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domenica, Maggio 18, 2025

Il monitoraggio dell’amianto nell’aria è a una svolta

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Uno studio pilota a Reggio Emilia apre nuove strade per il monitoraggio ambientale dell’amianto. Ha testato infatti una nuova metodologia per rilevare fibre di amianto aerodisperse in ambiente esterno con un limite di rilevabilità inferiore a 0,1 ff/L. Si tratta di una novità importante nel panorama del monitoraggio ambientale e per la lotta all’amianto.

Da dove arrivano le fibre di amianto?

L’amianto è stato bandito in Italia da oltre trent’anni, eppure molti edifici, tetti, tubature e vecchi manufatti contengono ancora le fibre killer. Con il tempo, quando questi materiali si degradano, rilasciano nell’aria minuscole fibre responsabili di infiammazioni gravi e cancro.

Queste fibre possono finire nell’aria per diversi motivi. Alcune fonti sono naturali, ma nella maggior parte dei casi il rilascio è causato da attività umane, come:

  • il degrado di vecchi materiali contenenti amianto (MCA),
  • le operazioni di bonifica, trasporto e smaltimento,
  • incendi, alluvioni o terremoti che danneggiano strutture contaminate,
  • la presenza di discariche e siti industriali inquinati.

Per valutare quanto sia presente amianto nell’aria che respiriamo ogni giorno, servono strumenti e metodi precisi. Ed è proprio questo lo scopo dello studio pilota a Reggio Emilia.

Come si misura l’amianto nell’aria?

ARPAE Emilia-Romagna ha testato una metodologia avanzata presso due stazioni di monitoraggio dell’aria a Reggio Emilia: una in zona urbana (San Lazzaro) e una in una strada trafficata (Viale Timavo). Per sette giorni consecutivi, 24 ore su 24, l’aria è stata filtrata e analizzata con strumenti ad altissima precisione.

Le fibre raccolte sono state osservate al microscopio elettronico a scansione (SEM), in grado di ingrandire fino a 3000 volte, e sottoposte a microanalisi chimica. Il limite di rilevabilità raggiunto è inferiore a 0,1 fibre per litro (f/L), soglia che l’Organizzazione Mondiale della Sanità considera come livello di esposizione trascurabile.

I risultati: buona notizia, ma attenzione

Durante il periodo di monitoraggio, i livelli di amianto aerodisperso sono risultati molto bassi, al di sotto della soglia di attenzione: solo in due giornate si sono registrati valori di 0,04 e 0,03 f/L. Questo è un dato rassicurante per la popolazione. Tuttavia, lo studio sottolinea che questi livelli possono variare in presenza di cantieri, eventi climatici estremi o interventi di bonifica.

Anche il meteo incide: il vento può sollevare fibre da suolo e materiali, mentre la pioggia può sia pulire l’aria sia favorire il rilascio di fibre da materiali esposti. Lo studio ha integrato i dati meteorologici per comprendere meglio questi fenomeni e migliorare la lettura dei risultati.

Una metodologia che può fare scuola

La tecnica adottata a Reggio Emilia ha mostrato tre grandi qualità:

  • sensibilità: capace di rilevare quantità minime di amianto.
  • Affidabilità: con un’incertezza di misura contenuta.
  • Riproducibilità: può essere replicata in altri territori, offrendo una base per futuri monitoraggi.

Questi aspetti la rendono uno strumento prezioso per chi lavora nella tutela ambientale e nella prevenzione sanitaria.

E ora? Serve una normativa chiara

L’amianto all’aperto non è ancora disciplinato da una legge specifica. Ma i risultati di questo studio aprono la strada a una futura regolamentazione. Inserire il monitoraggio dell’amianto nei Piani di Monitoraggio Ambientale, specialmente in zone a rischio, dovrebbe diventare la norma, non l’eccezione.

Il lavoro svolto a Reggio Emilia rappresenta una pietra miliare per chi vuole un ambiente più sicuro e più sano. Ora tocca alle istituzioni fare il prossimo passo: trasformare la ricerca in regole condivise.

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