Il danno patrimoniale è il danno economico che colpisce la sfera del danneggiato, provocando un impoverimento. La definizione danno patrimoniale indica quindi la diminuzione di valore del patrimonio, che il soggetto patisce a causa di un illecito o inadempimento.
Il diritto della vittima al risarcimento del danno è stabilito dall’articolo 2043 del codice civile: “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.
Un danno può derivare da una responsabilità:
- contrattuale, per esempio l’inadempimento di un’obbligazione, la mancata consegna di un bene acquistato o il ritardo nell’esecuzione di una prestazione;
- aquiliana, cioè un fatto illecito extracontrattuale che riguarda una condotta che lede la convivenza tra individui della società civile, come nel caso di sinistro stradale.
Il danno patrimoniale è dovuto a un danno alla propria salute. Questo può essere causato dall’esposizione a fattori di rischio, come il gas radon, l’uranio impoverito e l’amianto. Quest’ultimo, in particolare, è considerato cancerogeno, come dichiarato anche nell’ultima monografia IARC. Per questo è importante segnalare i siti contaminati, attraverso l’APP Amianto, e bonificare le aree.
L’ONA–Osservatorio Nazionale Amianto e il suo presidente, l’Avvocato Bonanni, sono in prima linea nella tutela dei cittadini e lavoratori esposti. Assistono le vittime nel riconoscimento dei propri diritti e nell’ottenere l’integrale risarcimento dei danni.
Tipi di danno patrimoniale: danno emergente e lucro cessante
Il danno patrimoniale, pur essendo unitario, è formato da due componenti:
- danno emergente, ossia la perdita patrimoniale subita dal creditore o dalla vittima;
- lucro cessante, cioè il mancato guadagno, il profitto che il soggetto avrebbe ottenuto senza il verificarsi dell’evento dannoso.
Spesso si fa riferimento al danno emergente come danno diretto, mentre il lucro cessante è considerato un danno indiretto.
La distinzione tra queste due componenti del danno è frutto di una elaborazione dottrinale che trae origine dalle fonti romane. Attualmente rappresenta lo strumento più importante per i giuristi al fine di identificare gli effetti pregiudizievoli subiti dal patrimonio del danneggiato.
Risarcimento danno patrimoniale e capacità lavorativa
La capacità lavorativa, astrattamente intesa, è l’idoneità di un soggetto a produrre un reddito. La giurisprudenza ne distingue due forme:
- generica, cioè la possibilità del soggetto di svolgere qualsiasi lavoro, anche diverso dal proprio, ma confacente con le proprie attitudini;
- specifica, ossia l’idoneità a svolgere la propria attuale occupazione.
Pregiudizi subiti nel campo della capacità lavorativa generica sono considerati danni non patrimoniali. Invece, nel secondo caso, si tratta di un danno meramente patrimoniale perché consiste nella difficoltà di continuare a svolgere concretamente il proprio lavoro. Da qui scaturisce il danno da lucro cessante.
Per ottenere il risarcimento del danno patrimoniale è fondamentale provare il nesso causale tra evento dannoso ed evento di danno. Il nesso deve sussistere tra:
- comportamento ed evento, al fine di configurare una responsabilità, in termini di causalità materiale;
- evento e danno, che consente l’imputazione delle singole conseguenze dannose, in termini di causalità giuridica.
Infatti le perdite subite o il mancato guadagno devono rappresentare una “conseguenza immediata e diretta” del fatto. Nel caso di lucro cessante, facendo riferimento a un evento futuro e solo prevedibile, è necessaria una ragionevole certezza e una prova rigorosa e non semplicemente “presuntiva”.
Il danno da perdita della capacità lavorativa è risarcibile con equo apprezzamento delle circostanze del caso. Inoltre, anche se il danneggiato non è percettore di reddito ha diritto al ristoro del danno patrimoniale relativo alla perdita della capacità di lavoro. In questo caso il giudice, per valutare il danno futuro, deve accertare se la vittima, senza l’incidente, avrebbe trovato un lavoro adatto al proprio profilo professionale e se i postumi dell’infortunio le consentano lo svolgimento del suddetto lavoro (Cassazione, ordinanza 9682/2020).
Danno emergente definizione e risarcimento
La definizione danno emergente consiste nella perdita economica che la vittima subisce per colpa della mancata, inesatta o ritardata prestazione del debitore. È quindi un danno attuale e immediato che si realizza con la diminuzione patrimoniale provocata dall’illecito o dall’inadempimento.
La diminuzione del proprio patrimonio può essere causato da:
- mancata, inesatta o ritardata prestazione del debitore;
- spese sostenute per rimuovere l’inesattezza della prestazione;
- temporanea impossibilità di godere del bene;
- danni provocati alla persona o ai beni del creditore.
Inoltre è considerato danno emergente qualsiasi pregiudizio subito, anche a prescindere da un rapporto contrattuale. Perciò il danno emergente può essere anche extracontrattuale.
Il risarcimento del danno emergente può avvenire in due forme:
- per equivalente, cioè l’attribuzione al danneggiato di una somma di denaro, il cui scopo è quello di compensare il valore del bene distrutto, senza, però, ripristinare la situazione antecedente all’accadimento;
- specifica, attraverso il quale il danneggiato ottiene la reintegra del bene distrutto o della situazione giuridica lesa, in modo tale che venga ripristinata la situazione preesistente all’atto illecito.
Lucro cessante definizione e risarcimento
Il lucro cessante è il mancato guadagno patrimoniale provocato dall’inadempimento o dall’illecito che si sarebbe dovuto conseguire in caso l’obbligazione fosse stata regolarmente adempiuta o in mancanza della lesione.
Perciò, a differenza del danno emergente, il calcolo del lucro cessante attiene a una ricchezza non ancora inglobata nel patrimonio del danneggiato, ma che si sarebbe ragionevolmente prodotta.
Il danno da lucro cessante può derivare da:
- mancata utilizzazione del bene, cioè il danno consiste nel guadagno che il creditore avrebbe tratto nell’uso del bene, con ragionevole certezza;
- perdita o diminuzione della capacità di lavoro specifica, che si verifica a seguito di lesioni personali e si sostanzia nella perdita totale o parziale del guadagno che il danneggiato avrebbe tratto dall’esercizio della propria attività;
- perdita di prestazioni assistenziali o alimentari.
Il risarcimento del lucro cessante si ottiene se viene riconosciuta la probabilità o la certezza della sua concreta esistenza, che sarà stata verificata grazie a una prova “rigorosa”.
“Occorre che dagli atti risultino elementi oggettivi di carattere lesivo, la cui proiezione futura nella sfera patrimoniale del soggetto sia certa, e che si traducano, in termini di lucro cessante o in perdita di chance, in un pregiudizio economicamente valutabile ed apprezzabile, che non sia meramente potenziale o possibile, ma che appaia invece – anche semplicemente in considerazione dell’id quod plerumque accidit connesso all’illecito in termini di certezza o, almeno, con un grado di elevata probabilità” (Cassazione, sentenza 23304/2007).
Perdita di chance e lucro cessante: differenze
Il danno da lucro cessante non comprende pregiudizi meramente ipotetici, ma occorre dimostrare l’utilità persa. Per questo si distingue dal danno da perdita di chance.
“Un danno da perdita di chance è ovviamente alternativo rispetto al danno da lucro cessante futuro da perdita del reddito. Se c’è l’uno non può esserci l’altro, e viceversa” (Cassazione, sentenza 20630/2016).
Infatti, come chiarisce la Corte di Cassazione, la vittima può dimostrare di avere perduto un reddito che verosimilmente avrebbe realizzato. In questo caso le spetterà il risarcimento mancato guadagno.
Al contrario, se la vittima non dà quella prova, allora le può spettare il risarcimento del danno da perdita di chance.
Come dimostrare il lucro cessante: onere della prova
I danni patrimoniali possono derivare da un inadempimento contrattuale o da un illecito. L’onere della prova cambia a seconda della tipologia di responsabilità:
- per quella contrattuale (art. 1218 c.c.) si ha l’inversione dell’onere della prova e spetta al debitore dimostrare che l’inadempimento sia stato determinato dall’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile;
- nel caso di quella aquiliana (art. 2043 c.c.), l’onus probandi del pregiudizio subito incombe sul danneggiato.
Perciò è il danneggiato a dover dimostrare gli elementi costitutivi del danno e la sua diretta consequenzialità rispetto all’inadempimento e all’illecito (nesso causale). In altre parole deve:
- provare il danno subito, anche tramite presunzioni semplici, da cui si evinca la riduzione della capacità lavorativa specifica (an debeatur);
- dimostrare l’effettiva diminuzione dei guadagni in seguito al sinistro (quantum debeatur).
Come si calcola il danno patrimoniale?
Ottenuto il riconoscimento del nesso causale, il danno emergente e lucro cessante potranno contribuire alla quantificazione danno patrimoniale subito dalla vittima come componenti del danno patrimoniale.
Quando non è possibile provare il danno nel suo preciso ammontare, come accade per il lucro cessante, il giudice lo liquiderà in via equitativa, con ragionevole e fondata attendibilità.
Infine, se il soggetto leso non è nelle condizioni di provare il reddito o di produrlo a causa dell’età, della disoccupazione, della cassa integrazione o di studio, la Corte di Cassazione, Sez. III Civile, con la sentenza 14278/2011, ha stabilito che è adottabile il parametro equitativo del triplo della pensione sociale.
Per evitare la prescrizione, la vittima può fare domanda di risarcimento del danno patrimoniale entro:
- 10 anni dall’accaduto, se il danno è causato dalla cattiva o mancata esecuzione di un contratto;
- 2 anni, in caso di danni che derivano da un sinistro stradale (se ci sono lesioni personali il termine è uguale a quello di prescrizione del reato);
- 5 anni negli altri casi.
Diritto del danno patrimoniale ai superstiti
In caso di decesso della vittima, i suoi familiari hanno diritto al risarcimento danni patrimoniali subiti. Infatti, per esempio, un danno patrimoniale da lucro cessante può consistere nella perdita dei benefici economici che la vittima destinava loro per legge (alimenti oppure mantenimento dei figli) o per costume sociale.
Secondo la Cassazione, nell’ordinanza 6619/2018, la liquidazione del danno patrimoniale da lucro cessante, patito dalla moglie e dal figlio di una persona deceduta per colpa altrui, consiste nella perdita delle elargizioni erogate loro dal defunto.
Se questa avviene in forma di capitale e non di rendita, va compiuta per la moglie moltiplicando il reddito perduto dalla vittima per un coefficiente di capitalizzazione delle rendite vitalizie corrispondente all’età del più giovane tra i due. Invece, per il figlio, avviene in base a un coefficiente di capitalizzazione di una rendita temporanea corrispondente al numero presumibile di anni per i quali si sarebbe protratto il sussidio paterno.
In entrambi i casi di liquidazione danno patrimoniale, il reddito da porre a base del calcolo deve comunque essere equitativamente aumentato per tenere conto dei presumibili incrementi reddituali che il lavoratore avrebbe ottenuto se fosse rimasto in vita. Inoltre va contemporaneamente ridotto dell’importo pari alla quota di reddito che la vittima avrebbe presumibilmente destinato a sé, al carico fiscale e alle spese per la produzione del reddito.
Assistenza legale e medica per le vittime
L’ONA e l’Avvocato Bonanni assistono tutte le vittime. Sono in prima linea nella difesa dei diritti dei lavoratori.
Lo studio legale dell’Avv. Bonanni fornisce una consulenza legale al fine di ottenere il riconoscimento di tutti i diritti. In particolare si preoccupano che le vittime ricevano le prestazioni assistenziali e previdenziali spettanti per la legge.
In più è possibile ottenere l’integrale ristoro di tutti i danni. La materia risarcitoria è alquanto complessa. Per questo motivo l’Avvocato Bonanni ha chiarito gli aspetti più importanti nel suo libro “Il danno da amianto-Profili risarcitori e tutela medico-legale“.
Inoltre si offre alle vittime un servizio di consulenza medica gratuita, grazie a medici volontari coordinati dal Dott. Cianciosi.