Confrontando il dna di due specie di meduse simili, dei ricercatori spagnoli hanno trovato i geni che rendono “immortali” le Turritopsis dohrnii
Meduse Turritopsis dohrnii, e il segreto dell’immortalità
Le meduse appartengono a un gruppo chiamato Cnidaria, che comprende anche anemoni marini e coralli.
Il ciclo di vita della maggior parte delle specie di meduse è simile. Hanno uova e sperma e dalla fecondazione nascono delle larve. Queste minuscole creature a forma di sigaro, girano a spirale attraverso l’acqua. Poi, si lasciano trasportare dalla corrente, fino a quando non trovano una superficie dura su cui attaccarsi.
Una volta ancorate al loro posto, le larve si trasformano in un polipo che germoglia per clonazione, formando una colonia assai numerosa. Successivamente i polipi matureranno in giovani meduse.
Come tutti gli animali, le meduse sono soggette al ciclo della vita e della morte – anche se una specie riesce a quanto pare a infrangere le regole.
Parliamo dell’idrozoo Turritopsis dohrnii. Soprannominata “la medusa immortale”, questa creatura traslucida più piccola dell’unghia di un mignolo, riesce effettivamente a invertire il suo ciclo vitale.
Patto con il diavolo? No! Solo transdifferenziazione
Spieghiamo il mistero.
Quando la medusa di questa specie è fisicamente danneggiata o subisce stress come la fame, invece di morire si restringe su se stessa, riassorbendo i suoi tentacoli. Poi si deposita sul fondo del mare.
Sorprendentemente, nell’arco di 24-36 ore, le sue cellule si riaggregano, trasformandosi in polipi, da cui nascono nuove meduse geneticamente identiche.
Questo rarissimo processo, noto come transdifferenziazione, fa sì che il ciclo vitale della medusa si ripeta all’infinito.
A cagionare la sua morte sono soltanto altri animali: pesci e tartarughe, lumache marine e crostacei ne vanno letteralmente matti.
Entriamo nel dettaglio per scoprire il mistero
Maria Pascual-Torner dell’Università di Oviedo in Spagna e i suoi colleghi, hanno sequenziato il genoma della fantastica creatura – la sua serie completa di istruzioni genetiche – e lo hanno paragonato a quello della parente stretta (ma mortale) medusa cremisi (Turritopsis rubra).
Hanno scoperto che le meduse immortali avevano il doppio delle copie dei geni associati alla riparazione e alla protezione del DNA. Stando ai risultati dello studio, questi duplicati sarebbero in grado produrre maggiori quantità di proteine protettive e restaurative. Gli studiosi hanno scoperto altresì che meduse avevano anche mutazioni uniche che raddoppiavano la divisione cellulare e impedivano ai telomeri – elementi genetici essenziali per la corretta struttura e funzione dei cromosomi lineari- di deteriorarsi.
Lo studio è stato pubblicato negli Atti dell’Accademia Nazionale delle Scienze.
Da dove vengono e dove vivono le meduse immortali?
Si pensa che le meduse immortali siano originarie del Mar Mediterraneo. Attualmente però si trovano negli oceani di tutto il mondo e hanno caratteristiche diverse a seconda di dove vivono.
Quelle che popolano le regioni tropicali come Panama hanno ad esempio solo otto tentacoli, mentre quelle che si sono stanziate in acque più temperate, come nel Mediterraneo e in Giappone, possono averne 24 o più.
Probabilmente la loro diffusione si deve al fatto che sono delle abili “autostoppiste” e si lasciano trasportare dalle correnti e dalle scie delle navi.
Chi ha scoperto le meduse immortali?
La specie T. dohrnii fu descritta per la prima volta nel 1883. Esattamente un secolo dopo, due giovani ricercatori, Christian Sommer e Giorgio Bavestrello, scoprirono causalmente la loro immortalità.
Gli studenti avevano raccolto i polipi di Turritopsis, in attesa che generassero delle meduse.
Essi credevano che queste meduse avrebbero dovuto maturare prima di deporre le uova e produrre larve, ma quando aprirono il barattolo, trovarono molti polipi.
Continuando a osservare le meduse, si resero conto che, quando erano stressate, cadevano sul fondo del barattolo e si trasformavano in polipi. Tutto ciò, in assenza di fecondazione o del tipico stadio larvale.
Una scoperta che potrebbe aiutare l’uomo a non invecchiare?
Ovviamente, tutti si chiedono se la scoperta possa fornire indizi sull’invecchiamento umano e sulle condizioni legate all’età.
La ricercatrice Lisa-ann Gershwin, direttrice del Marine Stinger Advisory Service in Tasmania, ritiene che attualmente ciò non sia possibile.
Questo non significa che non si riuscirà a riprodurre il medesimo fenomeno genetico negli umani in futuro.
Se l’impresa dovesse dare esiti positivi, la scoperta potrebbe essere rilevante per contrastare l’invecchiamento umano. Potrebbe ispirare la medicina rigenerativa o fornire informazioni sulle malattie legate all’età, come il cancro e la neurodegenerazione.
Meduse immortali studiate in cattività
Piccola curiosità. Lo scienziato giapponese Shin Kubota, della Kyoto University di Kyodai, (Department of Biological Science), sta portando avanti il ciclo vitale delle meduse immortali a partire dagli anni ‘90. Per farlo, si prende cura delle colonie ogni giorno e somministra loro pasti a base di uova di gamberetti sminuzzate, in salamoia.
Nell’arco di due anni, le meduse in cattività si sono naturalmente ringiovanite fino a 10 volte, a intervalli di un solo mese.
Fonte: Atti dell’Accademia Nazionale delle Scienze, DOI: 10.1073/pnas.2118763119