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venerdì, Febbraio 7, 2025

Il silenzio dell’amianto: la giustizia rende omaggio al Maresciallo Abbate

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IL TRIBUNALE DI TARANTO HA CONDANNATO I MINISTERI DELLA DIFESA E DELL’INTERNO PER LA MORTE DEL MARESCIALLO FRANCESCO ABBATE, RICONOSCIUTO VITTIMA DEL DOVERE. ASSISTITO DALL’AVVOCATO EZIO BONANNI, PRESIDENTE DELL’OSSERVATORIO NAZIONALE AMIANTO (ONA), AI FAMILIARI È STATO ACCORDATO UN RISARCIMENTO DI 500MILA EURO.

Un uomo al servizio dello Stato e l’ombra letale dell’amianto


Il Maresciallo Francesco Abbate era nato a Taranto il 21 agosto 1943, in una città profondamente legata alla tradizione navale. Sin da giovane, aveva scelto di servire il Paese, entrando nella Marina Militare Italiana nel 1961, a soli 18 anni. Nel corso della sua carriera, Abbate aveva ricoperto numerosi incarichi, avanzando dal ruolo di motorista navale a quello di aiutante maresciallo con anzianità di grado. Tuttavia, per un lungo periodo della sua vita professionale, aveva operato (sia a bordo delle navi sia nelle officine meccaniche a terra) in ambienti fortemente contaminati da amianto. Questo materiale, ampiamente utilizzato per la coibentazione, si era dimostrato estremamente nocivo per la salute. Nonostante ciò, il militare non aveva mai ricevuto dispositivi di protezione adeguati né informazioni complete sui gravi rischi connessi all’esposizione prolungata.

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Le condizioni lavorative di Abbate erano emerse chiaramente durante il processo. A confermare la pericolosità dell’ambiente, oltre a diversi testimoni, era stato anche Omero Negrisolo, tecnico della prevenzione ambientale, secondo cui: ‹‹I motoristi navali, come Abbate, erano tra i più esposti. Le navi e gli arsenali erano pieni di amianto, e le informazioni sui rischi erano pressoché inesistenti››.

Nel 2017, il maresciallo si era sottoposto a una serie di esami diagnostici che avevano evidenziato un quadro clinico complesso, legato a malattie polmonari e altre patologie correlate all’esposizione all’asbesto. Consapevole della gravità della situazione, aveva inoltrato una richiesta di riconoscimento della causa di servizio e dello status di vittima del dovere. Tuttavia, le sue istanze erano state respinte dal Ministero, nonostante le evidenti prove mediche.

Dopo la morte di Abbate, avvenuta nel giugno 2020 all’età di 75 anni, la Commissione Medico Ospedaliera (CMO) aveva riconosciuto finalmente le patologie come causa determinante del decesso. Tuttavia, la Commissione di Verifica del Ministero aveva rigettato nuovamente la richiesta degli eredi. Fu allora che i figli, Antonia e Luigi Abbate, decisero di affidarsi all’ONA e al patrocinio legale dell’avvocato Ezio Bonanni.

L’intervento legale dell’ONA

La causa legale avviata dai figli di Francesco Abbate ha trovato solide fondamenta nel dimostrare il nesso causale tra la prolungata esposizione all’asbesto e la malattia che ne ha provocato il decesso. Con il supporto dell’ONA e del suo presidente, il caso è approdato dinanzi al Tribunale di Taranto, dove si è svolta una meticolosa indagine tecnico-peritale. Il 26 novembre 2024, la sezione lavoro, in composizione monocratica sotto la guida del dottor Lorenzo De Napoli, ha riconosciuto il militare come soggetto equiparato alle vittime del dovere. Nella decisione, il giudice ha evidenziato come ‹‹le condizioni ambientali e operative affrontate dal Maresciallo Abbate siano risultate particolarmente rischiose, a causa di una documentata e prolungata esposizione ad amianto, confermata anche da numerose testimonianze››.

La sentenza, ormai definitiva, ha sancito la responsabilità dei ministeri della Difesa e dell’Interno, condannandoli al riconoscimento ufficiale dello status di vittima del dovere. Questo riconoscimento ha comportato l’inserimento del nome di Abbate nella graduatoria delle vittime, consentendo ai familiari di accedere a un’indennità speciale e assegni vitalizi per un totale complessivo di 500mila euro.

L’avvocato Bonanni ha spiegato: ‹‹Abbiamo presentato una corposa documentazione e testimonianze decisive che hanno dimostrato il legame diretto tra l’esposizione ad amianto e la malattia fatale di Abbate. Questa sentenza ha rappresentato un riconoscimento fondamentale del sacrificio del maresciallo e un importante precedente per i diritti di chi, come lui, ha subito le conseguenze di ambienti di lavoro insalubri››.

Un monito per le istituzioni


‹‹Questa sentenza di condanna non lascia dubbi sulla grave esposizione all’amianto del Maresciallo, ed è schiacciante anche alla luce dell’indagine tecnico-peritale del Tribunale di Taranto. Si tratta dell’ennesimo risultato positivo che ci incoraggia ad andare avanti per la tutela dei nostri uomini in divisa››, ha dichiarato Bonanni, sottolineando l’importanza del lavoro svolto dall’ONA.
‹‹È fondamentale che le istituzioni riconoscano le loro responsabilità nella tutela della salute dei lavoratori, specialmente di coloro che servono lo Stato in condizioni di rischio. La prevenzione deve diventare una priorità assoluta››.

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