IIL TRIBUNALE DI VERONA HA RICONOSCIUTO IL TENENTE SERGIO CABIGIOSU, 50 ANNI, COME VITTIMA DEL DOVERE, CONDANNANDO I MINISTERI DELLA DIFESA E DELL’INTERNO A RISARCIRLO PER L’ESPOSIZIONE A SOSTANZE CANCEROGENE DURANTE LE SUE MISSIONI MILITARI. CABIGIOSU, COLPITO DA LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA, HA OTTENUTO PRIMA DI TUTTO UNA LIQUIDAZIONE DI 285MILA EURO E UN ASSEGNO VITALIZIO MENSILE DI 2.100 EURO. AD ASSISTERE IL MILITARE, L’AVV. EZIO BONANNI, PRESIDENTE DELL’OSSERVATORIO NAZIONALE AMIANTO
La vita e la carriera del Tenente Sergio Cabigiosu: l’esposizione a pericolosi patogeni
L’ex tenente Sergio Cabigiosu, originario di Verona, dove vive ancora oggi, ha intrapreso la sua carriera militare nel gennaio 2000. Dopo un periodo di formazione al Centro di Addestramento Alpino, è stato assegnato al VI Reggimento Alpini di Dobbiaco (Bolzano), dove ha iniziato a consolidare la sua esperienza professionale.
Tra febbraio e luglio 2001, il militare ha ricoperto il ruolo di Vice Comandante di Plotone nell’ambito dell’operazione Joint Forge in Bosnia, con base a Sarajevo. Durante questa missione, che si svolgeva in un contesto di conflitto nei Balcani, lui e gli altri commilitoni si sono esposti a sostanze estremamente pericolose.
Tra queste vi erano radiazioni ionizzanti e non ionizzanti provenienti da uranio impoverito, oltre a benzene, benzidina, amianto e metalli pesanti.
Le condizioni ambientali nella zona erano ulteriormente compromesse dalla contaminazione dovuta ai bombardamenti precedenti, che avevano disperso nanoparticelle e altri inquinanti nell’aria, nell’acqua e nel suolo. La situazione era aggravata dalla mancanza di adeguate misure di protezione e dalla scarsa informazione sui pericoli reali associati a tali esposizioni.
Al termine dell’esperienza in Bosnia, Cabigiosu, trasferito all’VIII Reggimento Alpino a Cividale del Friuli (UD), ha continuato a servire la patria fino al suo congedo, avvenuto il 19 maggio 2002.
L’esordio della malattia e la scoperta dell’esposizione
Nel 2017, Sergio Cabigiosu ha iniziato a manifestare sintomi preoccupanti, come stanchezza intensa e dolori ossei, che hanno spinto i medici a eseguire accertamenti approfonditi. Nello stesso anno, i risultati hanno confermato la diagnosi di leucemia mieloide cronica, una grave forma di cancro del sangue.
Le indagini mediche hanno attribuito questa malattia all’esposizione prolungata a sostanze nocive, quali uranio impoverito e amianto, durante la missione “Joint Forge”.
Nello specifico, i proiettili all’uranio, utilizzati per penetrare i veicoli e le strutture nemiche, sgretolavano edifici già degradati, rilasciando particelle di asbesto nell’ambiente circostante.
Questa combinazione di esposizione a radiazioni e amianto ha avuto quindi un impatto devastante sulla salute del tenente.
Per questi motivi, l’ex militare ha cercato di ottenere il riconoscimento come vittima del dovere e i benefici correlati previsti dalla legge italiana.
L’iter legale e la sentenza del Tribunale di Verona
Deciso a ottenere giustizia per i danni subiti, Cabigiosu si era rivolto all’avvocato Ezio Bonanni. Il presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA) aveva quindi presentato un ricorso al Tribunale di Verona, sostenendo che la malattia del tenente fosse direttamente collegata alle esposizioni subite durante il servizio militare.
Il ministero della Difesa e il ministero dell’Interno si erano tuttavia costituiti in giudizio, contestando il nesso causale tra il servizio svolto e la malattia contratta. Inoltre, i ministeri avevano eccepito il difetto di legittimazione passiva e invocato la prescrizione della domanda, poiché il militare l’aveva presentata molti anni dopo il termine del servizio.
La sentenza del Tribunale di Verona
Il Tribunale di Verona, sezione lavoro, sotto la presidenza del Giudice dott. Marco Cucchetto, ha emesso la sentenza n. 463/2024 il 10 luglio 2024, accogliendo il ricorso del tenente Sergio Cabigiosu. Di seguito i punti salienti della decisione:
Giurisdizione e competenza: la Corte ha confermato la giurisdizione del giudice ordinario, stabilendo che le prestazioni per le vittime del dovere non dipendono da scelte discrezionali dell’amministrazione, ma da un accertamento oggettivo dei requisiti previsti dalla normativa. Pertanto, i benefici richiesti sono stati considerati diritti soggettivi piuttosto che interessi legittimi;
Legittimazione passiva del ministero della Difesa: il Tribunale ha riconosciuto la responsabilità del ministero della Difesa nel rispondere alle richieste di benefici speciali per gli appartenenti alle Forze Armate, in linea con le disposizioni del DPR 243/2006;
Esposizione a fattori di rischio e nesso tra servizio e malattia: le prove presentate hanno dimostrato che Sergio Cabigiosu era stato esposto a un ambiente contaminato da uranio impoverito e altre sostanze nocive durante la missione “Joint Forge” in Bosnia. Questi fattori di rischio hanno contribuito allo sviluppo della leucemia mieloide cronica. Il Tribunale ha basato la sua conclusione su evidenze documentali, relazioni mediche e i risultati della Commissione parlamentare di indagine sull’uranio impoverito.
Rigetto delle contestazioni del ministero della Difesa
Le obiezioni avanzate dal Ministero della Difesa sono state respinte. Il Tribunale ha stabilito che non esisteva documentazione o prova sufficiente per negare il riconoscimento dello status di vittima del dovere a Cabigiosu.
In conclusione, il Tribunale di Verona ha riconosciuto la gravità dell’esposizione a sostanze pericolose subita dal ricorrente durante il servizio e ha stabilito il suo diritto a essere riconosciuto come vittima del dovere, ordinando al Ministero della Difesa di concedergli i benefici previsti dalla legge 3 agosto 2004, nr. 206.
La sentenza ha quindi condannato i ministeri a versare una speciale elargizione di 285mila euro a Cabigiosu, oltre a un assegno vitalizio mensile di 2.100 euro.
Un caso analogo: il giornalista Franco Di Mare e l’esposizione ai patogeni
La vicenda di Sergio Cabigiosu richiama alla memoria un altro importante episodio: quello del giornalista Rai Franco Di Mare.
Anche Di Mare, inviato di guerra durante i conflitti nei Balcani, è stato esposto a uranio impoverito e amianto nelle stesse aree in cui operava Cabigiosu. Come il tenente, Di Mare non ricevette informazioni sui pericoli delle nanoparticelle di metalli pesanti radioattivi e non ebbe a disposizione adeguate misure di protezione.
Il parallelismo evidenzia un pattern preoccupante di negligenza da parte delle autorità militari e di governo nei confronti della salute e della sicurezza dei propri militari e dei civili inviati nelle zone di conflitto. L’Osservatorio Nazionale Amianto ha seguito entrambi i casi.
In questo modo ha contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sulla necessità di tutelare maggiormente gli esposti a queste sostanze pericolose.
Le implicazioni della sentenza e il commento dell’avv. Bonanni
La sentenza del Tribunale di Verona rappresenta un’importante svolta giuridica. Non solo inverte l’onere della prova per l’esposizione a radiazioni e nanoparticelle di metalli pesanti, ma stabilisce un precedente che potrà essere utilizzato da altre vittime al fine di ottenere riconoscimento e risarcimento.
«Si tratta di una decisione molto importante perché riconosce la gravità delle esposizioni subite dai nostri militari e pone le basi per un risarcimento adeguato per i danni alla salute sofferti. Questa sentenza apre la strada a una maggiore consapevolezza e protezione per tutti i nostri militari esposti a sostanze pericolose sia in patria che all’estero», commenta Bonanni.
Sono più di 8mila i malati e più di 400 i morti, solo per l’uso di proiettili all’uranio impoverito.
L’Osservatorio Amianto, unitamente al quello delle Vittime del Dovere, ha costituito un dipartimento che si occupa della tutela dei nostri militari che hanno subito gravi danni alla salute tramite uno sportello di assistenza al numero verde 800 034 294, oppure tramite il sito ufficiale.