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sabato, Giugno 14, 2025

L’inquinamento è più pericoloso di quanto crediamo

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Respirare aria pulita è un diritto fondamentale, ma oggi questo gesto quotidiano è diventato spesso un rischio per la salute. Vivere o lavorare in ambienti esposti all’inquinamento atmosferico e al particolato aumenta le probabilità di sviluppare malattie croniche.

Nuove ricerche dimostrano che la situazione è ancora più grave di quanto si pensasse: la percentuale di sostanze nocive nel particolato atmosferico, cioè le minuscole particelle sospese nell’aria, è molto più alta di quanto indicato finora dalle misurazioni tradizionali.

La ricerca sui componenti del particolato

Gli scienziati dell’Università di Basilea hanno scoperto che i componenti più pericolosi del particolato, le cosiddette specie reattive dell’ossigeno, sono molto instabili e si degradano rapidamente dopo essere stati raccolti. Questo significa che i metodi di analisi utilizzati fino a oggi, che prevedevano il deposito delle particelle su filtri e analisi ritardate di giorni o settimane, hanno sottostimato in modo drammatico la reale pericolosità dell’aria che respiriamo ogni giorno.

Il peso reale dell’inquinamento sull’organismo

L’inquinamento da particolato è responsabile di malattie respiratorie croniche, disturbi cardiovascolari, diabete e persino demenza. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima oltre sei milioni di morti premature ogni anno legate all’esposizione al particolato. La varietà chimica di queste particelle, provenienti sia da fonti naturali sia da attività umane, è impressionante, e gli scienziati cercano ancora di capire quali siano le più pericolose per la salute.

Un nuovo metodo di misurazione rivoluziona la ricerca

Guidato dallo scienziato atmosferico Markus Kalberer, il team dell’Università di Basilea ha ideato una tecnica innovativa per misurare i radicali dell’ossigeno in tempo reale. Le particelle vengono catturate direttamente dall’aria in una soluzione liquida, dove le sostanze nocive generano segnali di fluorescenza che possono essere rapidamente quantificati. Grazie a questo approccio, si è scoperto che tra il 60 e il 99% dei radicali scompare entro poche ore, una perdita che rendeva inutilmente rassicuranti le analisi tradizionali.

L’effetto sulle cellule polmonari del particolato

Le indagini non si sono fermate alla semplice misurazione. Gli scienziati hanno testato l’effetto delle particelle a vita breve su cellule polmonari, osservando reazioni infiammatorie molto più forti rispetto a quelle provocate dalle particelle analizzate con i metodi classici. Questa scoperta conferma che l’inquinamento atmosferico causa danni maggiori e più rapidi all’organismo di quanto si pensasse.

Il prossimo obiettivo della ricerca sarà perfezionare ulteriormente il dispositivo di misurazione per ottenere dati ancora più precisi sulla composizione e sulla pericolosità del particolato. Comprendere esattamente quali componenti sono più dannosi permetterà di adottare misure di protezione più efficaci e tempestive, a beneficio della salute pubblica.

Particolato: un nuovo campanello d’allarme, come l’amianto

Questa nuova consapevolezza richiama alla memoria la lezione dell’amianto: anche in quel caso, per anni, la gravità del problema fu sottovalutata, con conseguenze tragiche. Oggi abbiamo l’opportunità di agire in anticipo. Investire nella ricerca, migliorare il monitoraggio ambientale e diffondere l’informazione è essenziale per garantire un futuro in cui respirare non rappresenti più un pericolo.

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