14.6 C
Rome
giovedì, Novembre 30, 2023

Blob: l’ondata di calore marino devasta l’ecosistema oceanico

Letto: 570 volte

Ultimi articoli

Le ondate di calore marine “blob”, sono dei picchi di temperature elevate, causate dal cambiamento climatico. Questi eventi possono ripercuotersi sugli ecosistemi marini per anni, anche dopo che la temperatura dell’acqua è nuovamente scesa.

Blob: la devastante bolla di caldo marino 

Blob. Dal 2013, il livello dell’acqua del Golfo dell’Alaska ha iniziato a innalzarsi e anche la temperatura è aumentata in media di 2,8 °C (in alcuni punti fino a 3,9 °C).

A causare il fenomeno, è stata una cresta atmosferica di lunga durata ad alta pressione. Essa ha riscaldato la superficie dell’Oceano, soffocando le tempeste invernali che di solito portano acqua più fredda e più profonda in superficie.

Il calore si è poi trasferito dall’oceano all’atmosfera, di conseguenza, il golfo è rimasto insolitamente caldo per tutto l’anno successivo.

Inizialmente, la bolla aveva colpito una zona circoscritta dell’oceano, larga circa 800 chilometri e profonda più di 90 metri.

Nick Bond, uno scienziato del clima dell’Università di Washington a Seattle, ha soprannominato questo fenomeno “The Blob”, nome tratto dall’omonimo film horror del 1958.

Il fenomeno dura almeno cinque giorni, anche se in molti casi persistono per settimane o anche mesi.

Lo studio, pubblicato nel 2020 sulla rivista Science, afferma che queste ondate di calore marine sono aumentate di oltre 20 volte, a seguito del riscaldamento globale.

Cosa ha trasformato il blob in un mostro

A metà del 2014, questa ondata di calore marina ha raggiunto un’estensione di 3.200 chilometri tra l’Alaska e il Messico, mantenendo alte le temperature del mare. 

I venti hanno spinto l’acqua calda più vicino alle coste dell’Oregon e di Washington. Poi, nel 2015 e nel 2016, il riscaldamento periodico del Pacifico centrale, noto come El Niño, ha alimentato la crescita della bolla. 

Alla fine del 2016, La Niña (fenomeno inverso a El Niño), ha provocato delle tempeste che hanno agitato e raffreddato l’oceano.

In ogni caso, nel corso di tre anni, la bolla ha completamente stravolto l’ecosistema dell’Oceano Pacifico settentrionale e adesso sta praticamente interessando tutte le acque del Pianeta. Con conseguenze importanti per l’ambiente.

Danni causati dal blob a livello dell’ecosistema oceanico

Molti i danni causati dalla bolla. 

  • La quantità di plancton, copepodi e krill è notevolmente diminuita
  • Migliaia di leoni marini e uccelli marini sono morti di fame 
  • Le megattere, in mancanza di krill, hanno iniziato a cibarsi di acciughe. Poiché questi pesci abbondano nel acque vicine alla costa, i cetacei hanno finito per impigliarsi nelle reti da pesca. Anche le nascite nelle popolazioni di megattere sono diminuite del 75%
  • La formazione di fioriture algali tossiche ha ostacolato la pesca del granchio. La catena alimentare, basata sul krill, è stata sostituita da organismi gelatinosi, poveri di sostanze nutritive chiamati pirosomi, che non erano mai stati rilevati così a nord
  • Le popolazioni di merluzzi nordici al largo delle coste dell’Alaska si sono ridotte e sono vicine all’estinzione.

Il mistero dei merluzzi spariti per via del blob

Nel 2017, il biologo marino Steve Barbeaux stava esaminando alcuni dati, a dir poco allarmanti, sulla scomparsa di oltre 100 milioni di merluzzi in Alaska.

Inizialmente pensò ad un problema tecnico del computer. 

Nelle ore successive, lui e i colleghi del National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) di Seattle, Washington, confermarono tuttavia i numeri. 

I dati, raccolti dai pescherecci da traino di ricerca, indicavano che il numero di merluzzo bianco era crollato del 70% in due anni, cancellando essenzialmente una pesca del valore di 100 milioni di dollari all’anno. 

Il pesce non si era spostato per qualche fenomeno migratorio! Era sparito a causa del “blob”. 

Per consentire una ripopolazione dei merluzzi, i funzionari federali hanno pertanto tagliato le catture consentite dell’80%.

Molti fenomeni non sono ancora chiari 

Riguardo alle ondate di calore marine, molti fenomeni non sono ancora del tutto chiari. 

Ad affermarlo, Nicholas Bond, ricercatore dell’Università del Washington e climatologo dello Stato di Washington.

La prima questione irrisolta, riguarda il perché questi eventi persistano per settimane o anche per mesi. «Dev’esserci qualcos’altro in atto, che contribuisce a mantenere quelle condizioni», spiega. 

Secondo Bond «riscaldandosi, la superficie dell’oceano irradia nell’atmosfera calore. Questo, impedisce la formazione della copertura nuvolosa, esponendo l’acqua del mare a una maggiore irradiazione solare, e quindi a un ulteriore riscaldamento».

La minaccia pende come una spada di Damocle

Anche quando il blob si arresta, così come è avvenuto nelle acque del Pacifico nord-orientale (hanno cominciato a raffreddarsi nel 2016, tre anni dopo il blob), non bisogna cantare vittoria.

Prima che l’ecosistema ritorni alle condizioni pre-blob, ci vorrà del tempo.

Sopratutto desta preoccupazione il suo potenziale impatto nelle zone tropicali, a livello delle barriere coralline.

Perché è importante studiare gli effetti del blob

Anche se molti danni sono orami irrimediabili, conoscere gli effetti del blob aiuterà a prevedere le future ondate di calore marine.

Se il riscaldamento globale non verrà frenato- avertono gli scienziati- le onde di calore diventeranno più frequenti, più grandi, più intense e più durature. Entro la fine del secolo, Bond dice: «L’oceano sarà un posto molto diverso».

Nel frattempo, il National Park Service ha iniziato a monitorare gli ambienti marini vicini alla costa per rilevare e comprendere i cambiamenti nei parchi dell’Alaska. 

Fonti 

National geogrphic

nasa.gov

Science.it

- Advertisement -spot_img

Numero verde ONA

spot_img

Chiedi assistenza gratuita