Sono 600 i morti imbarcati: spaccavamo i tubi di asbesto

Come raccontano nel libro “Navi di amianto” Lino Lava e Giuseppe Pietrobelli, secondo l’ultimo report del Registro Nazionale dei Mesoteliomi «L’Italia è attualmente uno dei Paesi al mondo maggiormente colpiti dall’epidemia di malattie amianto correlate. Tale condizione è la conseguenza di utilizzi che sono quantificabili a partire dal dato di 3.748.550 tonnellate di amianto grezzo prodotto nazionalmente nel periodo dal 1945 al 1992 e 1.900.885 tonnellate di amianto grezzo importato nella stessa finestra temporale». Totale: oltre cinque milioni e mezzo di tonnellate prodotte, importate e piazzate anche sulle navi militari.
La battaglia persa della Marina Militare Italiana non si è combattuta in mare. Protagonisti sono stati le sale macchine, i dormitori e le sale mensa delle navi, i sommergibili, gli Arsenali di La Spezia, Taranto e Augusta. La battaglia persa, che dura da decenni, non è ancora conclusa. Non ha avuto come avversaria una flotta pronta a invadere le nostre coste, ma un nemico invisibile, l’amianto, che ha causato centinaia di morti.
La presenza di amianto nelle navi militari
È dal 1992 che il minerale è stato messo al bando da una legge dello Stato. Eppure le navi hanno continuato a restare in servizio, a navigare con i loro equipaggi e con il loro carico letale. E ancora oggi, un quarto di secolo dopo, i marinai e gli ufficiali continuano ad ammalarsi. Sono vittime del mesotelioma o di altre forme di tumore causate dall’inalazione delle terribili fibre che possono restare latenti anche per decenni. E le bonifiche a bordo si pianificarono solo dal 2008. Per questo non si sono ancora concluse, nonostante il Ministero della Difesa assicuri che non c’è pericolo. L’amianto è tutto rimosso o è stato messo in sicurezza dalla metà degli anni Novanta.
“Mai saputo niente?” “Mai”, è stata la risposta corale delle massime autorità in divisa. «Sono certo di non avere mai ricevuto alcuna direttiva in merito ai pericoli relativi alla presenza dell’amianto», mette a verbale in Procura a Padova l’ammiraglio Mario Host.
Amianto navi: un libro rivela l’accaduto
Lino Lava e Giuseppe Pietrobelli sono da una vita giornalisti a “Il Gazzettino”: il primo cronista giudiziario di lungo corso, il secondo inviato speciale. Il loro libro non è solo la ricostruzione di un’istruttoria che ha messo sotto accusa i vertici della Marina Militare. È anche un viaggio nel ventre delle navi con l’amianto. Ed è il racconto di tante storie di bravi ragazzi che hanno dato i loro anni migliori e la loro vita professionale alla Marina.
Sono stati colpiti da un male che non perdona. Ma non riescono a ottenere giustizia perché gli ammiragli sono finora usciti indenni dalle aule giudiziarie. Inoltre lo Stato non riconosce risarcimenti e pensioni privilegiate.
Amianto navi Marina Militare: ultimi aggiornamenti
Recentemente, grazie all’impegno dell’ONA e del suo presidente, l’Avvocato Bonanni, molte sono state le condanne per aver messo a rischio la salute degli appartenenti alla Marina Militare.
Per esempio il Tribunale di Grosseto ha condannato i ministeri della Difesa e dell’Interno a risarcire la vedova del nocchiere Antonio Ballini. È deceduto per mesotelioma per l’esposizione alla fibra killer nelle unità navali della Marina Militare Italiana.
Il 22 giugno, invece, è la Corte di Appello di Venezia a ribaltare la sentenza di assoluzione del Tribunale di Padova nel processo Marina bis. In questa occasione sono quattro i responsabili della Marina militare condannati per 6 marinai morti a causa dell’amianto.
Infine il Tribunale di Roma ha accolto il ricorso presentato dall’Avvocato Ezio Bonanni per gli eredi di Luciano Calaci. L’uomo, furiere e segretario della Marina tra il 1964 e il 1966, ha prestato servizio su due navi ed è stato a contatto con l’asbesto presente in ogni locale delle imbarcazioni. Nel 2015 purtroppo è morto per un mesotelioma.
Richiedi la consulenza gratuita dell’ONA
Per ulteriori informazioni ci si può rivolgere all’Osservatorio Nazionale Amianto e richiedere l’assistenza gratuita. Si può chiamare il numero verde 800 034 294 o compilare il form.