IL TAR DEL LAZIO HA CONDANNATO IL MINISTERO DELLA DIFESA A RISARCIRE CON 320MILA EURO LA FAMIGLIA DEL CAPITANO DI VASCELLO FRANCESCO PAOLO SORGENTE, MORTO PER UN MESOTELIOMA PLEURICO CAUSATO DALL’ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO DURANTE IL SUO SERVIZIO NELLA MARINA MILITARE. LA FAMIGLIA, RAPPRESENTATA DALL’AVVOCATO EZIO BONANNI, PRESIDENTE ONA, HA DIMOSTRATO CHE LA MALATTIA ERA LEGATA ALLA MANCATA PROTEZIONE CONTRO LE SOSTANZE CANCEROGENE
La storia del Capitano Sorgente: una vita al servizio della Marina Militare
Francesco Paolo Sorgente, originario di Vasto (Chieti), ha consacrato una parte significativa della sua esistenza alla Marina Militare Italiana, distinguendosi come Capitano di Vascello del Genio Navale. La sua carriera, durata ben 34 anni, si è svolta al servizio di numerose unità navali, tra cui le navi Freccia, Saetta, Cavezzale e i sommergibili Cappellini, Toti, Morosini e Torricelli. Inoltre, ha operato presso diverse basi arsenalizie. In questi contesti, il contatto con materiali contenenti amianto era inevitabile, dato l’uso massiccio del minerale per l’isolamento termico e acustico delle navi.
L’impatto sulla salute
Nel 2005, al Capitano è stato diagnosticato un mesotelioma pleurico, una forma di tumore aggressivo e strettamente correlata all’esposizione prolungata alle fibre di asbesto. Nonostante i trattamenti ricevuti, Sorgente è deceduto nel 2009 all’età di 65 anni, lasciando una moglie e tre figli.
Nel 2011, il ministero della Difesa ha riconosciuto la patologia come “dipendente da causa di servizio” e il decesso come equiparato a quello delle vittime del dovere. Tuttavia, la famiglia non si è fermata a questo traguardo, ma ha deciso di chiedere giustizia per le responsabilità istituzionali.
La battaglia legale
Assistita dall’avvocato Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, la famiglia Sorgente ha intrapreso un lungo percorso legale per dimostrare le negligenze del ministero della Difesa. La tesi ha evidenziato che il Capitano era stato esposto al killer invisibile senza che gli fossero fornite adeguate protezioni, formazione o sorveglianza sanitaria, in violazione delle norme di sicurezza sul lavoro. L’accusa ha inoltre sottolineato la mancanza di interventi per bonificare le navi e gli ambienti contaminati.
Dopo dieci anni di processo, il Tar del Lazio ha accolto le richieste della famiglia, stabilendo un risarcimento di 320mila euro per i danni morali e materiali subiti.
Il significato della sentenza
L’avvocato Bonanni ha sottolineato l’importanza di questa vittoria legale per tutte le famiglie che hanno subito tragedie simili. In particolare, ha evidenziato come le istituzioni debbano assumersi la responsabilità di prevenire tali situazioni, piuttosto che rispondere a posteriori con risarcimenti tardivi.
«Dopo un decennio di processo, questa sentenza rappresenta un ulteriore riconoscimento delle responsabilità della Difesa per la mancata protezione del personale esposto a fibre di amianto. Non possiamo accettare che tragedie di questa portata siano affrontate solo a posteriori. È necessario un cambio di paradigma, con l’adozione di misure preventive efficaci e tempestive. La giustizia non deve essere un’eccezione, ma la regola per tutti coloro che hanno sacrificato la propria salute al servizio del Paese» – ha dichiarato il presidente ONA.
Basta amianto: l’importanza della prevenzione
La vicenda del Capitano Sorgente non è solo una battaglia per la giustizia individuale, ma un simbolo della lotta contro l’indifferenza istituzionale verso i rischi legati all’amianto. Questa sentenza rappresenta un passo avanti importante, ma il percorso verso una reale tutela della salute dei lavoratori è ancora lungo. «Prevenire significa salvare vite e rispettare la dignità di chi lavora. È tempo che lo Stato dimostri responsabilità e rispetto per chi ha servito il Paese.»
L’Osservatorio Nazionale Amianto è impegnato nella tutela delle vittime e dei loro familiari tramite il sito e il numero verde 800 034 294.