IL 16 NOVEMBRE 2024, NEL SALONE DEGLI SPECCHI DEL PALAZZO DI CITTÀ A TARANTO, SI È TENUTO IL CONVEGNO “AMIANTO, TARANTO PRIGIONIERA – ANALISI, SOLUZIONI SOCIALI E GIURIDICHE”, ORGANIZZATO DALL’OSSERVATORIO NAZIONALE AMIANTO (ONA) E MODERATO DALLA GIORNALISTA MEDIASET VALENTINA RENZOPAOLI. L’AVVOCATO EZIO BONANNI, PRESIDENTE DELL’ONA, CHE HA DELINEATO LA GRAVE SITUAZIONE SANITARIA E AMBIENTALE DELLA CITTÀ
Taranto e l’emergenza amianto
Taranto si trova al centro di una crisi che coinvolge ambiente, salute e lavoro. Il recente convegno intitolato “Amianto, Taranto prigioniera – analisi, soluzioni sociali e giuridiche”, ha reso evidenti le dimensioni drammatiche di questa emergenza. L’evento, organizzato dall’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA) e moderato dalla giornalista Mediaset Valentina Renzopaoli, ha visto la partecipazione di esperti e autorità locali, con interventi di spessore come quello dell’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’ONA.
«Taranto è l’epicentro ormai da decenni di una drammatica crisi sociale, sanitaria ed occupazionale, alimentata dal ricatto del falso dilemma morire di fame o morire di lavoro», ha spiegato Bonanni. «Si è preferito mantenere operativo un sito altamente dannoso per la salute umana, anche per i cittadini, piuttosto che tutelare la salute, in un contesto ulteriormente fragile per l’utilizzo di amianto e altri cancerogeni nell’organizzazione dell’Arsenale della Marina Militare e delle unità navali. Le conseguenze della lesione della salute e della pubblica incolumità, sono certificate dalla imponente epidemia di malattie asbesto correlate tra i dipendenti civili e militari del Ministero della Difesa stanziati nella città (oltreché imbarcati sulle unità navali)».
I saluti istituzionali e l’introduzione ai lavori
I lavori si sono aperti con i saluti del presidente del Consiglio Comunale, Luigi Abbate, che ha sottolineato l’importanza di un’azione concertata per affrontare una questione tanto complessa quanto urgente. «Il futuro di Taranto dipende dalla capacità di superare questo drammatico passato e di garantire alla comunità una città libera da inquinamento e malattia». Successivamente, l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’ONA, ha preso la parola per analizzare in dettaglio la situazione sanitaria e sociale della città.
Il dramma di Taranto: tra lavoro e malattia
Nel suo intervento, Bonanni ha descritto Taranto come una città «prigioniera di un ricatto sociale», dove si è imposto il falso dilemma tra “morire di fame o morire di lavoro”. Ha proseguito evidenziando che «si è preferito mantenere operativo un sito altamente dannoso per la salute umana, anche per i cittadini, piuttosto che tutelare la salute, in un contesto ulteriormente fragile per l’utilizzo di amianto e altri cancerogeni nell’organizzazione dell’Arsenale della Marina Militare e delle unità navali».
Il presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto ha inoltre sottolineato che «le conseguenze della lesione della salute e della pubblica incolumità sono certificate dalla imponente epidemia di malattie asbesto correlate tra i dipendenti civili e militari del Ministero della Difesa stanziati nella città, oltreché imbarcati sulle unità navali». Ma esaminiamo i dati.
I dati dell’ONA: uno scenario desolante
Durante il convegno sono stati presentati i dati aggiornati sull’impatto sanitario dell’esposizione all’asbesto a Taranto e in Puglia. Secondo le rilevazioni del Registro Nazionale dei Mesoteliomi (ReNaM), nel 2018 si contavano 1.302 casi di mesotelioma in tutta la regione. Tuttavia, le rilevazioni dell’ONA hanno registrato, negli anni successivi, circa quattrocento nuovi casi, portando il totale a 1.700.
Ezio Bonanni ha dichiarato che «questo dato è allarmante perché i cluster sono circoscritti al foggiano in modo limitato, alla città di Bari per la presenza della Fibronit, e a Taranto, che è il vero e proprio epicentro di un’emergenza sanitaria e sociale, anche per tutte le altre patologie asbesto correlate e per altre neoplasie dovute ad altri cancerogeni».
Bonanni ha stimato che «il dato epidemiologico corrisponde a circa 3.400 casi di cancro del polmone asbesto correlato, con un indice di mortalità entro i cinque anni rispettivamente del 93% per il mesotelioma e dell’88% per il cancro del polmone. Pertanto, tenendo conto delle altre patologie asbesto correlate, si superano i circa 6.500 decessi in tutta la Puglia nel periodo dal 1993 ad oggi». Questi numeri drammatici interessano in particolare i quartieri Tamburi, Paolo VI e Città Vecchia-Borgo, dove «il 68% dei casi è diagnosticato in individui di sesso maschile e il restante 32% in quelli di sesso femminile», spesso contaminati indirettamente.
Le conseguenze per la comunità
L’impatto sulla salute a Taranto non si limita ai dati statistici, ma si riflette nella vita quotidiana di migliaia di famiglie, che convivono con la malattia e il lutto. Il presidente ONA ha rimarcato che «le conseguenze colpiscono non solo i lavoratori direttamente esposti, ma anche la popolazione civile, evidenziando il fallimento di un intero sistema di prevenzione e tutela».
I quartieri più colpiti, come Tamburi e Paolo VI, vivono in una condizione di continua esposizione, aggravata dalla mancanza di bonifiche adeguate e di tutele sanitarie. Molte delle donne colpite dalle patologie asbesto correlate sono state contaminate indirettamente attraverso gli indumenti dei loro familiari, lavoratori negli impianti industriali.
Le proposte dell’ONA per il futuro
Bonanni ha evidenziato l’urgenza di interventi concreti per affrontare questa emergenza: «È indispensabile riconoscere i diritti di chi è stato colpito da questa tragedia e garantire un futuro alle nuove generazioni, libero dall’ombra dell’inquinamento e della malattia». Tra le proposte avanzate, è emersa la necessità di intensificare le bonifiche ambientali, garantire un monitoraggio sanitario continuo e riconoscere i diritti previdenziali per i lavoratori esposti all’amianto.
Il presidente dell’ONA ha anche ribadito l’importanza di un maggiore coinvolgimento delle istituzioni per accelerare i tempi di intervento e fornire supporto economico e sanitario alle vittime. «Il tempo delle promesse è finito. Taranto ha bisogno di interventi concreti, di giustizia e di un impegno collettivo per spezzare le catene che la tengono prigioniera», ha concluso.
Un problema esteso al Mezzogiorno
L’emergenza di Taranto non è isolata, ma si inserisce in un quadro più ampio che coinvolge tutto il Mezzogiorno. La presenza della Fibronit a Bari e le miniere del Sulcis in Sardegna testimoniano quanto il problema dell’amianto sia diffuso e sottovalutato. Tuttavia, Taranto rappresenta il caso più emblematico per la gravità dell’impatto sanitario e sociale.
Taranto come simbolo di riscatto
Taranto incarna le contraddizioni di un modello di sviluppo che ha privilegiato il profitto a scapito della salute pubblica e dell’ambiente. Ma può anche diventare un simbolo di rinascita, grazie alla crescente consapevolezza della sua comunità e all’impegno collettivo di istituzioni, associazioni e cittadini.
Il convegno ha rappresentato un momento importante per riflettere sul passato e guardare al futuro con speranza e determinazione. Solo attraverso interventi concreti e un impegno condiviso sarà possibile restituire dignità a una città che merita di essere ricordata non solo per le sue ferite, ma anche per la sua capacità di risorgere.