Uno studente della facoltà di Giurisprudenza dell’Università Aldo Moro di Bari si interroga sulla gestio del colosso ex Ilva. Vi invitiamo a leggere l’articolo di Francesco Fumarola su uno dei nodi più complessi del rapporto tra industria, ambiente e società in Italia.
“L’acciaio si produce a Taranto da settant’anni. L’attività produttiva inquina dallo stesso tempo.” E’ così che Fumarola apre il suo testo.
Considerazioni che sono la fotografia di una città che ha pagato un conto salatissimo fatto di tumori e polveri sottili. E dove gli operai sono intrappolati tra il diritto al salario e quello alla salute.
La fabbrica Ex Ilva che plasma le sue comunità
In un passaggio Fumarola dichiara: “Non è possibile prevedere gli sviluppi di una vicenda che, in modo evidente, sembra essere soltanto destinata a constatare le sofferenze di lavoratori e cittadini.” E non possiamo fare a meno di pensare che a parlare è un ragazzo che sta costruendo il proprio futuro, che descrive “un quadro confusionale” che non è solo normativo.
Nel testo segnala gli incidenti che continuano in acciaieria descrivendoli come “deterrente per qualsiasi investitore e drammatica testimonianza della mancanza di sicurezza”.
Del resto la fabbrica plasma i corpi, le geografie e la storia. Nel caso dell’ex Ilva gli abitanti di Taranto sembrano richiamare quella che lo scrittore e antropologo Vito Teti definisce “restanza”: ossia rimanere in un luogo insano, perché partire significherebbe perdere anche l’identità.
L’assurdo paradosso
“Sembra assurdo continuare ad autorizzare operazioni che comportano una perdurante emissione di sostanze nocive ovvero un’offesa ai beni costituzionalmente tutelati. Ed è proprio su queste valutazioni che deve essere attuato il prossimo accordo con i nuovi investitori: un accordo che possa assicurare una garanzia occupazionale, all’esito di un – veramente utile – procedimento di decarbonizzazione e ambientalizzazione che, ivi sì, consoliderebbe le fondamentali tutele costituzionali del lavoro sicuro e scevro da malattie professionali, ma soprattutto restituirebbe la salubrità della città ad una popolazione che ha osservato soltanto da terzo spettatore le dinamiche esclusivamente economiche che hanno veicolato le scelte gestionali.” afferma Fumarola in un prezioso passaggio chiave.
Per districarsi dalla fabbrica inquinante come unica possibilità di reddito diviene quindi quanto mai urgente per i futuri investitori dell’ex Ilva valutare diverse strategie, come la diversificazione della produzione oppure la concentrazione su prodotti con maggiore valore aggiunto. Valutare prospettive “green” assumerebbe i connotati di una rivoluzione sulle macerie dell’industria tradizionalmente intesa.
Il diritto al lavoro non è lo stesso per tutti?
Fumarola afferma che “la violazione del principio d’uguaglianza è in netto contrasto con il comune vivere costituzionale che dovrebbe essere garantito ad ogni cittadino.” (…) “E questo non è solo riconosciuto dalla Costituzione della nostra Repubblica, ma, abbastanza recentemente, precettato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la quale ha riconosciuto alla tutela del vivere in un ambiente sano l’identità di diritto umano”.
Al seguente link l’ articolo di Francesco Fumarola