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sabato, Marzo 22, 2025

Un’altra minaccia incombe su Gaza: dopo le bombe, il pericolo amianto  

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LA GUERRA A GAZA NON PORTA SOLO DEVASTAZIONE IMMEDIATA MA ANCHE UN’ALTRA MINACCIA NASCOSTA E MORTALE: L’AMIANTO. LE BOMBE CHE DISTRUGGONO EDIFICI RILASCIANO NELL’ARIA FIBRE DI AMIANTO, INVISIBILI MA ALTAMENTE PERICOLOSE PER LA SALUTE E PER L’AMBIENTE 

Contesto storico della guerra in Palestina 

Il conflitto tra Israele e Gaza, in Palestina, ha radici profonde e complesse, che risalgono alla fine della Seconda Guerra Mondiale e alla creazione dello Stato di Israele nel 1948. La tensione tra israeliani e palestinesi si è aggravata nel corso dei decenni, alimentata da rivendicazioni territoriali, diritti umani violati e una lunga storia di guerre e intifada.

Le intifada principali nella storia recente sono state due: prima intifada (1987-1993) e la seconda intifada (2000-2005), che hanno causato migliaia di morti da entrambe le parti, ma senza portare a una soluzione definitiva del conflitto.

L’ultimo ciclo di violenze è esploso nel 2007, quando Hamas, considerato da Israele e da molti Paesi occidentali un’organizzazione terroristica, ha preso il controllo della Striscia di Gaza. Da allora, il conflitto si è intensificato con periodiche operazioni militari israeliane e lanci di razzi da Gaza su Israele, che hanno causato migliaia di vittime e una distruzione massiccia.

In questo contesto di guerra perenne, il rischio amianto è diventato una minaccia nascosta. Sebbene Israele ne abbia vietato l’uso nel 2011, la sua presenza nei territori palestinesi, in particolare nella Striscia di Gaza, è ancora massiccia. Molti edifici che risalgono a decenni fa (tra cui i campi profughi), sono costruiti con materiali contenenti asbesto.

A lanciare l’allarme è l’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente). 

Amianto nell’aria: un’altra minaccia oltre le bombe

Ogni volta che un missile colpisce queste strutture, le esplosioni liberano nell’aria miliardi di fibre tossiche, invisibili e difficili da evitare per chi vive nell’enclave assediata. 

Secondo le stime delle Nazioni Unite, ci sono circa 800mila tonnellate di detriti sparsi in tutta Gaza, molti dei quali contaminati dal killer silente. La distruzione causata dai bombardamenti non solo genera perdite immediate di vite e case ma semina una minaccia a lungo termine per la popolazione. Le polveri di asbesto, liberate dai detriti, possono rimanere sospese nell’aria per anni, trasformando Gaza in una zona cancerogena che metterà in pericolo la salute delle generazioni future.

In questo scenario, il pericolo rappresentato dall’amianto si aggiunge alle già terribili condizioni di vita della popolazione. Ma perché abbiamo parlato di pericolo per i posteri? 

Il lento veleno e l’impennata dei casi di cancro

L’esposizione all’amianto non comporta soltanto effetti immediati. Un’altra minaccia risiede proprio nella lenta e insidiosa modalità con cui colpisce. Quando le fibre vengono inalate, si depositano nei polmoni o nella cavità addominale e possono rimanervi per anni prima di manifestare i sintomi di malattie spesso letali.

Tra queste, il mesotelioma, un cancro particolarmente aggressivo e difficilmente curabile, che si sviluppa nel rivestimento dei polmoni o nell’addome e che è direttamente collegato all’esposizione prolungata alle fibre di asbesto.

In definitiva, anche se le bombe smettessero di cadere, per i due milioni di persone che vivono a Gaza, questa situazione si traduce in una condanna a lungo termine. 

Quanto ai processi di decontaminazione necessari per ripulire il territorio dall’amianto, sarebbero enormemente complessi e costosi, e richiederebbero anni di interventi mirati, per i quali al momento non ci sono risorse né possibilità.

Le fibre del killer invisibile non solo contaminano l’aria, ma si depositano su suolo, edifici e strutture ancora in piedi, rendendo ogni centimetro di Gaza un potenziale focolaio di malattia. 

Un’epidemia di patologie asbesto-correlate 

Secondo gli esperti, il numero di casi di mesotelioma e altre malattie correlate all’amianto a Gaza crescerà significativamente nei prossimi decenni. Le previsioni si basano su precedenti disastri in cui il minerale è stato disperso in seguito a crolli o esplosioni. Un parallelo significativo è stato tracciato con la tragedia dell’11 settembre 2001 a New York: dopo il crollo delle Torri Gemelle, le polveri disperse nell’aria contenevano enormi quantità di asbesto e altre sostanze tossiche. Ad oggi, migliaia di persone sono morte per malattie legate a quelle esposizioni.

Il World Trade Center Health Program ha stimato che oltre quattromila soccorritori e sopravvissuti agli attentati dell’11 settembre siano morti per malattie correlate all’amianto, una cifra superiore a quella delle vittime dirette dell’attacco terroristico.

Gli stessi medici e specialisti ora temono che lo stesso tragico destino sia riservato agli abitanti di Gaza, dove la densità abitativa e l’impossibilità di fuggire rendono l’esposizione a queste sostanze ancor più pericolosa.

Le parole dell’avvocato Ezio Bonanni: un allarme inascoltato

L’avv. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), ha più volte denunciato il pericolo rappresentato dall’amianto, non solo in Italia, ma anche nei teatri di guerra. Bonanni ha descritto l’amianto come un “nemico silenzioso” che continua a uccidere anche dopo la fine dei conflitti, rendendo necessarie misure urgenti di bonifica e prevenzione.

Nello specifico, Bonanni ha sottolineato che «ogni guerra porta con sé una scia di morte che va ben oltre la fine delle ostilità» e che le popolazioni esposte a sostanze tossiche come l’asbesto rischiano di pagare un prezzo altissimo in termini di vite umane per molti anni. «Lamianto è una minaccia che non fa rumore, non esplode, non colpisce in modo spettacolare, ma il suo impatto è devastante e duraturo».

Il presidente dell’ONA ha inoltre espresso profonda preoccupazione per l’assenza di adeguati piani di decontaminazione a Gaza, avvertendo che «la comunità internazionale ha il dovere di intervenire non solo per fermare le bombe, ma anche per affrontare le conseguenze ambientali e sanitarie che questo conflitto lascerà in eredità».

Le sue parole suonano come un monito: non si tratta solo di vincere una guerra, ma di garantire che le generazioni future non siano condannate a una vita di sofferenza e malattia. Un’altra minaccia oltre le bombe non fa che aggravare la situazione.

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