La Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) di Strasburgo ha condannato l’Italia per non aver svolto un’inchiesta adeguata sulla morte di un lavoratore dell’Ilva. L’uomo è deceduto nel 2010 a causa di un tumore polmonare. Secondo i familiari sarebbe stato causato dall’esposizione all’amianto sul posto di lavoro.
Nel ricorso presentato alla CEDU, la moglie e il figlio del lavoratore dell’Ilva hanno accusato l’Italia di aver violato il diritto alla vita sotto il profilo procedurale. La causa fu archiviata dopo essere stata intentata per omicidio colposo. La perizia avrebbe dimostrato il nesso di casualità tra la malattia e l’esposizione alla sostanza killer.
La Corte avrebbe affermato che i tribunali nazionali non avrebbero compiuto gli sforzi necessari per accertare la verità. E che la decisione di archiviare l’indagine non sarebbe stata sufficientemente giustificata.
Le dichiarazioni dell’ Avvocato Bonanni
“Questa condanna deve servire da monito per un cambiamento radicale nelle politiche di prevenzione. Nell’applicazione delle leggi e nell’atteggiamento nei confronti delle malattie professionali. È ora che ìl mondo prenda seriamente l’impegno di proteggere i suoi lavoratori e di garantire che casi come quello di questo operaio non rimangano senza giustizia.”
Ha affermato l’Avv. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto.
L’Ona infatti si batte da oltre 30 anni per le vittime dell’amianto. Sempre l’avvocato Bonanni ha poi dichiarato:
“L’ONA prende atto della decisione della Corte europea e intensificherà la sua azione in chiave preventiva. Oltre ovviamente a favore delle vittime. In tutti gli ambiti, anche quello comunitario. Facendo valere in Italia il profilo della Corte Europea per i diritti dell’uomo, la cui giurisprudenza ed i principi hanno rilevanza anche per il diritto interno.”
Giustizia come equità
Questo episodio rimanda alla riflessione sulla giustizia come equità: non basta che le leggi siano applicate, è necessario che queste siano realmente efficaci nel proteggere i più vulnerabili. In questa luce, la sentenza non è solo un giudizio giuridico, ma anche un richiamo alla responsabilità etica, un invito a considerare il valore intrinseco della vita umana al di là delle mere statistiche. La giustizia deve essere un processo che va oltre la formalità e deve tener conto delle sofferenze reali, cercando sempre di restituire verità e dignità alle vittime.
Fonte: Ansa