Vitriol è un acronimo usato in ambito alchemico ed esoterico che indica la via da seguire per la propria crescita interiore.
Vitriol: significato dell’acronimo
L’acronimo latino è “visita interiora terrae, rectificando invenies occultum lapidem”, che tradotto significa “visita il centro della terra e rettificando troverai la pietra occulta”.
La parola compare per la prima volta sul manoscritto “Azoth”, scritto nel 1613 del monaco benedettino tedesco Basilio Valentino.
Essa indica la prima materia, il solvente universale con cui si può operare un processo di scioglimento e coagulazione.
Utile precisazione: nel seicento, il neoplatonismo auspicava il ricongiungimento tra microcosmo (l’uomo, il suo essere interiore) e il macrocosmo (Dio, l’Universo).
In questo senso, Vitriol era di fatto un pensiero alchemico, una formula che richiamava appunto il “solve et coagula”, quale ricongiungimento dell’uomo con sé stesso e con Dio.
Cosa possibile solo attraverso un cammino di purificazione, un processo trasmutativo (dal punto di vista simbolico), in cui bisogna dapprima sciogliere la “pesantezza” dell’anima per poi riunirla all’Essenza di tutte le cose.
Varie interpretazioni di Vitriol
Dal punto di vista alchemico, Vitriol si riferisce alla “pietra filosofale”, con cui si riteneva di poter trasformare il piombo in oro.
Da un punto di vista strettamente esoterico, simbolico, il messaggio nascosto dietro alla parola è “guarda dentro te stesso e troverai la pietra nascosta”, vale a dire l’anima.
Vitriol è altresì l’acrostico della parola vetriolo, che in chimica indica l’acido solforico, un componente utile, ma anche tossico.
In questo caso, il significato “nascosto” è il seguente: se si raggiunge una certa levatura spirituale, si può usarla per il proprio miglioramento e per quello altrui, dando vita ai processi costruttivi del vetriolo.
Se si decide di utilizzarla per danneggiare sé stesso e gli altri, essa sortisce gli effetti velenosi dell’acido.
In buona sostanza: più il potere della conoscenza aumenta, più le responsabilità aumentano, dunque bisogna essere all’altezza delle scoperte interiori che si fanno.
Vitriol nel “gabinetto delle riflessioni”
Trovare la propria anima è il punto di partenza di ogni disciplina esoterica e di ogni cammino iniziatico. Per tali ragioni, la scritta campeggia, insieme a molti altri simboli, all’interno del cosiddetto “gabinetto delle riflessioni” dei templi massonici.
Parliamo di uno stanzino buio, in cui l’iniziando scrive il proprio “testamento spirituale” prima di essere ammesso in loggia.
Esaminiamo il significato simbolico, analizzando ogni singola parola dell’acronimo.
Scopriremo che nelle lettere di vitriol ci sono tutte le fasi del processo alchemico di trasformazione interiore.
Visita interiora terrae: come si fa a visitare la terra interiore?
La prima parte della formula ci dice che dobbiamo “visitare la terra interiore”.
Che vuoi dire? Quali sono i meccanismi che possono condurci a questo viaggio alchemico di trasformazione interiore?
Iniziamo col dire che “visita” è un termine legato etimologicamente a “vista” (dal sanscrito vid che vuol dire conoscere).
Si riferisce all’occhio, l’organo che vede la luce.
Ed è proprio la luce ciò che cerca l’iniziando all’ingresso nel tempio: la luce di Dio e della conoscenza.
La luce spirituale tuttavia è qualcosa che si piò ottenere solo se l’occhio (interiore) ha la volontà di riceverla.
Che significa “terra interiore”?
La terra interiore è un concetto denso di significati.
- E’ il nostro centro di gravità, la nostra essenza, il punto d’incontro di ogni esperienza periferica;
- Per gli alchimisti, la terra interiore è l’humus, parola da cui deriva l’aggettivo umile (colui che proviene dalla terra, dal basso). E qui il significato subisce una biforcazione. Senza umiltà non si va da nessuna parte, dall’humus si ricava la materia prima della nostra terra interiore, il limo, da trasformare in oro attraverso il cammino;
- Parlando di cammino, visitare la terra interiore vuol dire anche visitare il nostro inferno interiore, il lato oscuro. Ciò è possibile solo attraverso la catabasi, la discesa al mondo di sotto, la morte spirituale e la successiva risalita che porta a un nuovo ciclo di rinascita e di trasformazione.
Rectificando: come avviene la rettifica?
Il primo verso della Divina Commedia di Dante Alighieri (Inferno, primo canto) recita “nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la dritta via era smarrita”.
Il Sommo Poeta parla della “dritta via”, la retta via smarrita.
La rettificazione di cui parla si riferisce al cammino iniziatico, compiuto dall’anima attraversando simbolicamente l’inferno, il suo lato oscuro, per poi raggiungere la luce, dopo aver rettificato (corretto, reso “retto”) il suo comportamento.
Dal punto di vista atomico, rettificare la materia vuol dire renderla in grado di trasformare, assorbire e riflettere la luce come cristallo, come sale (il nome Cristo è assimilato alla purezza del cristallo).
Nel crogiolo alchemico, la rettifica avveniva attraverso il calore e gli acidi.
In ambito massonico, la rettifica avviene attraverso l’uso della squadra (simbolo di rettitudine) e del compasso (l’abilità di mantenere perfetta la propria condotta) e che porta alla cosiddetta “quadratura del cerchio”.
Invenies occultum
Rettificando il tuo comportamento, invenies “troverai” l’occulto, ciò che è “nascosto”. Il termine occulto merita un piccolo approfondimento. In realtà, si parla di occulto non perché si voglia nascondere qualcosa, ma perché se non siamo in grado di guardare dentro di noi, non siamo in grado di percepire la nostra essenza “nascosta”.
Ritornaniamo alla prima parte della formula: la nostra vista deve cambiare per poter vedere quello che abbiamo sotto gli occhi.
Occultum lapidem: la pietra occulta
E qui arriviamo all’ultima frase sibillina.
Dobbiamo trovare la pietra occulta o ciò che è occultato nella pietra? Di quale pietra si parla?
Michelangelo diceva «ogni blocco di pietra contiene un numero infinito di forme umane, spetta allo scultore materializzare la propria visualizzazione».
La pietra è dunque qualcosa che nasconde in sé forme che per emergere devono essere sgrezzate.
In un passo della Genesi si legge che Giacobbe “fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa”. Durante il sonno, utilizzò come cuscino la dura pietra, mentre parlava con Dio.
Concettualmente, l’immagine rappresenta il massimo della smaterializzione: grazie al massimamente materiale (la pietra) si può raggiungere il massimo dell’immateriale. Questo è il senso dell’occultum lapidem. Ma c’è dell’altro. Giacobbe prese la pietra, la consacrò con l’olio e da essa trasse l’acqua che abbeverò il suo popolo nel deserto.
La pietra occulta è un simbolo importante anche in massoneria.
La pietra scartata (si è staccata dal trono di Dio ed è precipitata nell’abisso) dai costruttori (e cioè dalle Sefirot dell’edificio cosmico) è diventata pietra d’angolo (cioè fondamento del mondo).
Tutto il lavoro degli iniziati si focalizza sull’opera di cesellamento della pietra grezza, da cui appunto si ottiene una pietra levigata.
Vitriol: l’emblema di tutta l’opera alchemica.
Riassumendo l’acronimo arriveremo alla soluzione: se guardando la nostra parte interiore, riusciremo a liberare lo spirito dalla materia, a ripulirlo, alleggerirlo, dal punto di vista morale ed etico, otterremo la pietra filosofale.
Tutto deve partire da noi, dalla nostra volontà, dal nostro cammino incrociato, in cui sacro e profano non devono essere separati ma convivere per il progresso nostro e del genere umano.
Solo così passeremo dalla fisica alla metafisica.
Riferimenti
Azoth- Basilio Valentino
L’esoterismo islamico- René-Jean-Marie-Joseph Guénon