GIOVANNI GIANNETTO, 66 ANNI, EX DIPENDENTE E ARTIGIANO CHE HA LAVORATO IN ENEL DAL 1980 AL 2010, HA OTTENUTO UN RISARCIMENTO PER LA GRAVE MALATTIA SVILUPPATA A CAUSA DELLA PROLUNGATA ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO DURANTE IL SUO PERCORSO LAVORATIVO. L’UOMO È STATO COLPITO DA PATOLOGIE GRAVI CHE HANNO COMPROMESSO IN MODO SIGNIFICATIVO LA SUA SALUTE. DIFESO DALL’AVVOCATO EZIO BONANNI, PRESIDENTE ONA, IL TRIBUNALE DEL LAVORO DI MESSINA HA RICONOSCIUTO IL SUO DIRITTO ALL’INDENNIZZO PER DANNO BIOLOGICO PER UN IMPORTO PARI A 10MILA EURO
La carriera di Giovanni Giannetto in Enel Sicilia: un percorso segnato dall’amianto
Giovanni Giannetto, originario di Nizza di Sicilia (ME), ha trascorso oltre trent’anni della sua vita lavorativa alle centrali ENEL.
La sua carriera ha avuto inizio nell’ottobre 1980, quando ha iniziato a lavorare come dipendente all’interno di diversi impianti industriali dell’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica, in Sicilia, tra cui San Filippo del Mela, Termini Imerese, Augusta, Priolo e Porto Empedocle. Queste strutture, fondamentali per la produzione di energia sull’isola, rappresentavano anche un rischio costante per i lavoratori a causa della diffusa presenza di materiali contenenti amianto.
Nello specifico, l’ex dipendente ha dichiarato di aver respirato polveri e fibre di asbesto durante tutto il suo percorso lavorativo, dal 1° ottobre 1980 al 30 aprile 2010. Questa esposizione è avvenuta sia nei periodi in cui era titolare della sua impresa artigiana (1° gennaio 1990 – 31 dicembre 1997, 1° gennaio 1998 – 31 dicembre 2001 e 1° gennaio 2002 – 30 giugno 2002), sia nel resto della sua carriera.
Svolgendo mansioni di manutenzione, riparazione e sostituzione di componenti degli impianti, veniva infatti regolarmente a contatto con materiali isolanti contenenti eternit, noto per i suoi devastanti effetti sulla salute.
I pericoli dell’amianto sui luoghi di lavoro
Nonostante il pericolo fosse noto e il minerale fosse stato vietato con la legge n. 257 del 1992, le centrali elettriche, costruite in un’epoca in cui si faceva abbondante uso di questo materiale, non erano state completamente bonificate. Il pericoloso minerale si trovava in tubature, caldaie, coibentazioni e pannelli, e le operazioni di manutenzione non venivano condotte con adeguate misure di protezione. Giannetto, come molti altri lavoratori, veniva quindi esposto sia in modo diretto, indossando guanti anticalore in amianto, sia indirettamente, poiché respirava polveri e fibre disperse nell’ambiente.
Tra gli impianti in cui ha lavorato, spicca la centrale di San Filippo del Mela, situata nella Valle omonima sul versante occidentale dei monti Peloritani (Messina), una delle aree più inquinate della Sicilia e riconosciuta come Sito di Interesse Nazionale (SIN) per l’elevato tasso di inquinamento ambientale.
Questo lungo periodo di esposizione ha avuto conseguenze devastanti per la sua salute: Giannetto ha sviluppato una broncopatia cronica, microplacche del diaframma e fibrosi polmonare, patologie che, purtroppo, sono tipiche delle persone esposte a lungo al pericoloso patogeno.
Quello di Giannetto non è un caso isolato in ENEL. L’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), ha infatti denunciato come molte centrali ENEL, sia in Sicilia sia in altre regioni, abbiano rappresentato in passato un grave pericolo per la salute dei lavoratori. Episodi analoghi sono emersi nel corso degli anni, con numerose cause legali avviate per ottenere il riconoscimento delle malattie professionali.
L’esordio della malattia: i primi sintomi e le conseguenze
Gia nell’aprile 2007, l’uomo aveva ottenuto dall’INAIL una certificazione che attestava la sua esposizione all’amianto, secondo l’articolo 13, comma 8, della legge 257/1992, per il periodo dal 29 ottobre 1980 al 15 dicembre 1989.
Questa confermava la soglia delle 100 ff/l (fibre per litro) era stata superata nella media delle otto ore lavorative. Ma è solo nel 2017 che il lavoratore ha iniziato a manifestare i primi segni di una patologia legata all’esposizione all’asbesto. Dopo una serie di esami approfonditi, tra cui una TAC toracica, la certificazione ha confermato che il lavoratore aveva superato la soglia delle 100 ff/l (fibre per litro) nella media delle otto ore lavorative.. Le successive indagini cliniche hanno rivelato una broncopatia cronica ostruttiva, insieme alla presenza di micronoduli polmonari e microplacche al diaframma, lesioni caratteristiche dell’esposizione a questo materiale tossico. Tali condizioni hanno compromesso gravemente la sua capacità respiratoria, incidendo pesantemente sia sulla qualità della vita sia sulle opportunità lavorative. Cosa che lo ha spinto a richiedere un risarcimento all’INAIL per la malattia professionale.
L’iter legale e la sentenza
Nonostante la chiara correlazione tra la malattia e l’esposizione all’amianto, l’INAIL aveva inizialmente respinto la domanda di indennizzo di Giannetto. Nel 2018, l’ente assicurativo aveva negato l’esistenza di un nesso causale tra la sua malattia e l’esposizione lavorativa, decisione confermata anche in seguito a una prima opposizione nel 2019. Tuttavia, l’ex lavoratore, assistito dall’avvocato Ezio Bonanni, ha continuato la sua battaglia legale, fino a ottenere una perizia medico-legale favorevole. Il CTU (Consulente Tecnico d’Ufficio) ha infatti confermato che le lesioni riscontrate nei polmoni erano compatibili con un’esposizione prolungata all’amianto.
Il 5 ottobre 2024, la giudice del lavoro, Graziella Bellino, ha emesso una sentenza definitiva che riconosce a Giannetto il diritto a un risarcimento per danno biologico. Nella sentenza, si sottolinea che «la patologia broncopatica cronica ostruttiva e le lesioni asbestosiche riscontrate sono riconducibili all’esposizione professionale». L’INAIL è tenuta dunque a corrispondere un risarcimento di 10mila euro per il danno biologico, calcolato sulla base di un’invalidità permanente del 6%, oltre a rivalutazioni monetarie e interessi legali. La sentenza ribadisce inoltre l’importanza di un rigoroso monitoraggio medico per i lavoratori esposti all’amianto, suggerendo un continuo controllo radiologico e funzionale.
Il commento dell’avv. Ezio Bonanni, presidente ONA
«Dopo questa condanna adesso agiremo per il risarcimento del danno e nei confronti di INPS per ottenere la maggiorazione della pensione – annuncia Bonanni – l’ONA in Sicilia, solo di mesoteliomi, e cioè la patologia sentinella, ha censito circa 1.850 casi dal 1998 a oggi e che l’indice di mortalità di questa neoplasia è pari al 93% nei primi cinque anni con circa 1.720 decessi, a cui vanno aggiunti 3.500 per tumore del polmone e ulteriori 1000 per le altre malattie asbesto correlate, per un totale di oltre 6.200 morti. Numeri drammatici, che si ripetono ogni anno, senza che si riesca a far fronte al problema». Ma approfondiamo la questione siciliana.
L’amianto in Sicilia: un problema diffuso
Il problema asbesto in Sicilia non riguarda solo le centrali ENEL, ma si estende a molte altre industrie pesanti come la raffinazione del petrolio, la cantieristica navale e i grandi impianti chimici e siderurgici.
Tra le aree maggiormente colpite spicca Biancavilla, in provincia di Catania, dove i ricercatori hanno identificato la fluoro-edenite, un minerale fibroso simile all’asbesto, presente nelle rocce del vicino Monte Calvario. Utile precisare che da questa cava, si estraevano materiali impiegati nell’edilizia locale. Per anni, la comunità di Biancavilla ha subito inconsapevolmente l’esposizione alla sostanza, con effetti devastanti sulla salute, come il mesotelioma pleurico e l’asbestosi. Nonostante la fluoro-edenite non figuri ancora nelle liste dell’INAIL né sia formalmente riconosciuta dalla normativa italiana come amianto, le indagini scientifiche ed epidemiologiche ne hanno accertato il potenziale cancerogeno.
Solo recentemente, le autorità hanno avviato interventi di bonifica e messa in sicurezza delle aree colpite.
Biancavilla, però, non è un caso isolato. In Sicilia vi sono altre zone considerate ad alto rischio, tra cui i territori di Augusta – Priolo Gargallo – Melilli (provincia di Siracusa), sede delle raffinerie del Polo Petrolchimico, che costituiscono il cuore del cosiddetto “Triangolo della morte”.
In questi impianti, centinaia di lavoratori hanno subìto per decenni l’esposizione al killer silente. Le operazioni di bonifica, avviate solo in seguito, procedono in modo lento e, in molti casi, restano tuttora incomplete. Di conseguenza, i dipendenti e le loro famiglie continuano a pagare il prezzo delle gravi conseguenze legate a una contaminazione che risale a diversi decenni, con ripercussioni profonde sulla salute e sulla qualità della vita.
Gela e Milazzo
A Gela, in provincia di Caltanissetta, uno dei più importanti poli petrolchimici del Mediterraneo, le industrie hanno operato fin dagli anni ’60, esponendo per decenni i lavoratori e la popolazione a sostanze tossiche come l’amianto.
Cosa che ha provocato un aumento preoccupante di patologie gravi, come asbestosi e mesotelioma. Tuttavia, i danni non si fermano qui: in città si sono registrati numerosi casi di malformazioni congenite e tumori, in particolare al colon e al sangue (come leucemie), causati dall’inquinamento industriale che ha contaminato l’aria, l’acqua e il suolo. Negli ultimi anni, le autorità hanno finalmente avviato programmi di sorveglianza sanitaria ed epidemiologica, nel tentativo di monitorare l’impatto dell’inquinamento e contenere i danni che continuano a colpire la popolazione.
Anche Milazzo, in provincia di Messina, ha subito pesantemente l’impatto del suo vasto polo petrolchimico e delle raffinerie. L’esposizione prolungata a sostanze chimiche tossiche ha lasciato segni profondi, contaminando non solo l’aria ma anche le risorse idriche e il mare circostante. Questo quadro di inquinamento ha causato un aumento significativo dei tumori e delle malattie respiratorie tra i residenti. Nonostante i primi interventi di monitoraggio sanitario, in entrambi i casi le operazioni di bonifica avanzano lentamente. Insomma, il pericolo incombe tuttora, visti i lunghi tempi di latenza fra esposizione insorgenza delle patologie asbesto correlate.
L’Osservatorio Nazionale Amianto è impegnato nella tutela delle vittime, dei loro familiari e dei lavoratori esposti tramite il sito o il numero verde 800 034 294