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mercoledì, Settembre 11, 2024

Inquinamento e salute, intervista al Prof Alessandro Miani

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Ambiente e salute sono strettamente correlati. Partendo da questo presupposto bisogna lavorare per preservare il nostro Pianeta e prevenire le malattie legate all’inquinamento. È questo l’approccio di Alessandro Miani, professore dell’Università degli Studi di Milano e presidente della Sima – Società italiana di medicina ambientale. Ha appena ricevuto il Premio Eccellenza Italiana proprio per il suo impegno nella tutela dell’ambiente e della salute ed ha accettato di spiegarci meglio la sua prospettiva.

Questo è il tema che segnerà il futuro dei nostri figli e del nostro stesso Pianeta. In primo luogo, cerchiamo di capire cosa sia la medicina ambientale. Per lei professore cosa significa e perché è tanto importante?

Inquinamento, cosa può fare la medicina ambientale

“Oggi – ha iniziato Miani – quando si parla di ambiente, si crea un immediato collegamento emotivo con il concetto di natura, di biodiversità, di fauna selvatica, ma anche con quelli di inquinamento atmosferico, di avvelenamento dei suoli, desertificazione e dissesto idrogeologico. Tutti questi aspetti fanno parte dell’ambiente e compito della medicina ambientale è quello di preservare la salute umana, evitando che ciò che ci circonda possa divenire ‘fattore di rischio ambientale’ per la nostra salute e causare malattie o morte prematura.

La medicina ambientale abbraccia e coinvolge diverse discipline: le scienze biomediche, ambientali, giuridiche, economiche, politiche e sociali, quelle dei materiali e delle costruzioni. È regolamentata a livello OMS ed è parte integrante della Sanità Pubblica. Il campo di applicazione di questa disciplina comporta lo studio delle interazioni tra l’ambiente e la salute, ed il ruolo dell’ambiente nel causare o mediare la malattia”.

Come può prevenire le malattie?

“Per prevenire le malattie è necessario un approccio multidisciplinare. Noi ci occupiamo di salute pubblica e prevenzione con un particolare riferimento ai determinanti ambientali delle malattie: è così che possiamo realizzare una vera prevenzione primaria, accompagnando all’indagine scientifica una efficace comunicazione diretta sia ai decisori che ai cittadini (incluse le scuole), al mondo imprenditoriale.

Inquinamento, cosa sono i determinanti ambientali

Si tratta del cosiddetto Knowledge Transfer Exchange ovvero il trasferimento di conoscenze sui determinanti ambientali e sociali della salute alle istituzioni e al grande pubblico per fini di prevenzione primaria. Quello che facciamo – ha spiegato ancora meglio – è anche tradurre la scienza in indicazioni operative per ridurre i rischi che ciascun determinante ambientale può avere sulla salute umana”.

In una recente intervista detto che per prevenire ogni anno milioni di morti, è necessario che settori come quello dei trasporti, dell’energia, dell’agricoltura e dell’industria collaborino. Quali sono le priorità concrete per raggiungere questo obiettivo?

“Nell’ottica della prevenzione delle patologie correlate all’inquinamento atmosferico, ma anche a quelli delle acque e dei suoli, quelli che ha menzionato sono i soggetti inquinanti principali. Tutti questi settori devono, quindi, collaborare perché per risolvere i principali problemi dell’inquinamento e delle sue ricadute sulla salute umana bisogna agire concretamente in ogni ambito della nostra quotidianità.

Per esempio, quando blocchiamo il traffico in una delle nostre città – a parte casi particolari come Milano, che possono pesare di più – adottiamo un tipo di provvedimento che può abbattere gli inquinanti atmosferici non oltre il 23%. Nei fatti è come se in una stanza con 10 persone che fumano ne facessimo uscire 2: non avremmo risolto il problema legato alla qualità dell’aria.

Inquinamento atmosferico, lavorare su più settori

Il problema dell’inquinamento atmosferico va quindi affrontato a più livelli. Innanzitutto è necessario che si rendano sostenibili i sistemi di riscaldamento e di approvvigionamento elettrico degli edifici, che rappresentano il 60% in totale delle fonti inquinanti in atmosfera.

I trasporti devono ridurre considerevolmente l’impatto sulla qualità dell’aria, aumentando l’uso di mezzi pubblici e mobilità green alternativa, ma anche ridisegnando i sistemi di percorribilità viaria delle città. E poi lavorare anche affinchè le aziende agricole mettano a norma gli allevamenti intensivi, che contribuiscono anch’esse alle emissioni in atmosfera così come le industrie, il cui impatto è più legato alla tipologia di inquinanti emessi (anche cancerogeni) e alla continuità nel tempo dovuta ai cicli continui di produzione no stop.

Per questo ultimo aspetto, però, specie se ci stiamo occupando di aree in cui c’è già un allarme ambientale, abbiamo il dovere di affrontare la questione industriale applicando le migliori tecnologie disponibili (le cosiddette BAT best available technologies) per l’apposizione dei migliori filtri in grado di limitare le emissioni in atmosfera.

La stessa cosa vale per tutte le altre principali matrici ambientali, in primis acqua e suolo, anche nell’ottica del contrasto al cambiamento climatico. Ogni settore deve dialogare con l’altro e soprattutto la politica deve fare la sua parte: parlare con tutti i settori e soprattutto agire.

Sima, Società italiana di medicina ambientale

Fin da quando è nata, nel 2015, la SIMA ha dato una spinta decisiva all’adozione di un approccio multidisciplinare al tema Salute-Ambiente. Coinvolgendo una molteplicità di professionalità (non solo mediche) e soggetti all’interno della società civile che lavorano in maniera sinergica sui singoli obiettivi. Seguendo il nostro esempio alcune istituzioni hanno cominciato a collaborare con altre per raggiungere gli obiettivi di tutela della salute pubblica, della biodiversità e dell’ambiente.

Il tema oggi è particolarmente sentito e particolarmente urgente. Occorre abbandonare l’idea di tutelare il proprio know how in maniera autoreferenziale, ma è necessario condividerlo per accelerare i processi. Anche nel caso specifico del PNRR non si può fare a meno di un dialogo multi-disciplinare per trovare soluzioni a problemi reali, che possano essere finanziabili e tradursi in una ricaduta duratura”.

Cosa può fare la finanza sostenibile?

“Può fare moltissimo. Se c’è stata nel mondo un’inversione di tendenza nelle politiche industriali e sanitarie  a tutti i livelli, dalla costruzione di nuovi edifici, quartieri, città, produzioni green, lo si deve alla finanza sostenibile. Molti Fondi internazionali hanno iniziato a finanziare quel mondo produttivo che seguiva gli standard ESG (Environmental, Social e Governance), e ancor prima il minor impatto ambientale nelle loro produzioni.

Premiando chi faceva bene il suo lavoro e penalizzando gli altri il sistema ha portato, nel giro di pochi anni, ad un cambiamento verso quella direzione, se non per virtù almeno per necessità. Anche gli Stati, non solo le singole aziende, si sono in qualche modo adeguati e sono state formate reti internazionali di sostenibilità.

Per la prima volta dobbiamo dire grazie alla finanza sostenibile e alle grandi banche. Senza il primo solco tracciato in questa direzione dalle grandi banche non andremmo oggi a questa velocità (anche se l’Italia è un po’ indietro)”.

In questo momento il tema energia è quello che più preoccupa, con la guerra in Ucraina e la minaccia di Putin che non è neanche più solo tale, di ridurre o bloccare la fornitura del gas. Cosa può fare il governo che tra poco sarà operativo e cosa può fare l’Europa?

Inquinamento, cosa può fare il cittadino

“La linea anche qui è già stata tracciata dal precedente Governo: al ministro Cingolani è stato chiesto di restare anche per i rapporti e le relazioni aperte e già sul tavolo.  A questo posso aggiungere quello che può fare ognuno di noi: essere consumatori consapevoli può farci risparmiare il 17% in bolletta. Esistono dei contatori elettrici intelligenti che fanno vedere chiaramente quanto si sta consumando e già questo basterebbe per abbassare i consumi.

Come SIMA, precedendo di qualche mese l’Enea, abbiamo stilato dei consigli su come risparmiare energia nelle nostre case. Possiamo farlo anche in azienda, in modo diverso. Il 31 marzo scorso abbiamo presentato in Parlamento “YouGreen”, un social network che consente alle imprese di non farsi mettere con le spalle al muro dal caro bollette. Mette in gara più reparti delle aziende e quello che consuma meno energia vince premi e benefit. Lo abbiamo presentato per colmare il divario che l’Italia ha sul consumo energia rispetto alle aziende straniere.

Miani: “Mantenere l’ora legale”

Ci sono poi altri strumenti – ha continuato Miani facendoci capire che le soluzioni sarebbero molteplici – come quello che abbiamo chiesto a Draghi e suggeriamo al nuovo governo: mantenere l’ora legale per far risparmiare sui costi energetici. Una misura a costo zero che avrebbe impatti positivi a livello sociale e ambientale. La stima del Centro studi Conflavoro Piccole e medie imprese è di un risparmio di 2,7 miliardi per il solo 2023. Poiché noi non lavoriamo con le stime, abbiamo proposto un esperimento: mantenerla per un solo mese, quantificare il risparmio e poi decidere. (Ora l’appello si sposta all’indirizzo del nuovo presidente, dal 22 ottobre 2022, Giorgia Meloni, ndr).

Ma secondo le nostre stime, questa misura avrebbe un peso specifico tale da renderla vantaggiosa. Ci sarebbero, inoltre, 200mila tonnellate in meno di CO2 immesse nell’atmosfera ogni anno. I benefici non terminerebbero qui: più luce vuol dire meno reati, meno depressione, più tempo da trascorrere all’aria aperta in attività sportiva. Gli studi che negli Stati Uniti avrebbero messo in luce alcune criticità legate al fuso orario non sarebbero validi per l’Italia, dove c’è una differenza al massimo di mezz’ora tra Est e Ovest.

Evitare il passaggio tra l’ora solare all’ora legale, infine, ridurrebbe anche quei minimi disturbi legati al ritmo sonno-veglia. Il prolungamento dell’ora legale è stato già stato fatto: durante la prima e la seconda guerra mondiale (addirittura a permanenza dal 1940 al 1942). Alla fine degli anni ’60 ed è stato ripetuto negli anni ’80. Noi diciamo che in un momento di crisi può essere una soluzione”.

Perché ha deciso di fondare la Sima?

“È nata perché c’erano movimenti ambientalisti, ma non vedevo nessuno seguire la scienza. Si parlava di ambiente ma non era correlato all’idea di salute. In Italia non c’era ancora questo approccio e abbiamo pensato a qualcosa che potesse occuparsi di questo, e diventare punto di riferimento come società scientifica su questi temi in Italia. Abbiamo raggiunto questo obiettivo e siamo anche riconosciuti e seguiti in Europa e negli USA. La Sima, infatti, ha meglio ridefinito i temi della medicina ambientale nel mondo.

E poi – Miani finalmente si sbilancia e ci dice qualcosa di più personale – ho due figli piccoli e non potendo lasciare loro per differenza di età nulla che fosse di tipo imprenditoriale, ho pensato che fosse un buon lascito un insegnamento, come alle nuove generazioni. Quello di focalizzarsi sulla scienza e guardare all’innovazione tecnologica collegata ai temi della salute ambientale. Ancora però non riesco a trovare terreno fertile da parte degli investitori italiani. Per questo stiamo lavorando perché i brevetti e le idee italiane non debbano spostarsi all’estero per essere realizzate e poi magari rivendute all’Italia”.

Sima nasce a Milano nel 2015, su impulso del professor Miani e di altri accademici, scienziati e rappresentanti del mondo imprenditoriale e delle professioni. È nota a livello internazionale per l’impegno profuso nella ricerca scientifica sulla qualità dell’aria, dell’acqua, l’epidemiologia. Così pure sui costi delle patologie da esposizioni ambientali, il rischio radon e amianto e la prevenzione primaria del cancro, specie in ambito pediatrico. Ha stabili collaborazioni con Oms, Ue, Osce, Unesco, Parlamento e Istituzioni italiane, Cnel, Cini, Ministero della Cultura, Ministero della Salute, principali Atenei italiani e internazionali, Arpa, Enea, Confindustria e Terzo Settore.

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