Lunga requisitoria della Procura generale al processo di Appello “Marina bis” in corso a Venezia. Al termine della discussione, arrivata solo nel tardo pomeriggio, il pubblico ministero ha chiesto la condanna per i 6 imputati. La pena di giustizia, per la precisione, che sarà la Corte di Appello a quantificare.
Sul banco degli imputati siedono ex vertici della Marina Militare: Guido Venturoni, Agostino Di Donna, Angelo Mariani, Sergio Natalicchio, Mario Di Martino e Umberto Guarnieri.
Tutti sono accusati di omicidio colposo per la morte di 11 militari della Marina che, durante il servizio, hanno respirato amianto nelle navi dell’Arma. I loro familiari si sono costituiti parte civile e sono assistiti, tra gli altri, dall’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, coadiuvato dall’avvocato Maria Luisa Grecco.
Bonanni: “Morte di 982 militari solo punta iceberg”
“Ci aspettiamo una sentenza coraggiosa – ha detto l’avvocato Bonanni – che sia da monito per chiunque voglia mettere davanti alla salute dei lavoratori, compresi i militari, già esposti a molti pericoli, condotte che violano l’obbligo di tutela della salute, che vale per tutti, compresi i servitori dello Stato. La morte di 982 militari per mesotelioma, è solo la punta dell’iceberg rispetto ad una epidemia che è tutt’ora in corso, perché le bonifiche sono state tardive e incomplete. In questo momento, in cui ci sono venti di guerra, il ruolo delle Forze Armate è sempre più importante, e quindi dobbiamo salvaguardare i nostri uomini e donne, in divisa, da questi rischi del tutto inutili e inaccettabili”.
“Come Ona – ha aggiunto poi intervistato dal Tg3 Veneto dopo aver discusso come avvocato di parte civile – insistiamo per avere dignità e giustizia per le vittime. L’elemento fondamentale è che l’amianto era presente nelle navi e nelle basi a terra. Per questo fin dal 2010 le vittime sono state riconosciute come vittime del dovere“.
All’inizio del processo gli imputati erano 9, ora sono rimasti in 6, perché 3 sono deceduti: Guido Cucciniello, Luciano Monego e Francesco Chianura. Per loro il reato è estinto per morte del reo. In primo grado la sentenza era stata di assoluzione. Ora gli imputati attendono la sentenza di Appello che potrebbe arrivare prima dell’estate.
Il 27 aprile, infatti, è fissata la prossima udienza, durante la quale discuteranno gli avvocati della difesa e probabilmente i giudici disporranno un nuovo rinvio per repliche e sentenza.
Il nesso causale tra l’amianto e la malattia
Durante il dibattimento sono stati sentiti i consulenti del Tribunale, i periti Bruno Murer e Dario Consonni, che hanno ribadito la sussistenza di un rapporto causale tra l’esposizione patita da ogni singolo lavoratore e la relativa malattia. La sussistenza del nesso causale è stata valutata sulla base di tutta la documentazione disponibile, sia di natura sanitaria, sia relativa alle occasioni di esposizione ad amianto.
Lo stesso ministero della Difesa ha già riconosciuto il nesso causale in particolari condizioni ambientali ed operative e la patologia (in molti casi mesotelioma), che ha portato i militari al decesso, ammettendo, quindi, che tra gli anni ’60 e gli anni ’90 fosse presente amianto. Nesso causale riconosciuto da tempo anche dall’INAIL che ha equiparato questi militari morti a causa dell’amianto a vittime del dovere.
Il perito: I militari della Marina respiravano amianto
Importante ai fini del processo anche la perizia dell’ing. Laureni che ha ricostruito la situazione di esposizione all’amianto sulle navi militari dell’epoca, facendo una stima della presenza dell’asbesto che i militari respiravano ogni giorno.
Questo senza essere dotati di dispositivi di protezione, nonostante sia emerso in dibattimento che una mascherina costava all’epoca mille lire. Le mascherine “anche semplicissime – ha spiegato in aula il consulente Angelini – avrebbero diminuito l’inalazione di fibre di amianto”.
Militari della Marina senza dispositivi di protezione
I periti hanno effettuato, poi, un confronto con i Corpi di altri Stati che, negli stessi anni, già conoscevano la nocività dell’amianto. Alcuni avevano già iniziato ad utilizzare materiali alternativi che pure erano in commercio e distribuivano ai loro militari adeguati dispositivi di protezione. È agli atti, infine, la Circolare del Ministero della Sanità che, con un primo documento ufficiale, denunciò la lesività della fibra killer. Invece, dai dati emersi, sembra che la Marina Militare abbia continuato ad utilizzarlo e non abbia informato dei rischi gli appartenenti al Corpo fino al 1992, anno della messa al bando con la Legge 257.
L’assistenza alle vittime del dovere dell’Ona
L’Ona, attraverso il suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, è al fianco delle vittime dell’amianto e delle vittime del dovere, con un’assistenza legale gratuita. L’associazione si documenta e ha realizzato negli anni studi e pubblicazioni sul fenomeno che in Italia è purtroppo ancora attuale. Tra gli ultimi è possibile leggere “Il libro bianco delle morti da amianto in Italia – ed. 2022” che spiega come ai decessi per mesotelioma vanno aggiunti tutti quelli causati dalle patologie asbesto correlate.
L’associazione ha anche creato una App per le segnalazioni e per contribuire alla mappatura dei siti contaminati. Per richiedere una consulenza gratuita i cittadini possono utilizzare lo sportello on-line o il numero verde 800 034 294.