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sabato, Giugno 14, 2025

Militare di Trieste ucciso dall’amianto: risarcimento di 600.000 euro

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Il Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli Venezia Giulia ha emesso una sentenza storica. Risarcimento di 600 mila euro per i familiari di un maresciallo luogotenente triestino della Marina Militare, deceduto a soli 63 anni a causa di un mesotelioma pleurico, tumore maligno direttamente collegato alla prolungata esposizione all’amianto durante il servizio.

L’amianto e una diagnosi fatale

L’uomo, residente a Trieste, ma nato a Taranto, aveva dedicato 36 anni della sua vita alla Marina, tra basi a terra e navi della vecchia generazione, in un periodo che va dal 1966 al 2004. La diagnosi fatale arrivò nel 2008, cinque anni dopo il congedo. Nel 2013, fu riconosciuta la causa di servizio e attribuito alla vittima lo status di “vittima del dovere”, con i relativi benefici previdenziali per la moglie rimasta sola. Tuttavia, la famiglia ha deciso di proseguire il percorso giudiziario, ottenendo infine dal TAR il riconoscimento della responsabilità del Ministero. E quindi il risarcimento “iure hereditario”, ossia ereditato dagli aventi diritto.

L’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, ha condotto la battaglia legale, da oltre 30 anni impegnato per la giustizia ambientale e sanitaria in Italia.

Un dramma personale e sociale

Oltre al profilo giuridico, questo caso ha un forte valore antropologico e sociologico, poiché mette in luce il rapporto tra individuo, istituzioni e cultura del lavoro in contesti militari e industrial.

L’idea che servire lo Stato potesse comportare rischi letali rappresenta una frattura profonda nel patto sociale. Il lavoratore, alcuni militari, sono stati per decenni esposti a sostanze tossiche senza consapevolezza né strumenti di difesa, spesso in nome di un dovere percepito come inviolabile.

Un’ingiustizia spesso consapevole ma sistemica, invisibile e persistente, che ha segnato intere generazioni di lavoratori.

La responsabilità delle proprie azioni

Questo tipo di sentenze non è solo una vittoria giuridica per le famiglie, ma rappresenta un momento di riflessione collettiva, un appello alla responsabilità storica e alla necessità di riconoscere il danno come fatto culturale, prima ancora che legale.

Bonanni non lavora solo nelle aulee dei tribunali, ma ricostruisce una verità pubblica che sia monito per il futuro. La figura del militare contaminato dall’amianto diventa un simbolo del sacrificio silenzioso, non celebrato, spesso ignorato. Si evidenzia l’urgenza di rivedere i modelli di gestione del rischio lavorativo, la comunicazione istituzionale, e soprattutto la centralità del corpo umano come limite e misura dell’organizzazione sociale. Questa sentenza, quindi, è molto più di un risarcimento. E’ un atto di giustizia storica che impone al nostro tempo una domanda fondamentale. Quale valore diamo alla vita umana?

Questa sentenza, pur importante, rappresenta un importante tassello in un mosaico complesso. L’Osservatorio Nazionale Amianto continuerà a vigilare, supportare le vittime e promuovere una cultura della prevenzione e della giustizia sociale. Perché ogni vita salvata o risarcita è una pagina di verità restituita.

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