IL TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA – SEZIONE LAVORO – HA EMESSO UNA SENTENZA DI CONDANNA CONTRO FINCANTIERI IN RELAZIONE ALL’AMIANTO PRESENTE NEI CANTIERI NAVALI DI CASTELLAMMARE. QUESTA DECISIONE GIURIDICA HA PORTATO AL RICONOSCIMENTO DI UN RISARCIMENTO DI CIRCA UN MILIONE DI EURO, DESTINATO AI FAMILIARI DI UN OPERAIO DECEDUTO A CAUSA DELLE CONSEGUENZE PROFESSIONALI LEGATE ALL’ESPOSIZIONE A QUESTO MATERIALE TOSSICO. LA SENTENZA SEGNA UN’IMPORTANTE VITTORIA PER LA GIUSTIZIA IN MERITO ALLA SALUTE E ALLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO. EVIDENZIA ALTRESÌ LA NECESSITÀ DI PROTEGGERE I LAVORATORI DA SOSTANZE PERICOLOSE E DI GARANTIRE AMBIENTI LAVORATIVI SALUBRI. A DIFENDERE I FAMILIARI DELLA VITTIMA, L’AVV. EZIO BONANNI, PRESIDENTE DELL’OSSERVATORIO NAZIONALE AMIANTO
Amianto nei cantieri navali Fincantieri a Castellammare: la storia di una vittima
La sentenza del tribunale ha messo in luce la tragica storia di un operaio, scomparso prematuramente nel 2019 a soli 58 anni a causa di un mesotelioma pleurico, una forma aggressiva di cancro legata all’esposizione all’amianto. L’uomo, il cui tragico destino si è compiuto dopo anni di lavoro nei cantieri navali, aveva operato nello stabilimento di Castellammare di Stabia (Napoli) dal 1977 al 1981. Durante la sua carriera, aveva svolto diversi mansioni, tra cui sabbiatore, pavimentista, verniciatore e manovale, immergendosi in un ambiente di lavoro caratterizzato da una massiccia presenza di asbesto.
Sin dagli anni ‘60, il minerale era diventato una costante nei cantieri navali, ampiamente utilizzato per le sue proprietà di isolamento termico e resistenza al fuoco. Tuttavia, questa sostanza tossica si è rivelata letale per molti lavoratori, che si sono trovati a contatto con sottilissime fibre killer disperse in ogni comparto delle navi. In particolare, il lavoratore aveva manipolato amianto friabile in locali privi di adeguati impianti di aerazione e senza dispositivi di protezione individuale, come mascherine e tute monouso, strumenti fondamentali per ridurre l’inalazione delle pericolose polveri.
La perizia del CTU
Le condizioni di lavoro erano altamente rischiose, come evidenziato dalla perizia del CTU (consulente tecnico d’ufficio).
Quest’analisi ha rivelato che il lavoratore aveva subito un’esposizione diretta a materiali contenenti eternit, utilizzato in varie parti delle navi: dalle coibentazioni alle tubature, dalle pareti ai vani motore, senza trascurare le cuccette di bordo delle imbarcazioni sia militari sia civili. La mancanza di misure di sicurezza adeguate ha ulteriormente aggravato la sua situazione lavorativa, rendendo il contesto ancora più drammatico. Grazie a questa approfondita perizia, il tribunale ha potuto riconoscere un chiaro nesso causale tra l’esposizione professionale e l’insorgenza della malattia, portando alla condanna di Fincantieri per la responsabilità nei confronti della salute del lavoratore.
Si legge in sentenza: «alla luce delle modalità operative con cui si svolgeva la movimentazione dell’amianto, la società convenuta risulta aver omesso di predisporre tutte le misure e cautele atte a preservare l’integrità psicofisica del lavoratore sul luogo di lavoro, atteso che tutte le operazioni che implicavano l’esposizione ad inalazione di amianto venivano effettuate sostanzialmente senza alcuna effettiva precauzione volta ad evitare o ad abbattere l’inalazione di polveri contenti amianto».
L’ONA a fianco delle vittime di amianto
L’azienda cantieristica navale ora dovrà risarcire i familiari, assistiti dal presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, Avv. Ezio Bonanni per circa un milione di euro. «Si tratta di una sentenza storica perché riconosce un maxi risarcimento per i familiari, e, oltre all’esposizione professionale, per la prima volta è stata riscontrata anche quella domestica, perché anche il padre che ha lavorato nello stesso cantiere è deceduto per mesotelioma. Un traguardo significativo verso la giustizia per le vittime di amianto» – sottolinea Bonanni.
Ad oggi, ONA ha seguito diversi procedimenti legali contro Fincantieri, come La Spezia e Monfalcone, dove numerosi lavoratori hanno riportato malattie gravi legate all’amianto, con centinaia di decessi registrati. Le condizioni di lavoro estremamente pericolose e l’assenza di adeguate misure di sicurezza e protezione, hanno esposto i lavoratori a rischi significativi dal 1960 fino agli anni ’90, con l’entrata in vigore della legge 257/92.
Il crescente numero di casi di mesotelioma e altre patologie legate all’amianto nella regione Campania e non solo, continua a essere una questione preoccupante.
L’ONA non si limita a fornire assistenza legale; ha istituito anche un servizio di supporto sanitario per coloro che hanno ricevuto l’infausta diagnosi, raggiungibile attraverso il numero verde 800 034 294 e lo sportello telematico.