Un convegno necessario e commovente è quello che si è svolto a Frascati a il 12 aprile. La voce di ANPd’I (Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia) Colline Romane, si è unita insieme a quelle dell’Osservatorio Vittime del Dovere e dell’Accademia della Legalità per ricordare chi ha perso la vita svolgendo il proprio lavoro.
Un nuovo appuntamento significativo che ha rivisto insieme, dopo il primo convegno del 29 marzo nella stessa città, le realtà attive in prima linea per i diritti di chi è morto servendo la Patria.
Ha presieduto il Par. Gilberto Montebello, Presidente ANPd’I Colline Romane.
Relatori:
Avv. Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Vittime del Dovere e di ONA – Osservatorio Nazionale Amianto.
Dr.ssa Paola Vegliantei, Presidente Accademia della Legalità.
E’ intervenuto il Colonnello nel ruolo d’onore paracadutista elicotterista Carlo Calcagni.
L’apertura del convegno : il silenzio Militare
C’è un silenzio che grida più di mille voci, più di mille spari. Un silenzio che non è pace, ma sospensione. Non è vuoto, ma memoria trattenuta tra le fauci strette della Storia. È il silenzio del suono solenne di una tromba militare, quando l’aria vibra ancora del suo lamento in do minore. Quel silenzio non consola, denuncia. È lo spazio in cui ogni nota si trasforma in domanda: perché? Per chi? A che costo?

Il piccolo Matteo ha avviato il convegno intonando con la tromba le note del Silenzio d’ordinanza. Una melodia che ha squarciato anche una ferita simbolica: quella delle Vittime del dovere, dei parenti che hanno visto i propri cari ammalarsi e morire. Quel che resta è nelle mani dei figli che rimangono a piangere. E’ nelle ossa e nella carne dei soldati contaminati dall’uranio impoverito.
Corpi giovani e belli, come quello di Carlo Calcagni. Silenzio nei polmoni, nel midollo, nei referti.
È il silenzio delle carte insabbiate, delle responsabilità diluite, delle medaglie appuntate su petti che non respirano più. È il silenzio di chi sapeva e non ha parlato, e di chi ha parlato, ma non è stato ascoltato.
E’ qui che si intrecciano etica e politica, memoria e giustizia. È il silenzio che chiede di essere rotto non con il rumore, ma con la coscienza. È il silenzio che chiede non vendetta, ma una verità piena di nomi, di corpi, di domande. E noi, oggi, siamo chiamati ad ascoltarli.
A presiedere il convegno il Par. Gilberto Montebello, Presidente ANPd’I Colline Romane
Dopo i dovuti ringraziamenti ad apertura del Convegno il Par. Gilberto Montebello ha condiviso un dato importante: dal 1961 al 2021 nelle “Missioni di Pace” abbiamo perso 240 commilitoni. Oltre ai feriti, anche gravi, con malformazioni.
Ha quindi elencato queste missioni, una per una, dove centinaia di uomini hanno perso la vita.
E anche qui torna nuovamente il gelo del silenzio di cui parlavamo prima. Chi muore nell’ossimoro di una missione di Pace spesso cade lontano dai clamori della gloria. Il suo nome passa rapido nei notiziari, fra statistiche e aggiornamenti, e poi si dissolve nella memoria collettiva. Qualcuno, come Fabrizio Quattrocchi, rompe la spirale, ma è un fulmine a ciel sereno. Eppure, è proprio in quel sacrificio silenzioso che si cela una delle forme più alte della responsabilità umana: quella di offrire la propria esistenza non contro qualcuno, ma per qualcosa. Ed è in questo paradigma rovesciato della comunicazione che vengono costruiti sia l’immaginario simbolico che le motivazioni di chi viene mandato a morire.
Il convegno prosegue e il Par. Gilberto Montebello ha ricordato la Polizia di Stato, i Carabinieri, i Vigili del Fuoco e la Polizia Municipale. “Ci proteggono e spesso lo diamo per scontato. Anche loro spesso hanno perso la vita svolgendo il proprio lavoro per garantire la nostra sicurezza. Sono le Vittime del dovere che muoiono non in seguito ad una missione, ma per tutelarci quotidianamente” ha affermato.
Hai poi donato al piccolo Matteo un’ampolla piena di sabbia raccolta ad El Alamein. Non quindi una Terra qualunque, ma intrisa di memoria e sangue. Un dono che assume simbolicamente la sacralità di un rituale. In riferimento alle battaglie dove perirono migliaia di italiani.

L’intervento al convegno di Paola Vegliantei, Presidente dell’Accademia della Legalità
Paola Vegliantei, a proposito di ossimori e paradigmi rovesciati nella comunicazione, ha affermato: “Parlare di Missione di Pace è una barzelletta se pensiamo che, rispetto all’elenco fatto dal Par. Gilberto Montebello, sono in realtà 474 i morti da nascondere. Perché l’uranio impoverito non è stato riconosciuto ancora oggi nel 2025 e ci ritroviamo a dover organizzare convegni perché esiste gente che non sa niente del nostro lavoro. Ed è in questi convegni che portiamo come esempio di rettitudine, valori e dignità Carlo Calcagni (soldato contaminato dall’uranio impoverito). L’Accademia della Legalità è nata per portare avanti queste ingiustizie. Noi che siamo delle Forze Armate sappiamo benissimo che è tramite le nostre famiglie che ci è stato trasmesso il dono dell’Amor di Patria.”
In sala presente il padre di Paola Vegliantei, militare che ha servito per 46 anni la Nazione. Un commovente momento del convegno dove il pubblico presente ha applaudito l’uomo che si è alzato con rispetto in piedi. “Se dovremo lottare contro uno Stato assente lo faremo. Sono in tanti a pretendere la sicurezza, ma poi ci vengono negati i risarcimenti e siamo costretti a rivolgerci all’Avvocato” ha ribadito Vegliantei.
Il rispetto ed il respiro
La preghiera del Paracadutista è stata letta con commozione dal Colonnello in ruolo d’onore Carlo Calcagni che ha dimostrato partecipazione ed enfasi assoluta durante tutto il convegno. Dopo le sue parole, di nuovo un minuto di silenzio, stavolta nella veste di ossequioso rispetto rotto dal suo respiro affannato. Nel naso i tubi per insufflare ossigeno nei polmoni in un corpo martoriato da 300 punti di sutura.
Reduce dal suo quarantaduesimo ricovero in Inghilterra, fu inviato nel 1996 in una Missione di Pace nei Balcani come pilota di elicotteri.
Il discorso di Carlo Calcagni durante il convegno
Le parole del Colonnello sono arrivate come un fiume in piena e le riportiamo per intero.
“Signore e Signori, Autorità civili e militari, Fratelli e sorelle nella divisa, Amici tutti, oggi siamo qui, in una sala che non è solo un luogo fisico, ma diventa un tempio della memoria, perché ricordare le vittime del dovere non è una formalità. È un’urgenza. È un atto di giustizia. È un abbraccio collettivo a chi ha donato tutto, fino alla vita, per servire l’Italia.E io sono qui, non solo per onorare i caduti, ma per raccontarvi ciò che significa vivere, dopo essere caduto, restando in piedi. La mia vita ha avuto tre capitoli: il cielo, l’abisso e la rinascita.
Il cielo era la sua casa
Il cielo è stato la mia casa per tanti anni. Come paracadutista prima, come pilota e istruttore di volo poi. Ho respirato l’aria rarefatta dell’altitudine, ho visto l’alba nascere sopra le nuvole, ho imparato che essere militare non è un mestiere, è una missione. Ho servito lo Stato con disciplina, silenzio e dedizione. Ho fatto tutto ciò che mi è stato chiesto e anche molto di più. Poi è arrivato l’abisso. Non in un’esplosione fragorosa. Ma in un veleno silenzioso, invisibile.
Il nemico invisibile
Un nemico invisibile, ma con nome e cognome: URANIO IMPOVERITO. L’uranio impoverito ha segnato il mio corpo come una mina. Mi ha strappato via la salute, il lavoro, la vita com’era. 22 anni di dolore, di ospedali, di diagnosi, di notti infinite a combattere un nemico che non si vede. Ma io non ho mai ceduto, Mai. Perché chi ha imparato a lanciarsi nel vuoto senza sapere se il paracadute si aprirà, non può conoscere la parola resa. E allora è iniziata la rinascita.
Una testimonianza viva
Sono diventato atleta paralimpico, ambasciatore di coraggio, di resilienza, di speranza. Ogni medaglia che ho vinto – e vi assicuro che sono tante – non rappresenta soltanto un metallo appeso al collo. La mia è una testimonianza viva. È un modo per gridare al mondo che la vita, anche quando ti crolla addosso, può essere ricostruita, mattone su mattone, passo dopo passo, respiro dopo respiro. Oggi porto dentro di me le cicatrici della guerra, anche se non esplodono più bombe. Ma le guerre vere non sono sempre quelle che si combattono con le armi. A volte sono quelle contro l’indifferenza, il silenzio, la burocrazia, l’oblio. Io non voglio essere dimenticato.
Mai arrendersi
Ma soprattutto, non voglio che siano dimenticati coloro che non possono più parlare e che non hanno avuto la mia fortuna di sopravvivere. Per questo vi chiedo, con il cuore e con profonda emozione, di fare memoria attiva. Non basta ricordare. Bisogna onorare con le azioni, con l’esempio, con la responsabilità.
E voglio lasciare a voi, oggi, un messaggio che porto tatuato nell’anima: “Mai arrendersi, nonostante tutto e tutti, costi quel che costi.” È più di un motto. È la mia verità. È la mia battaglia quotidiana. Ed è la prova che anche da un dolore immenso può nascere una luce. Una luce che non si spegne mai.”

Cos’è l’uranio impoverito
L’uranio impoverito è un sottoprodotto del procedimento di arricchimento dell’uranio.
Nel 2001 Carla Del Ponte, all’epoca al vertice del Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia, dichiarò che l’uso di armi all’uranio impoverito da parte della NATO avrebbe potuto essere considerato un crimine di guerra. Poco dopo, una ricerca commissionata dal predecessore della Del Ponte, Louise Arbour, affermò che non esiste un trattato ufficiale sul bando delle armi all’uranio impoverito, né leggi internazionali che le vietino espressamente.
La sostanza è pericolosa se direttamente inalata, ingerita, o posta a contatto di ferite, circostanza classica che si verifica quando i proiettili si disintegrano colpendo il bersaglio ed il particolato si disperde in aria, si deposita, inquina l’acqua.Una ricerca effettuata da Diane Stearns, biochimico presso la Northern Arizona University, ha stabilito che cellule animali esposte al sale di uranio solubile in acqua, sono soggette a mutazioni genetiche determinando tumori e altre patologie, indipendentemente dalle sue proprietà radioattive.
La sindrome dei Balcani
Per “sindrome dei Balcani” si intende quella lunga serie di malattie come cancro, leucemie e linfomi che hanno colpito i soldati italiani al ritorno dalle missioni. Da allora le vittime sarebbero state 45 e circa 500 i soldati malati. A sorprendere è che un rapporto di causa effetto tra l’esposizione all’uranio impoverito e queste malattie non sarebbe ancora stato dimostrato. In una sentenza del 2008 il Tribunale di Firenze ha ritenuto la responsabilità del Ministero della Difesa per patologie contratte da un militare in servizio in conseguenza di esposizione all’uranio impoverito. Nel 2006, con il fine di identificare eventuali responsabilità dei vertici militari italiani e della NATO, il Parlamento istituì una commissione d’inchiesta. Fra le diverse ipotesi per spiegare la sindrome dei Balcani e la sindrome della guerra del Golfo, la possibile presenza anche di nanopolveri inorganiche come eventuali concause delle patologie.
Nel 2010 il Consiglio dei ministri diede il consenso agli indennizzi ai soldati che si sono ammalati in seguito alle missioni di pace, nei poligoni e nei siti di stoccaggio. Dobbiamo aspettare il 2019 per il riconoscimento della gravità della contaminazione a cui non sono mancate le reticenze dei vertici militari.
24 buoni motivi per morire
“Ho 24 patologie gravi, quindi 24 buoni motivi per morire e non certo di fame. Quindi non lo voglio il risarcimento” ha affermato Calcagni continuando il suo commovente discorso per il convegno. “Ho bisogno di fare però una precisazione. Nell’elenco del Par. Montebello i morti di cui parla sono deceduti durante le missioni. Esistono più di 600 morti in seguito alle missioni e non avremo mai un funerale di Stato.”
Non si dovrebbe far causa a fronte di un diritto certo
“Carlo Calcagni dovrebbe essere risarcito senza fare causa, a fronte di una situazione chiara. Avendo il Ministero della Difesa riconosciuto la causa di servizio e lo status di Vittima del dovere, il dato è oggettivo e non può essere disconosciuto. Questo anche alla luce di una recentissima sentenza della Corte di Cassazione che ha accolto questa mia tesi.” Ha affermato l’Avv. Ezio Bonanni, presidente di ONA e Osservatorio Vittime del dovere, tra i relatori del convegno. Ed ha continuato: “Le autorità amministrative hanno il potere di decidere, ma devono anche motivare fornendo parametri oggettivi. Nel caso di Calcagni l’autorità ha riconosciuto la causa di servizio e lo status di Vittima del dovere. Quindi a fronte di questo noi non abbiamo un provvedimento negativo tale da agire in giudizio“.
Quanto vale una vita?
L’Avvocato Bonanni ha acceso una luce riguardo ai risarcimenti risibili, che restituiscono un sottotesto atroce ossia “ciò che hai perso non vale poi tanto”.
“Il militare che torna dalle missioni e rimane in vita ha due diritti. Il primo è il risarcimento del danno non patrimoniale e quindi il danno biologico, morale, esistenziale. Il secondo è il risarcimento del danno economico.
La liquidazione del danno parte dai 100 mila euro a salire di poco perché viene risarcito solo il danno terminale. Ossia il danno della lucida agonia prima della morte. L’importo liquidato quindi è davvero basso” ha specificato Bonanni.
“I militari molto qualificati ed eccellenti in Italia non sono molti. Se uno di loro si ammala per una malattia contratta a causa dell’amianto o altre sostanze tossiche diventa un civile malato inidoneo con tutte le relative conseguenze tra cui quella di poter ricevere, una pensione minima.”
Se non esiste un modo giusto di “pagare” per una vita perdita, esiste però certamente un modo sbagliato che non riconosce il peso del dolore, dell’assenza, della vita umana.
Vittime del dovere e vittime del terrorismo
“In passato l’assegno vitalizio per le Vittime del dovere era di 253 euro, mentre l’assegno delle vittime del terrorismo era di 500 euro. Poi la Cassazione dopo varie battaglie le ha parificate.” ha affermato Bonanni, il quale ha anche raccontato alcuni casi borderline: “Ho assistito la famiglia di un carabiniere di Latina che prima di morire aveva ottenuto il riconoscimento di Vittima del dovere. Questo carabiniere fu mandato in una missione antidroga con un altro carabiniere e furono speronati con l’auto. L’uomo si frantumò tutte le ossa, ha vissuto altri 10/12 anni prima di morire. Essendo stato riconosciuto come Vittima del dovere, la vedova e la figlia hanno ottenuto la speciale elargizione dei ratei ma solo fino alla data della morte. Questo perché il decesso è avvenuto per altri motivi da quelli dell’incidente”.
Criticità e ordinarietà
L’Avvocato, vincitore di numerose sentenze storiche, non esita anche a condividere pubblicamente anche le cause perse se necessario a stimolare alla riflessione.
“Un conducente del veicolo sul quale viaggiava l’ufficiale comandante inviato in una sparatoria subì un grave incidente stradale. Nonostante l’ufficiale dei carabinieri testimoniò in giudizio confermando la dinamica, il Tribunale rigettò la domanda ed ho perso la causa. La giustificazione data era che l’incidente rientrava nei rischi possibili del Carabiniere.”
“Qualche giorno fa ho perso la causa di una vittima di asbestosi nonostante la perizia positiva, il riconoscimento della causa di servizio, la CTU positiva di un ingegnere sul rischio. Il Tribunale ha rigettato la domanda negando le particolari condizioni ambientali ed operative eccedenti l’ordinarietà. In pratica viene impostata la difesa sull’affermazione che l’amianto è stato un minerale normalmente utilizzato. Nulla di eccezionale.”
Di segno simile anche un altro caso.
“Ho dovuto iniziare una causa per un elicotterista dello squadrone di Pisa deceduto per mesotelioma al quale fu negato il riconoscimento. Questo perché l’amianto era normalmente utilizzato sul freno rotore degli elicotteri. Vedremo quindi cosa succederà.”
Uranio impoverito
Per quanto riguarda l’uranio impoverito, secondo Bonanni esiste per legge l’onere di inversione della prova anche se non sempre applicato.
“Mi riferisco agli articoli 1078 e 1079 del DPR 90 del 2010 e art. 603 del decreto legislativo 66/2010. Anche la Cassazione 9641 del 2024 si è espressa in tal senso e il Consiglio di Stato 5816 del 2021 e 11363 del 2023.” ha dettagliato l’Avv. Ezio Bonanni.
Il Rapporto Renam 2025
L’amianto fu un pericoloso materiale ampiamente usato in passato. Responsabile diretto di patologie come mesotelioma ed altre forme di tumore.
L’Avvocato Ezio Bonanni ha segnalato, continuando il convegno, l’uscita dell’VIII rapporto del Renam, Registro Nazionale Mesoteliomi dal quale si evince quindi che la sezione difesa ha una percentuale di mesoteliomi del 4,8% dei mesoteliomi nell’intera finestra di osservazione (1993 – 2021) e relativamente a quei casi con attribuzione di esposizione ad origine professionale.
Qui di seguio uno stralcio del documento:
“I settori di attività maggiormente coinvolti sono l’edilizia (4.254 occasioni di esposizione, pari al 16,5% del totale della casistica). Segue l’industria pesante, ed in particolare la metalmeccanica (8,9%), la metallurgia (4,1%) e le attività di fabbricazione di prodotti in metallo (5,7%). I cantieri navali sono al 5,5%, l’industria del cemento-amianto (734 occasioni di esposizione, pari al 2,8%). Continua l’industria tessile (6,5%), dei rotabili ferroviari (3,1%) e il settore della difesa militare (4,8%). L’insieme di questi settori è responsabile di quasi il 60% circa dei casi registrati negli archivi del Registro nazionale.”
La tutela della dignità delle Forze Armate, il convegno necessario
“Se parliamo di Vittima, a mio personale parere non è soltanto colui che muore o si ammala in azione e viene riconosciuto per causa di servizio, ma anche nel caso venga disconosciuto il suo ruolo.”
La funzione di protezione e soccorso delle Forze Armate è importantissima. Pensiamo alla loro preziosità nel caso di calamità naturali, ad esempio come alluvioni e terremoti.
“Per quanto riguarda la dignità dei nostri uomini in divisa, noi di Ona – Osservatorio Nazionale Amianto ci siamo impegnati affinché potessero essere dotati di mezzi adeguati. Non quindi macchine utilitarie, ma mezzi blindati e attrezzature idonee.” ha comunicato Bonanni.
Il confine tra satira e offesa
Bonanni ha inoltre ricordato l’esposto presentato dal tenente Pasquale Trabucco nei confronti della comica Luciana Littizzetto in seguito alle dichiarazioni fatte durante la Trasmissione “Che Tempo che fa”. Un caso che ha diviso l’opinione pubblica.
E’ un dato di fatto che molte persone, soprattutto tra le Vittime del dovere, si sono sentite ferite. Sarà l’iter processuale a stabilire se è stato superato il confine tra satira e offesa.
“Sostengo con forza la posizione di Pasquale Trabucco e porteremo avanti la denuncia perché ci sono cose che non andrebbero toccate. Sono molto sorpreso dal fatto che le istituzioni non siano intervenute” ha ribadito Bonanni durante il convegno.
Missione di pace o di guerra? Il convegno insiste sulla contraddizione
Carlo Calcagni ha ricordato una situazione critica in Bosnia dove una pattuglia di soldati italiani è stata accerchiata da uomini armati. In quell’occasione il colonnello intervenne con un elicottero.
“Una situazione dove ci siamo sentiti impotenti perché abbiamo chiesto alla sala operativa il permesso per fare fuoco. Tuttavia l’arrivo della risposta in quesi casi può arrivare anche troppo tardi, quando magari sei già morto. La nostra fortuna è stata che con il mio arrivo in elicottero gli uomini che ci avevano accerchiati si sono spaventati. Poteva finire davvero male, soprattutto perché in quel momento quella era una zona di guerra.” ha raccontato il Colonnello.
La proposta a Carlo Calcagni
L’avvocato Bonanni ha proposto a Carlo Calcagni di elaborare insieme un protocollo rivendicativo da pubblicare con Casa Editrice da inviare a tutte le autorità civili e militari. Nel documento, tra le varie proposte, l’Avvocato ha ipotizzato l’impiego operativo delle Forze Armate su più fronti. Ad esempio per la lotta contro il crimine organizzato e per il controllo del Territorio, contro lo spaccio. Per la salvaguardia dei bambini in ruoli particolarmente pericolosi ed il coinvolgimento di Ufficiali per l’insegnamento nelle scuole.
Vittime non una sola volta
Bonanni ha ricordato i casi di parenti delle vittime contaminate dall’amianto. Ad esempio mogli che lavavano gli indumenti dei mariti pieni di fibre killer per poi ammalarsi di malattie asbesto correlate, oppure parenti contaminati dall’uranio in quanto congiunti con un militare, come il caso Santospirito.
Una metamorfosi culturale
La mia proposta operativa è quella di creare una massa critica, una forza d’urto per aggregare le energie. Per un’azione culturale, sociale, morale e soltanto in via residuale in via giudiziaria” ha concluso l’Avvocato Ezio Bonanni.
E grazie alle sue parole il silenzio viene spezzato, ma c’è ancora troppa strada da fare.