Il 9 luglio, nella Sala Laudato Sì del Campidoglio, a Roma, l’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA) ha organizzato un convegno intitolato “Amianto e Uranio Impoverito, in Guerra e in Pace: il Ruolo dell’Europa e le Funzioni dell’Avvocatura”. Moderato dalla giornalista Valentina Renzopaoli, l’evento ha acceso i riflettori su una tragedia silenziosa che continua a mietere vittime in tutto il mondo. Tra i partecipanti di spicco c’era il Colonnello del Ruolo d’Onore dell’Esercito Italiano Carlo Calcagni, la cui testimonianza ha offerto un volto umano ed un cuore pulsante ad una battaglia che troppo spesso è relegata soltanto ai numeri ed alle statistiche.
Uranio impoverito e amianto: la denuncia dell’ONA
L’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’ONA, ha presentato dati allarmanti relativi all’impatto devastante dell’amianto e dell’uranio impoverito sui militari italiani. «L’Osservatorio Nazionale Amianto ha registrato una più elevata incidenza epidemiologica per malattie asbesto correlate e tumorali tra i nostri uomini in divisa». In particolare, durante i bombardamenti NATO della guerra in Jugoslavia del 1999, l’uso di proiettili all’uranio impoverito ha causato la morte di oltre 600 militari italiani. Altri ottomila si sono gravemente ammalati. Tra questi, il Colonnello Carlo Calcagni.
Carlo Calcagni: una vita al servizio della Patria
Carlo Calcagni, Colonnello del Ruolo d’Onore dell’Esercito Italiano, rappresenta una figura emblematica di coraggio e determinazione nella lotta contro l’uranio impoverito. Durante il convegno, il Colonnello ha condiviso la sua esperienza, offrendo un volto umano alla tragedia che ha colpito migliaia di militari.
Calcagni ha servito come pilota militare nelle missioni internazionali in luoghi di conflitto come la Bosnia-Erzegovina, dove ha svolto, tra le altre cose, il servizio MEDEVAC, missioni di evacuazione medico-sanitaria, il più nobile dei servizi per la collettività: salvare vite umane. «Io pago, oggi, sulla mia pelle, lo scotto di essere stato un servitore fedele dello Stato, rispettoso del Tricolore e della Patria. Per amor di Patria, sono stato impiegato in numerose missioni di pace ed aiuto umanitario in Italia e all’estero, per garantire l’incolumità e la sopravvivenza di militari e civili e per la mia professionalità sono stato encomiato per aver dato lustro all’Esercito Italiano ed all’Italia intera» racconta Calcagni.
La diagnosi e la lotta contro l’uranio impoverito
Nel 2002, mentre era in servizio, Calcagni scoprì di essere affetto da una grave malattia, cronica, degenerativa ed irreversibile, causata dall’esposizione a nanoparticelle di metalli pesanti e radiazioni ionizzanti. «In una missione di pace e soccorso nei Balcani nel 1996 sotto l’egida delle Nazioni Unite, sono venuto a contatto con un nemico invisibile e subdolo: l’uranio impoverito – spiega – un nemico con un nome ed un cognome, ma innominabile, ancora oggi». Nonostante la consapevolezza dei rischi, chi sapeva «ha taciuto, non ha informato e non ha tutelato i suoi uomini, esponendo tutti noi al prezzo altissimo della vita o comunque di malattie invalidanti, degenerative ed irreversibili. Le Commissioni mediche militari hanno accertato, verificato e riconosciuto il nesso causale, efficiente e determinante, tra il servizio nei Balcani e la massiccia contaminazione da metalli pesanti che hanno generato la malattia ed un danno permanente del 100%».
Da allora, Calcagni ha affrontato la sua malattia con coraggio e determinazione, rifiutando di arrendersi di fronte all’indifferenza istituzionale.
«Io ho avuto il coraggio, la forza, la determinazione e la tenacia per andare avanti e non arrendermi di fronte alla malattia e di fronte al silenzio assordante delle Istituzioni», afferma con orgoglio.
Un eroe non troppo silenzioso
Il Colonnello continua la sua battaglia non solo per sé, ma per tutti coloro che non hanno potuto denunciare. Dopo aver reso pubblica la sua situazione in un’intervista alle Iene, il 25 maggio 2021 ha subito l’umiliazione di essere spogliato dell’Uniforme, perché gli è stato “revocato” il richiamo in servizio nel Ruolo d’Onore, ma continua a considerarsi un soldato fedele.
«Non l’ho fatto per me o per ottenere il risarcimento del danno, ma per il rispetto che merito, per i miei cari che posso guardare ancora con la fierezza e l’orgoglio di chi sa di essere custode della vera verità e per tutti coloro che per paura o impossibilità non hanno potuto denunciare ed ottenere giustizia».
«È per questo che oggi continuo a lottare e a denunciare, nonostante l’indifferenza delle Istituzioni, ma con il rispetto massimo per la Patria ed il Tricolore che vorrei ancora servire con onore ed orgoglio, coltivando la speranza che il futuro possa ristabilire la vera verità dei fatti, per tutti coloro che fino ad oggi hanno ingiustamente sofferto e subito», conclude Calcagni, incarnando lo spirito indomabile di chi non si arrende mai.