I due enzimi “Demetra” e “Ceres”, presenti nella saliva del “verme della cera”, scompongono naturalmente la plastica entro poche ore, a temperatura ambiente.
Sputo di verme, trasforma la plastica in qualcosa di inerme
Il polietilene, creato per la prima volta nel 1933, è tra le materie plastiche più utilizzate nel mondo. E’ economico, durevole e non altera la qualità del cibo.
Si usa per realizzare contenitori per alimenti, bottiglie, accessori per la casa e mille altre cose.
Questo tipo di plastica, rappresenta circa il 30 per cento dei circa 400 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica, generati ogni anno in tutto il mondo.
Sfortunatamente, la sua robustezza lo rende anche un inquinante pressoché indistruttibile.
La plastica rimane nell’ambiente per molto tempo, si scompone in piccole particelle, diventando così la fonte di micro e nano particelle plastiche. Queste particelle di plastica hanno invaso ogni angolo del Pianeta. Si trovano in Antartide, nella pioggia e nell’acqua del rubinetto. Esse, non solo causano evidenti problemi ambientali, ma sono un problema crescente per la salute umana.
Per degradare il polimero, bisogna trattarlo ad altissime temperature.
Di contro, la saliva del “verme della cera” (Galleria mellonella), contiene degli enzimi che possono funzionare sul polietilene non trattato. Cosa che rende queste proteine naturali potenzialmente utili per il riciclaggio.
Conosciamo il verme della cera mangia plastica e le sue proprietà
I vermi o bruchi della cera sono larve lunghe un paio di millimetri, che si trasformano in falene. Considerati parassiti dagli apicoltori, i bruchi si nutrono di cera d’api, polline e miele, occasionalmente mangiando anche larve d’api.
Riguardo alle sue proprietà di “mangia plastica”, il merito della scoperta si deve a Federica Bertocchini, una biologa molecolare e apicoltrice dilettante del Margarita Salas Center for Biological Studies di Madrid – Consiglio nazionale di ricerca spagnolo (CSIC).
«Alla fine della stagione, di solito gli apicoltori mettono alcuni alveari vuoti in un ripostiglio, per rimetterli in campo in primavera» ha dichiarato la biologa.
«Nel 2012 l’ho fatto e ho trovato i miei favi pieni di vermi della cera. Ho pulito il nido d’ape e messo tutti i vermi in un sacchetto di plastica. Quando sono tornata poco tempo dopo, ho trovato la borsa piena di buchi».
Sorpresa dalla scoperta casuale, Bertocchini e il suo team hanno iniziato ad analizzare la saliva del verme della cera, pubblicando le loro scoperte su Nature Communications.
Due test hanno confermato le proprietà del verme della cera
Per confermare le loro ipotesi, i ricercatori hanno utilizzato due metodi:
- Cromatografia a permeazione del gel: separa le molecole in base alle loro dimensioni;
- Gascromatografia-spettrometria di massa: identifica frammenti di molecole in base al loro rapporto massa-carica.
Affinché la plastica si degradi, l’ossigeno deve penetrare nel polimero – o molecola di plastica – in un importante passo iniziale chiamato ossidazione.
Ebbene, i risultati hanno effettivamente confermato che la saliva del “verme della cera” è in grado di rompere le lunghe catene di idrocarburi presenti nel polietilene, trasformandole in piccole catene ossidate.
Il polietilene era stato ossidato, piuttosto che essere masticato!
I ricercatori hanno scoperto che gli enzimi hanno eseguito questo passaggio in poche ore senza la necessità di pre-trattamento come l’applicazione di calore o radiazioni.
Hanno quindi utilizzato analisi proteomiche per identificare gli enzimi responsabili del “fenomeno alchemico”.
A ossidare il polietilene, sarebbero due particolari enzimi, che i ricercatori hanno chiamato “Demetra” e “Ceres”, nomi dell’antica dea greca e romana dell’agricoltura.
Perché produce questi enzimi in presenza della plastica?
La domanda non ha ancora avuto risposte.
Forse li producono perché scambiano la plastica con la c’era d’api, vista la somiglianza.
In alternativa, si ipotizza che il verme distrugga gli additivi della plastica per difendersi. Molti additivi hanno infatti una struttura aromatica simile ai composti che le piante producono per difendersi dagli insetti. I vermi della cera quindi potrebbero rilasciare tali enzimi per neutralizzarli.
Demetra e Ceres risolveranno le questioni ambientali?
Demetra e Ceres potrebbero rappresentare un “paradigma alternativo” per gestire i rifiuti di polietilene in maniera più veloce e naturale?
Per la dott.ssa Bertocchini, «questi enzimi potrebbero potenzialmente essere mescolati con l’acqua e versati sulla plastica in un impianto di gestione dei rifiuti. Potrebbero essere utilizzati in luoghi remoti dove gli impianti di smaltimento dei rifiuti non sono disponibili, o anche in singole case».
I prodotti risultanti, che dipendono dal tipo di plastica di partenza, potrebbero quindi essere utilizzati per produrre nuovi materiali o essere ulteriormente metabolizzati dai microbi stessi e quindi rimuoverli dal sistema.
La ricerca ha sicuramente bisogno di ulteriori approfondimenti, «tuttavia, poiché gli enzimi possono essere prodotti in laboratorio, ciò lascia ben sperare. Prima tuttavia, dobbiamo saperne di più su questi enzimi, compresi i sottoprodotti dell’ossidazione della plastica», ha concluso la co-autrice dello studio.
Il verme della cera non è l’unico mangiatore di plastica
Uno studio del 2021 ha mostrato che alcuni microbi e i batteri negli oceani e nel suolo sono in grado di “mangiare” la plastica.
Nel 2016, in un sito di rifiuti giapponese è stato identificato un batterio capace di distruggere il polietilene tereftalato, noto anche come PET o poliestere.
«È anche possibile che altre larve di insetti che possono degradare il polietilene e il polistirene possano possedere enzimi simili, offrendo una serie di potenziali percorsi per degradare questi materiali», affermano gli autori dello studio.
Fonti
Nature Communication