L’amianto continua a essere, a distanza di decenni, un tema di grande attualità e rilevanza sociale. Nonostante il suo utilizzo sia vietato in Italia dal 1992, le conseguenze dell’esposizione pregressa continuano a manifestarsi. In particolare tra i lavoratori impiegati nel settore della cantieristica navale.
Una nuova intervista del giornalista Luigi Abbate all’Avvocato Ezio Bonanni
A porre nuovamente l’attenzione su questi casi è l’ONA- Osservatorio Nazionale Amianto guidata dall’Avvocato Ezio Bonanni, che da anni si occupa della tutela legale delle vittime dell’amianto. In particolare, l’ONA ha seguito numerosi casi che riguardano ex lavoratori impiegati nei cantieri navali. Nel video Bonanni riporta l’esempio di alcune sentenze vinte nei confronti di alcune realtà industriali.
Secondo quanto segnalato dall’ONA, l’uso dell’amianto nei cantieri navali è stato estremamente diffuso almeno fino ai primi anni ‘90, sia nella costruzione sia nella manutenzione delle unità navali — militari e civili.
Molti di questi cantieri, inizialmente gestiti da aziende diverse, nel tempo sono stati assorbiti da alcune società, attraverso operazioni come, ad esempio, fusioni per incorporazione. Secondo Bonanni, in alcuni casi la società incorporante può essere chiamata a rispondere anche delle responsabilità pregresse. Soprattutto quando ha assunto il controllo operativo e organizzativo del cantiere.
Un ulteriore aspetto riguarda la questione degli appalti e subappalti
L’ONA ha ottenuto nel tempo diversi successi in ambito civilistico. Con riconoscimenti risarcitori a favore di ex lavoratori o dei loro familiari. Ciò si è reso possibile anche grazie all’applicazione dell’art. 2051 del Codice Civile, che disciplina la responsabilità del custode di un bene nel caso in cui ne derivi un danno, come nel caso della disponibilità materiale di ambienti contaminati da amianto.
L’uso dell’amianto, spiega l’Avv. Bonanni, ha determinato una diffusa dispersione di fibre altamente pericolose. In molti casi non sono state adottate adeguate misure di contenimento o bonifica, nonostante le evidenze scientifiche sulla pericolosità della sostanza fossero note già da tempo.
La battaglia dell’ONA, ad oggi, continua sia sul piano giudiziario che su quello della sensibilizzazione pubblica. L’obiettivo è di garantire giustizia alle vittime, rafforzare la prevenzione e chiedere maggiore rigore nell’applicazione delle normative in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro.



