di Nicoletta Pisanu, giornalista professionista – Muri di cemento e scheletri di ferro che si ergono nel cuore di Broni, in provincia di Pavia, sono quello che resta dei capannoni della ex fabbrica di prodotti in amianto Fibronit, dichiarata fallita e bonificata. Tubi e coperture in asbesto sono spariti, ma la loro sgradita eredità è ben viva tra i bronesi. A pochi passi dallo stabilimento c’è una schiera di abitazioni, le finestre e i balconi rivolti verso la carcassa industriale: “In queste case molti si sono ammalati”, racconta Silvio Mingrino, 58 anni, presidente di Avani – Associazione vittime amianto nazionale italiana. Affacciandosi si respirava inevitabilmente il cancerogeno asbesto.
Mingrino da ragazzo viveva a duecento metri dalla Fibronit: “Mio papà aveva iniziato a lavorare lì nel 1962, caricava i sacchi di amianto a mano. Mamma lavava i suoi vestiti e così è stata contaminata. Sono morti per il mesotelioma, lui nel 1999 e lei nel 2008”.
Il mesotelioma, tumore legato all’amianto, ha una latenza di circa 48 anni, come spiegano dall’ATS di Pavia. L’ente ritiene che in provincia di Pavia ci si debbano aspettare malati per l’asbesto della Fibronit ancora per quindici anni. Come indicato nella ricerca “La mortalità per mesotelioma maligno in provincia di Pavia 1980 – 2015” di Ennio Cadum e Paola Borrelli dell’ATS pavese, tra il 1980 e il 2015 in provincia si sono verificate 788 morti per mesotelioma “pari a 6,08 casi x 100.000 abitanti (contro una media italiana di circa 1,5 casi x 100.000)”.
Dei rischi non si parlava e non si sapeva
Ma dei rischi durante il periodo di attività della fabbrica, dal 1932 al 1994, non si parlava, non si sapeva: “A mio papà venivano regalate le lastre di amianto rotte – ricorda Mingrino -. Lui le usava per la copertura dell’orto”.

Il padre di Mingrino ha assistito anche alla cosiddetta “nevicata di amianto”, come è ricordato l’incidente del 6 marzo 1990: “Nella fabbrica si ruppe una conduttura tra due silos e l’amianto si disperse: la piazza principale di Broni, la via Emilia e la ferrovia si ricoprirono di un manto bianco. Gli operai Fibronit andarono a pulire”.
La legge 257 del 1992 vietò ogni attività legata all’utilizzo dell’amianto, dall’e- strazione alla commercializzazione. In seguito, la Fibronit è stata dichiarata fallita.
Fibronit di Broni, la vicenda giudiziaria
Per i morti e i malati d’amianto di Broni, dieci ex manager Fibronit sono stati indagati per disastro doloso, omicidio colposo e rimozione ed omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro. Il 16 aprile 2012 a Voghera si è aperta l’udienza preliminare. Le parti civili erano 307: 295 malati o parenti di deceduti, sia ex operai che abitanti di Broni, sei enti pubblici e sei associazioni. Dei dieci imputati iniziali, due scelsero il rito abbreviato e dopo la condanna a quattro anni di reclusione nel luglio 2013 sono stati assolti in Appello nel 2016, con conferma della Cassazione nel 2017.
Gli altri otto sono stati rinviati a giudizio: le posizioni di cinque di loro sono state stralciate per decesso o incapacità di attendere al processo, mentre i restanti tre hanno ottenuto il rito abbreviato condizionato a perizie tecniche dal Collegio del tribunale di Pavia, dove intanto era stato trasferito il processo per la chiusura del tribunale di Voghera dopo il decreto legislativo 155/2012 con cui si sono ridotti gli uffici giudiziari in tutta Italia.
Assolti tutti gli imputati
Nel 2017 uno di questi tre imputati è stato assolto mentre gli altri due, ex amministratore delegato ed ex direttore dello stabilimento, sono stati condannati a quattro anni il primo e a tre anni e quattro mesi di reclusione il secondo, pene ridotte in Appello a tre anni e otto mesi per il primo e tre anni per l’altro. La Cassazione nel 2020 ha annullato con rinvio la sentenza, per approfondire il legame tra l’insorgenza delle patologie e il periodo in cui i due ricoprivano posizioni di garanzia cioè tra il 1981 e il 1985. L’Appello bis si è concluso a luglio 2022 con la loro assoluzione.

L’avvocato Paolo Zambianchi, difensore dell’ex direttore di stabilimento, spiega: “Allo stato delle conoscenze scientifiche, come indicato nelle perizie e nelle motivazioni della Corte d’Appello di Milano, non si può stabilire se nel periodo in cui i due imputati ricoprivano posizioni di garanzia si sia verificato il cosiddetto failure time”, cioè il passaggio dalla fase in cui l’esposizione all’amianto è rilevante per l’insorgenza del tumore a quella in cui la trasformazione maligna delle cellule è irreversibile.
La bonifica e la nuova inchiesta
Ora l’area della ex Fibronit, 140mila metri quadrati, dichiarata SIN – Sito di interesse na- zionale dal Ministero dell’Ambiente, è bonificata. I lavori sono partiti nel 2007 e si sono conclusi nel 2021, con fondi per 32 milioni di euro dallo Stato e dalla Regione Lombardia.
Il sito è stato dichiarato sicuro, ma non si possono concludere gli ultimi lavori perché da maggio 2022 è sotto sequestro. La Procura sta indagando sulla società incaricata della bonifica per presunta frode: “L’eventuale conferma delle accuse sarebbe un’offesa gravissima per Broni – racconta il sindaco di Broni Antonio Riviezzi -. I bronesi non meritano ritardi e speculazioni dopo quello che hanno passato”. E che ancora continuano a passare.

(Tesina presentata alla 136a sessione dell’esame di idoneità professionale dell’Ordine dei giornalisti di gennaio 2023. Foto Pisanu)