minerali di amianto. Altri cancerogeni sono il benzene e la benzidina

Un elemento fondamentale di prova del rischio lavorativo è costituito, innanzitutto, dalle tabelle dell’INAIL. Riguardano sia gli agenti eziologici, cioè i veleni, sia il tipo di malattia. Se, per esempio, si fa riferimento all’asbesto, la lista I riporta una serie di patologie asbesto correlate, come il mesotelioma e il tumore del polmone.

L’Avv. Ezio Bonanni ha pubblicato i dati sulle patologie asbesto correlate e sul rischio amianto ancora presente in Italia ne “Il libro bianco delle morti di amianto in Italia (Ed. 2022)”. Questa pubblicazione rappresenta una nuova linea guida per tutti i lavoratori e cittadini esposti ad amianto e ad altri cancerogeni.

L’INAIL ha raggruppato i cancerogeni e gli agenti nocivi nella lista I, nella lista II e nella lista III. Quindi, già le liste dell’INAIL costituiscono un primo elemento da cui partire per confermare il rischio e cercare di prevenirlo. Con la recente normativa, di cui al Dlgs. 81/2008, le tutele del lavoratore si sono rafforzate, anche sotto il profilo della prevenzione. La prevenzione è, prima di tutto, quella primaria, che si fonda anche sulla valutazione del rischio, tra cui quello cancerogeno. Molte, troppe volte, lo stesso INAIL ha agito solo in chiave indennitaria, e non in chiave preventiva.

In più chi è stato già esposto deve sottoporsi alla prevenzione secondaria, cioè continui controlli sanitari che consentono una diagnosi precoce. 

Agenti cancerogeni della Lista I: danno da esposizione

Nella Lista I, oltre alle malattie asbesto correlate, ci sono le malattie provocate  con elevata probabilità da agenti chimici, come quelle derivanti da piombo (anemia, encefalopatia), rame (congiuntivite, asma bronchiale), anidride solforosa (tracheobronchite), cloruro di vinile (fibrosi polmonare, epatopatia fibrotica), silice libera cristallina (silicosi polmonare), ossidi di ferro (siderosi), stagno (stannosi), alluminio (alluminosi), cotone (bissinosi).

Inoltre, vi sono malattie che possono essere provocate da agenti chimici, derivanti da fibre minerali (tracheobronchite), fibre vetrose e minerali (tracheobronchite), quelle provocate da olii minerali (dermatite follicolare), radiazioni ionizzanti (radiodermiti), radiazioni solari (cheratosi attiniche), radiazioni infrarosse (eritema permanente), da arsenico (tumore della cute, tumore del polmone, tumore della vescica), cromo (tumore del polmone), composti del nichel (tumore del polmone, tumore delle cavità nasali, tumore deiseni paranasali), fuliggine (tumore della cute, tumore del polmone), pece di catrame e catrame di carbone (tumore della cute e tumore del polmone).

Gli agenti nocivi della lista II INAIL

La Lista II, oltre alle malattie asbesto correlate, ospita le malattie da agenti chimici come anadride trimellitica (alveoliti allergiche estrinseche), cloruro di polivinile (granulosi polmonare), formaldeide (tumore delle cavità nasali, tumore dei seni paranasali) e benzene (leucemia linfoide, linfoma non hodgkin, mieloma multiplo).

I cancerogeni della lista III INAIL

Nella Lista III ci sono le malattie provocate da agenti chimici come la silice libera cristallina (poliangite microscopica), fibre ceramiche (fibrosi polmonare), cloruro di vinile (tumore del polmone, tumore cerebrale, tumori del sistema emolinfopoietico), cobalto e suoi Sali (tumore del polmone).

Malattia professionale e sicurezza sul lavoro

La vittima che ha ottenuto dall’INAIL il riconoscimento della malattia professionale, può agire nei confronti del datore di lavoro. Quest’ultimo, infatti, ha l’obbligo di sicurezza, di cui all’art. 2087 c.c. Quest’obbligo si fonda in particolare sull’art. 32 Cost.

Il datore di lavoro ha l’obbligo di valutare i rischi, prevederli e rimuoverli, secondo i dettati di cui al Dlgs. 81/2008. Nel caso di evento, come la malattia professionale, tra cui le malattie infortunio, sussiste il diritto all’indennizzo INAIL, ma anche al risarcimento del danno differenziale. Infatti in caso di infortunio sul lavoro spetta alla vittima il risarcimento del danno biologico, ma non solo.

Come ottenere il riconoscimento INAIL malattia professionale

Il lavoratore che ha subito un danno biologico deve essere sottoposto a visita di medicina del lavoro, per verificare se ci sia stata un’esposizione ad agenti morbigeni. Il sistema è, ancora, quello delle tabelle che, però, non è esclusivo.

Infatti, anche in assenza di inserimento nella lista I, che dà la presunzione legale di origine, è possibile ottenere il riconoscimento della natura occupazionale della malattia. In questo modo è possibile ottenere l’indennizzo INAIL, per inabilità temporanea, ovvero, per il danno biologico conseguente. In più, si ha il diritto al risarcimento danni sul lavoro.

Il medico avvia un percorso, a fronte del quale, dopo l’inoltro del certificato, si avvia l’istruttoria tecnica e medico legale. L’INAIL formula un primo giudizio e, successivamente, anche in seguito ad un eventuale ricorso, è fissata la collegiale medica INAIL.

Risarcimento danni malattia professionale: indennizzo INAIL

L’INAIL a partire dal 6% di invalidità riconosciuta, fino al 15%, indennizza il danno biologico con il versamento di una tantum (una somma erogata una sola volta). Con una valutazione medico legale almeno del 16%, c’è il diritto alla rendita INAIL.

Anche per i casi di invalidità inferiori al 6% c’è, comunque il diritto al risarcimento danni malattia professionale. In questo caso, l’obbligo risarcitorio è per intero gravante sul datore di lavoro.

Infatti, in caso di franchigia INAIL, è il datore di lavoro a dover provvedere al risarcimento danno professionale.

La rendita INAIL è un importo mensile che l’ente eroga al lavoratore che ha subito l’infermità riconosciuta come malattia professionale. È definito anche vittima perché subisce un danno, in particolare, al bene più importante, che è la salute. La salute è l’integrità psicofisica, che è lesa, per motivi lavorativi, nel caso di esposizione continua ad agenti nocivi. In questo contesto, la continua sollecitazione dell’agente morbigeno, provoca la lesione biologica.

Risarcimento danni malattia professionale per differenziale

Il danno biologico malattia professionale, deve essere, sempre, integralmente risarcibile. In questo caso, l’indennizzo è, quindi, un minus del risarcimento del danno biologico. Comunque, anche nel caso di rendita INAIL, spetta per malattia professionale anche il ristoro dei pregiudizi morali. Questi ultimi consistono nella sofferenza fisica e morale e nella lesione della dignità subiti.

Questi diritti sono espressamente richiamati dall’art. 2087 c.c. e, quindi, la loro lesione è soggetta al risarcimento danni malattia professionale. Devono essere risarciti anche i danni esistenziali, anch’essi non contemplati nell’indennizzo INAIL.

Il risarcimento danni malattia professionale, per queste voci di danno, è sempre a carico del datore di lavoro.

Ci sono due tipi di danni differenziali:

  • quantitativo, riferito alla differenza tra il dovuto e l’indennizzo INAIL;
  • qualitativo, detto anche complementare, cioè, la denuncia danni morali, esistenziali e i danni futuri.

In più, in caso di decesso della vittima primaria, ci sono anche altri pregiudizi:

Questi pregiudizi si legano alla lucida consapevolezza della vittima del suo reale stato di salute e dell’imminente trapasso. Il diritto all’integrale risarcimento di tutti i danni, discende dalla responsabilità del datore di lavoro.

Risarcimento danni malattia professionale: fondamento

Il risarcimento danni prevede prima di tutto, una responsabilità contrattuale e, poi, quella extracontrattuale, diretta e vicaria. Sotto entrambi i profili, la norma chiave, è quella dell’art. 2087 c.c., di massima tutela della salute nei luoghi di lavoro.

È fatto obbligo al datore di lavoro, di tutelare la salute e la dignità morale, al massimo livello, con conseguente obbligo di risarcimento del danno in caso di lesione. La malattia professionale provoca, quindi, tutta una serie di pregiudizi, che debbono essere integralmente risarciti.

La Cassazione Civile, Sez. Lav., 19 gennaio 2015, n. 777, stabilisce la fondatezza del diritto al risarcimento dei danni differenziali. Infatti, anche lo stesso danno biologico di cui all’indennizzo, non è il risarcimento. La sua liquidazione costituisce, soltanto, un minus rispetto al risarcimento.

Per cui, la vittima ha diritto al risarcimento del danno differenziale INAIL, anche rispetto a quanto ottenuto a titolo di indennizzo del danno biologico. Così, anche per INAIL danno patrimoniale. Infatti, l’indennizzo INAIL è circoscritto al solo danno per diminuite capacità di lavoro. Per di più, è di un importo inferiore, a causa del calcolo danno differenziale infortunio su lavoro che va liquidato.

Principi sul risarcimento danni malattia professionale

Le Sezioni Unite sono approdate alla rilevanza dell’obbligo di sicurezza di cui all’art. 2087 c.c., e lo hanno ancorato sui valori della Costituzione. Infatti, si legge:

vengono in considerazione diritti della persona del lavoratore che, già tutelati del codice del 1942, sono assurti in virtù della Costituzione  …. al rango di diritti inviolabili” (Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26973).

Si riconosce, così, l’offensività della condotta del datore e la risarcibilità di tutti i pregiudizi non patrimoniali. Prima di tutto, in un contesto di responsabilità contrattuale. L’orientamento costituzionale influenza anche le regole dell’azione risarcitoria e le tecniche deduttive e probatorie.

In più, le stesse modalità di liquidazione del danno. La responsabilità supera la prospettiva dell’inadempimento, poiché, siamo in presenza di lesione dei diritti della persona. Ledere la salute, significa violare anche il diritto di cui all’art. 32 Cost.; così la dignità morale, che è protetta anche dall’art. 2 della Costituzione, e così via. E, quindi, nel caso di specie, il giudizio deve essere ancorato alle radici proprie della nostra Carta Costituzionale.

Responsabilità risarcimento danni malattia professionale

Il sinallagma è solo la matrice della regola, che va, poi, riempita e articolata, non solo sulle coordinate di cui agli artt. 2087 c.c. e 1218 c.c. Ma anche per il tramite dell’art. 1374 c.c., ovvero di interpretazione del contratto che tuteli la salute.

Gli stessi oneri probatori e i criteri di verifica della responsabilità datoriale “si pongono negli stessi termini dell’inadempimento delle obbligazioni contrattuali” (Cass. lav., 24 gennaio 2014, n. 1477; Id., 18 luglio 2013, n. 17585).

Tant’è vero che, anche recentemente, la Corte di Cassazione, sez. lav., n. 15165/2019, ha ribadito il principio in base al quale è il datore di lavoro a dover dimostrare l’esatto adempimento. Così, già in precedenza, Cass., Sez. Lav., n. 1477/2014. Contemporaneamente, a carico del datore di lavoro, grava anche la responsabilità vicaria e, cioè, quella per la condotta della dirigenza.

Circa i profili di responsabilità extracontrattuale, invece, l’onere di dimostrare la colpa è a carico della vittima. Ciò vale per i profili aquiliani e di responsabilità civile da reato.

Non esonero del risarcimento danni malattia professionale

La regola dell’esonero stabilisce che il datore di lavoro non può essere obbligato al risarcimento del danno se non vi è responsabilità penale. Questa regola è, però, superata con riferimento proprio a Cass., sez. lav., n. 777/2015. Il principio dell’integrale risarcibilità pregiudizi alla persona, è uno dei capo saldi del sistema di tutela delle vittime. Quanto rileva è, innanzitutto, la categoria unitaria del danno non patrimoniale. La quantificazione risarcimento danni è personalizzata, e deve tener conto della lesione ai valori costituzionali.

Sotto questo principio non vi può essere un esonero dalla responsabilità civile e, anche a voler mantenere questo principio, lo si deve circoscrivere.

La norma dell’art. 10, D.P.R. 1124/1965, che stabiliva lo “speciale” dell’esonero, era circoscritta al solo danno patrimoniale. Non certo riferita al danno non patrimoniale. A maggior ragione, il danno biologico e, cioè, l’integrità psicofisica del cittadino lavoratore. Quindi, nel decidere quali danni risarcire, non si può prescindere dai valori costituzionali e, quindi, dall’art. 32. Le regole delle SS. UU. 26972 e 26973/2008, vanno ben oltre, perché costituiscono un vero e proprio spartiacque. Intanto, richiamano la precedente SS. UU. 26972/2006 e, quindi, tutti i diritti costituzionali del lavoratore.

L’art. 10, D.P.R. 1124/1965, non può eludere questi diritti e stravolgere i principi fondativi dell’ordinamento. In seguito all’introduzione del d. lgs. n. 38/2000 che, in qualche modo, aveva ridato vita alla richiesta di applicazione di questa regola, il dibattito si è riaperto.

La sentenza della Cassazione 35228 del 30 novembre 2022 sancisce un importante principio in questo senso. “L’accertamento incidentale in sede civile del fatto costituente reato (e quindi della responsabilità penale del datore di lavoro, ndr), sia nel caso di azione proposta dal lavoratore per la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno cd. differenziale, sia nel caso della azione di regresso proposta dall’Inail, deve essere condotto secondo le regole comuni della responsabilità contrattuale, anche in ordine all’elemento soggettivo della colpa e del nesso causale tra fatto ed evento”.

Si tratta di un grande passo avanti nella tutela delle vittime. Significa, infatti, che l’accertamento del reato in sede civile risponde non alle regole del diritto penale, ma a quelle del civile. In questo secondo caso per la prova vige il principio del “più probabile che non” e non, come in sede penale, dell'”oltre ogni ragionevole dubbio“.

E’ una differenza fondamentale perchè dimostrare qualcosa oltre ogni ragionevole dubbio è molto più difficile e portava al rigetto di ogni ricorso. Quindi nelle cause civili sul lavoro è sufficiente dimostrare la violazione delle norme cautelari non solo per provare la colpa, ma anche il nesso causale tra l’esposizione all’amianto e la patologia asbesto correlata.

Gli Ermellini ni questa sentenza del 2022 hanno statuito anche che la responsabilità civilistica va valutata anche ai fini del riconoscimento del danno biologico differenziale non coperto dall’indennizzo Inail.

Risarcimento danni malattia professionale: oltre indennizzo

Da qualche tempo, infatti, è indennizzabile anche il danno biologico, e, quindi, si pone il problema dell’accertamento del differenziale economico quantitativo. Da una parte, l’orientamento della prova del danno differenziale nel percorso dell’art. 10, D.P.R. 1124/1965 (ora da valutare anche in base alla sentenza di Cass. 35228/2022, dall’altro, la totale autonomia.

Nel primo profilo, si privilegia la presunta satisfattività dell’indennizzo, nel secondo, invece, il totale ristoro. L’indennizzo INAIL è, soltanto, una frazione, ovvero un profilo all’interno del calcolo dell’indennizzo INAIL. Il danno biologico dell’indennizzo INAIL, rientra nella logica forfettaria della prestazione di cui all’art. 38 Cost., e non in quella del risarcimento.

Quest’ultimo, presuppone la logica totalmente compensativa, cioè quella dell’integrale ristoro. Le conseguenze sono rilevanti. Se si agisce secondo le regole dell’art. 10 d.p.r. 1124/65, l’onere probatorio è gravoso.

Infatti, si imporrebbe la prova di un fatto reato, ascrivibile al datore di lavoro. Non c’è l’accertamento incidenter tantum del reato quanto, piuttosto, la prova di violazione di specifiche norme e del nesso causale con la certezza propria del processo penale. Mentre, invece, nel civile, rileva il ‘più probabile che non’ e, cioè, una regola probatoria per cui è sufficiente il 50% + 1.

Nel caso di specie, invece, la giurisprudenza ha chiarito che tutti gli altri danni, non ricompresi nell’indennizzo, debbono essere integralmente risarciti. La regola dell’esonero non trova applicazione.

In questo modo, si comprometterebbe la tutela del diritto della persona, che va ben oltre la logica dell’indennizzo INAIL. Si discriminerebbe il danneggiato se lavoratore. Diversamente da tutte le altre vittime, ovvero da tutti gli altri danneggiati.

Risarcimento danni malattia professionale: differenziale

Il danno è configurato unitariamente, a maggior ragione, quello non patrimoniale. Infatti Cass., S.U., 11 novembre 2008, n. 26973, richiama, oltre all’art. 32, anche gli artt. 2 e 4 Cost., “come avviene nel caso dei pregiudizi alla professionalità da dequalificazione, che si risolvano nella compromissione delle aspettative di sviluppo della personalità del lavoratore”.

Quindi, il Giudice, deve accertare l’effettiva consistenza dei danni, previa allegazione e prova da parte della vittima. Ciò, a prescindere da definizioni nominalistiche, e sulla base delle concrete ripercussioni. Queste ultime riguardano anche il valore uomo. Cioè, i diritti della persona, che sono risultati menomati, e, quindi, l’area del diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali, è un perimetro più ampio. Nell’ambito del rapporto di lavoro, quindi, rilevano, oltre alla salute, anche la dignità e la professionalità del lavoratore.

La configurazione unitaria del danno non patrimoniale

Inerentemente alla configurazione unitaria del danno non patrimoniale, si richiama in dottrina Ziviz, Grandi speranze (per il danno non patrimoniale), in Resp. civile e previdenza, 2014, 2, p. 380 ss. Questa sostiene:

la necessità di andare oltre una generica qualificazione del danno nei termini di “non patrimonialità”: dato, questo, espresso in termini negativi, e tale dunque da non permettere l’identificazione delle caratteristiche che connotano le compromissioni riconducibili entro detto concetto”.

Non si può, quindi, articolare il giudizio sull’art. 10, t.u. del 1965. L’art. 13, co. 2, lett. a), d. lgs. n. 38/2000, fa riferimento al danno biologico per aspetti dinamico-relazionali. Questo è l’ambito dell’indennizzo INAIL che, però, non esaurisce tutti gli altri profili.

In particolare, i danni esistenziali e morali, devono essere computati, tenendo conto anche delle singole situazioni soggettive, che necessitano una personalizzazione.

Il riferimento agli aspetti dinamico relazionali considera i riflessi indotti dalla menomazione della capacità psico-fisica in modo indifferenziato su tutti i soggetti infortunati o tecnopatici; non riguarda invece gli aspetti soggettivi e la personalizzazione del danno che restano affidati alla tutela risarcitoria”.

Risarcimento danni malattia professionale base civilistica

Il sistema assicurativo fa riferimento ai riflessi dinamico relazionali, ma solo in un ottica indennitaria. In tale contesto, si pone fuori dell’alveo costituzionale del ristoro integrale e personalizzato del danno.

Considerando il lavoratore persona, e del pregiudizio nella sua complessiva proiezione, anche esistenziale. Quindi, è dovuto il risarcimento del differenziale, rispetto alla lesione biologica. In più, è prevista anche la personalizzazione del pregiudizio non patrimoniale, sulla base delle sofferenze fisiche e morali e della modificazione dei progetti di vita.

Come avviene lo scorporo dell’indennizzo INAIL

Il fatto stesso che l’INAIL abbia indennizzato il danno biologico, pone il problema dello scorporo, cioè, di sottrarre quanto ottenuto dall’INAIL ai fini della quantificazione dei danni.

La Legge 145/2018 aveva stabilito che l’indennizzo INAIL si dovesse sottrarre da tutto l’importo del risarcimento. Già la Corte di Cassazione aveva stabilito che, in realtà, tale norma non si applicasse per le malattie professionali antecedenti. Successivamente, questa problematica è stata risolta con l’introduzione di una nuova normativa. Quindi, lo scorporo dovrà avvenire, sempre e comunque, per poste omogenee.

Scomputo del danno per poste omogenee

Il tutto era stato già anticipato da Cassazione, sez. lav., n. 8580/2019. Il legislatore è intervenuto con la legge 58/2019 e ha eliminato con un colpo di spugna la riforma ed il “principio dello scomputo integrale”, reintroducendo di fatto quello per “poste omogenee” a cui era giunta la giurisprudenza di legittimità non senza difficoltà o ripensamenti.

Infatti, nella liquidazione di INAIL danno differenziale “il datore di lavoro è chiamato a rispondere nei casi in cui opera la copertura assicurativa INAIL“. Quindi “deve operare un computo per poste omogenee, sicché, dall’ammontare complessivo del danno biologico“.

Pertanto “va detratto non già il valore capitale dell’intera rendita costituita dall’INAIL, ma solo il valore capitale della quota di essa destinata a ristorare, in forza del d.lg. n. 38 del 2000, art. 13“. Quindi, è indennizzato il danno biologico.

La tecnica di quantificazione esclude la  “quota rapportata alla retribuzione ed alla capacità lavorativa specifica dell’assicurato, volta all’indennizzo del danno patrimoniale“. Questa tecnica di quantificazione è ribadita anche dalla nuova normativa, che ha modificato l’art. 1, co. 1126, L. 145/2018.

Danno secondo un computo per voci omogenee

Il danno differenziale è costituito “dal surplus di risarcimento dei medesimi pregiudizi oggetto di tutela indennitaria INAIL e in presenza dei presupposti di esclusione dell’esonero del datore di lavoro”.

Tale danno è determinato secondo un computo per voci omogenee, ovvero dalle singole componenti di danno civilistico (patrimoniale e biologico). Devono essere detratte distintamente le indennità erogate dall’INAIL per ciascun pregiudizio (Cass., sent. 21 maggio 2019, n. 13645).

Già in precedenza, la Suprema Corte aveva ribadito, con la nota ordinanza della VI sez. civile n. 25618/2018, che “…il criterio corretto è rappresentato da quello “per poste” sottraendo l’indennizzo Inail dal credito risarcitorio solo quando l’uno e l’altro siano destinati a ristorare pregiudizi identici.

Corollari di tale modus procedendi sono che:

  • se per una voce di danno l’indennizzo Inail eccede il credito civilistico, nulla potrà pretendere per quel danno la vittima dal responsabile;
  • se per una voce di danno l’indennizzo Inail eccede il credito civilistico, il responsabile non potrà pretendere che l’eventuale eccedenza sia riportata a defalco di altri crediti risarcitori della vittima (così, ex plurimis, Cass. n. 27669717; Cass. n. 13222/15) Corte di Cassazione -VI sez. civ. – Ordinanza n. 25618 del 15/10/2018“.

Dictum della sentenza Cass., sez. III, 11/11/2019, n. 28990

Con una pronuncia recentissima, chiarisce ancora la Cassazione che “In caso di menomazioni preesistenti, l’accertamento del grado di invalidità biologica è compiuto dall’ausiliario medico legale e dunque a questi spetta rispondere, alla stregua delle pertinenti leges artis al quesito posto dal giudice, verificando quale fosse la capacità del soggetto ante e post eventum.

In sostanza egli deve accertare la capacità biologica per così dire differenziale ponendo a confronto lo stato di validità anteriore e quello successivo, venendo a pesare in modo diverso il grado percentuale indicato nel bareme secondo che lo stato patologico pregresso:

  • risulti del tutto indifferente, rispetto alla nuova disfunzionalità residuata dall’evento lesivo (ipotesi normalmente riscontrabile nel caso di menomazioni coesistenti);
  • venga a peggiorare la situazione già compromessa, incrementando la disfunzionalità preesistente (ipotesi che, al massimo grado, si riscontra nelle menomazioni concorrenti).

Nel primo caso il consulente tecnico d’ufficio potrà valutare autonomamente gli effetti invalidanti permanenti della nuova lesione, come se venissero riferiti a un soggetto sano.

Nel secondo caso, la maggiore invalidità permanente derivata dal nuovo evento lesivo risulterà effetto dello stato preesistente, in quanto l’indebolimento di un organo già compromesso, rispetto al medesimo indebolimento di un organo sano, non si traduce in un eguale diminuzione di validità, ma nel soggetto affetto dalla preesistenza quell’indebolimento corrisponderà a un grado (ulteriore) di invalidità biologica maggiore.

Accertato dall’ausiliario il grado di invalidità in relazione a un giudizio espresso in prospettiva globale alla concreta ed effettiva condizione biologica del soggetto, spetterà esclusivamente al giudice, sul piano della liquidazione del danno, individuare se e in che modo il differenziale esprimente la compromissione biologica debba essere integralmente o solo parzialmente ricondotto alle conseguenze dirette e immediate dell’evento lesivo, ex articolo 1223 del codice civile” (Cassazione civile sez. III, 11/11/2019, n. 28990).

Calcolo del differenziale, quantitativo e qualitativo

Con riferimento al calcolo del differenziale (quantitativo e qualitativo) nel rispetto dell’omogeneità (e comparabilità) dei titoli risarcitori, si procede con lo scorporo per poste omogenee.

Dalla tabella del Tribunale di Milano si può evincere come la quantificazione economica del risarcimento possa essere guidata da parametri predeterminati. Ciò, tuttavia, non impedisce la personalizzazione del danno in base alle singole e peculiari esigenze di ogni individuo danneggiato.

Come, infatti, indicato in Cass. lav. 19 gennaio 2015, n. 777, “il danno esistenziale non è un’autonoma posta di danno”. Tuttavia, la liquidazione dovrà tener conto delle conseguenze nella vita concreta della persona. Inoltre, in Cass. civ., 20 novembre 2012, n. 20292 si ribadisce che l’unitarietà della categoria del danno non patrimoniale impone una liquidazione unitaria, “ma non una considerazione atomistica dei suoi effetti”.

Infatti, l’uso delle tabelle da parte delle autorità giudiziarie per la quantificazione del danno, è, sicuramente, in grado di garantire una uniformità di base della liquidazione.

La formula tabellare e il criterio equitativo

La formula tabellare, in ogni caso, deve sempre essere utilizzata insieme al criterio equitativo. Questo ai fini del rispetto dei principi di adeguatezza, proporzionalità, nonché personalizzazione nella determinazione del quantum a titolo di risarcimento. 

Queste operazioni “prevedono una liquidazione congiunta di tutti questi pregiudizi sulla base di due indici: quello dei valori medi e quello della personalizzazione con la conseguente difficoltà di sottrarre l’indennizzo statico dal risarcimento che include sia risvolti anatomo-funzionali che nei suoi risvolti relazionali (medi o personalizzati)”.

Danno biologico differenziale: criteri per la determinazione

I criteri per la determinazione del “danno biologico differenziale” sono stati dettati dalla Suprema Corte. Nella sentenza n. 13222 del 26.06.2015, infatti, è stata indicata la modalità per lo scomputo per poste omogenee.

Nella sentenza, infatti, si legge che: “Quest’ultimo (rectius danno biologico), infatti, consiste nella “lesione all’integrità psicofisica”, suscettibile di valutazione medico legale, della persona“. Il danno biologico deve essere indennizzato, indipendentemente dalla capacità di produrre reddito del lavoratore danneggiato (Dlgs. 38/2000, art. 13, co. 1).

Dunque, ove ricorrano i presupposti di fatto indicati nel suddetto Decreto Legislativo, al comma 2, lettera b), l’INAIL liquida il danneggiato con un indennizzo che compensa, sia il danno biologico, che quello patrimoniale derivante dalla perdita della capacità lavorativa. Ai fini della quantificazione del danno economico, occorre tener conto che il ristoro, si deve basare sul reddito, ovvero sulla capacità di lavoro e di guadagno.

Il risarcimento del danno si fonda sulla capacità reddituale della vittima. L’INAIL, quindi, compensa il danno biologico e il danno patrimoniale per la perdita di capacità lavorativa, ma non gli altri danni patrimoniali.

Danni differenziali: tecniche operative di calcolo

Il calcolo del risarcimento presuppone di:

  • determinare il grado di invalidità permanente patito dalla vittima e monetizzarlo, secondo i criteri della responsabilità civile;
  • sottrarre dall’importo sub (a) non il valore capitale dell’intera rendita costituita dall’INAIL, ma solo il valore capitale della quota di rendita che ristora il danno biologico.

Il calcolo del danno differenziale in senso stretto va eseguito distinguendo quanto ha erogato l’INAIL a titolo di danno biologico (secondo la definizione tra l’altro contenuta nell’art. 142 cod. ass.). In più, tenendo conto di quanto erogato a titolo di danno patrimoniale.

Quindi, la vittima può chiedere “un surplus” sia per il danno biologico provato e quantificato secondo le regole civilistiche se superiore alla liquidazione effettuata dall’INAIL sia per il danno patrimoniale sempreché sia accertato in misura superiore a quanto indennizzato dall’INAIL. Per questi motivi, non devono essere confuse le due “poste” diverse per natura giuridica. Ad esempio, la somma liquidata dall’INAIL a titolo di danno patrimoniale, “non può andare a coprire” la somma in surplus dovuta dal datore di lavoro per il danno biologico liquidato in sede civilistica maggiore di quello erogato dall’assicuratore sociale.

Il criterio dello scomputo per poste omogenee è estremamente importate.

Le tipologie di danno: nuovo orientamento della Corte

Il nuovo orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione prevede una distinzione ontologica tra il danno biologico e i danni esistenziali e morali. Pertanto, gli importi versati dall’INAIL potranno essere scomputati solo con riferimento al danno biologico e non in relazione ai danni morali ed esistenziali subiti. Per ciò stesso, tali danni dovranno essere risarciti per intero, (Cassazione n. 901/208, n. 7513/2018 e n. 13770/2018).

Una nuova sentenza della Cassazione Civile, sezione Lavoro, del 17 giugno 2022 (n. 19623), stabilisce che anche la paura di ammalarsi rientra nel danno morale e va risarcita. Le vittime possono provarla, come gli altri danni morale, anche sulla base di presunzioni e anche quando non si sviluppa un danno biologico.

La paura di ammalarsi di patologie asbesto correlate, o di aggravarsi rispetto a malattie meno invalidanti sempre causate dall’asbesto, è di per sè invalidante. Il lavoratore esposto ad amianto vede morire i suoi colleghi e ha il terrore che quello possa capitare anche a lui. A questo si somma la paura per i propri familiari che per anni hanno respirato le polveri amianto che portava a casa sulle tute da lavoro o nei capelli. La paura porta a cambiare il proprio carattere, ad avere problemi relazionali e anche a modificare il proprio atteggiamento verso il futuro.

Calcolo dei danni in caso di decesso

Nella previsione di liquidazione danno biologico per il decesso di un congiunto, è posto in essere il grado di parentela tra vittima e familiare della vittima, con un tetto massimo di 331.920,00 per la liquidazione in favore di ciascun genitore per la morte di un figlio.

Anche nell’ipotesi di danno non patrimoniale derivante da grave lesione del rapporto parentale (calcolo danno patrimoniale morte congiunto), l’Osservatorio Nazionale Amianto ribadisce che la liquidazione del risarcimento danni amianto INAIL è disancorata dal danno biologico subito dalla vittima primaria.

L’importo dell’indennizzo per il danno non patrimoniale (biologico, morale ed esistenziale) e per quello patrimoniale varia dipendentemente dalle conseguenze della patologia (compresa la morte), dall’invalidità permanente acquisita, dall’età dell’ammalato, dal numero di familiari conviventi e non conviventi.

Si applicano per il risarcimento malattia professionale amianto le Tabelle del Tribunale di Milano. Si tratta comunque di cifre molto alte, che in sede giudiziale possono superare anche il milione di euro. Le Tabelle del danno non patrimoniale del Tribunale di Milano stilate sotto la coordinazione dell’Osservatorio milanese sono un ottimo strumento per la quantificazione del danno e del possibile risarcimento.

Risarcimento danni: consulenza gratuita

Per richiedere il risarcimento danni l’ONA mette a disposizione alle vittime un servizio di consulenza gratuita. Si può accedere alla consulenza chiamando il numero verde o compilando il form.

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