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sabato, Maggio 17, 2025

Amianto, operaio esposto ottiene giustizia, ma muore prima della sentenza

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Aveva lottato a lungo in tribunale per vedersi riconosciuti i diritti previdenziali a causa delle malattie causate dall’amianto. Solo di recente aveva ottenuto una storica sentenza favorevole, ma non ha fatto in tempo a goderne: è scomparso pochi giorni fa, a 64 anni. A dare notizia della tragedia è l’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA). L’Avv. Ezio Bonanni che definisce il caso come un esempio drammatico di “giustizia postuma: troppo tempo perso in processi”.

Una lunga esposizione all’amianto e una causa vinta troppo tardi

L’uomo, originario di Nettuno, aveva lavorato per decenni in uno stabilimento industriale di Anzio, ricoprendo ruoli operativi come carrellista e, negli ultimi anni, manutentore in vari reparti. La sua esposizione alla fibra killer è durata dal 1988 al 2002, durante la quale è entrato costantemente in contatto con materiali contenenti amianto, come guarnizioni, tubazioni, presse e rivestimenti isolanti. La sentenza ha evidenziao che il lavoratore era coinvolto direttamente nella manipolazione di questi materiali, venendo a contatto con l’asbesto in maniera costante. Nel 2019, l’uomo ha iniziato ad accusare pesanti problemi respiratori.

Un quadro di malattie asbesto correlate

Gli accertamenti clinici successivi hanno confermato una situazione grave: fibrosi polmonare, micro-noduli, torace contratto, tosse secca, enfisema e broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Nonostante tutto ciò, sia Inail che Inps avevano inizialmente negato il riconoscimento della malattia professionale e della rivalutazione dei contributi pensionistici.

La svolta in appello: Inps condannata

In primo grado, il tribunale di Velletri aveva rigettato la richiesta del lavoratore, nonostante una consulenza tecnica che confermava il nesso causale tra la patologia e il lavoro. Solo in secondo grado, presso la Corte d’Appello di Roma, è arrivato il verdetto favorevole, purtroppo postumo. Il giudice ha stabilito che l’Inps è tenuta a rimborsare le spese processuali, pari a 5.000 euro più accessori per il primo grado e 3.500 euro per il secondo. Inoltre, viene riconosciuta la rivalutazione contributiva per tutto il periodo compreso tra febbraio 1988 e dicembre 2002.

Secondo l’ONA, “Ora, con questa nuova pronuncia, l’Inps è stata condannata a riconoscere i 14 anni di esposizione certificata con il conseguente accredito delle maggiorazioni contributive. Una decisione che avrebbe consentito finalmente al lavoratore di accedere al pensionamento anticipato, con rivalutazione economica della prestazione”.

La vedova prosegue la battaglia legale

A seguire tutto l’iter giudiziario è stato l’Avvocato Ezio Bonanni, che ha espresso il proprio rammarico per la tragica conclusione: “Una sentenza di grande rilievo giuridico, purtroppo offuscata dalla scomparsa del lavoratore che ne avrebbe dovuto beneficiare. Il lungo iter processuale e la resistenza di Inps e Inail hanno ritardato un riconoscimento che arriva solo dopo la sua morte”. Secondo l’ONA, la morte dell’operaio sarebbe “con ogni probabilità, a causa delle gravi conseguenze dell’esposizione all’amianto”. Ora l’azione giudiziaria continuerà in nome della vedova, che potrebbe ottenere un aumento della pensione da 500 a 800 euro al mese, una rendita di reversibilità INAIL, oltre a un risarcimento economico per i danni subiti.

Un appello alle istituzioni

Bonanni ha rilanciato un grido d’allarme: “Chiediamo, ancora una volta, la bonifica completa dei siti contaminati. Non possiamo più tollerare che si continui a morire o ad ammalarsi per colpa dell’inerzia. Ogni fibra inalata è un rischio per la vita”.

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