La ricerca scientifica ha spostato il picco dei casi di mesotelioma e altri tumori legati all’amianto, dal 2020 al 2030. L’Osservatorio nazionale amianto e il suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, grazie ai dati raccolti negli ultimi 20 anni, sostengono da tempo che il maggior numero delle malattie arriveranno tra il 2025 e il 2030. Ora il dato è stato confermato.
A Monfalcone presentati risultati della ricerca
Nei giorni scorsi a Monfalcone si è tenuto un incontro per fare il punto sulla ricerca medico scientifica sulle patologie asbesto correlate. All’evento i responsabili della Lilt isontina e dell’università di Trieste. Qui il problema è emerso in tutta la sua drammaticità.
Tra qualche anno dovremo, infatti, affrontare un numero ancora maggiore di pazienti con tumori diversi che chiederanno risposte mediche e legali. Un dramma per il quale non siamo ancora preparati. Nonostante, come dimostra il VII Rapporto mesoteliomi dell’INAIL, i casi siano cresciuti negli anni, mettendo in evidenza in tutta la sua gravità il fenomeno amianto.
La storia dell’amianto e i tumori correlati
Già negli anni ’40 era nota la pericolosità di questo minerale, eppure le aziende hanno continuato ad utilizzarlo, anche quando i lavoratori hanno cominciato ad ammalarsi e a morire. E una legge che lo vietasse sia arrivata soltanto nel 1992. L’Italia è stato uno dei primi Paesi a mettere al bando l’asbesto, comunque troppo tardi per evitare una lunga scia di dolore. La storia si può leggere nel testo di Bonanni: “Il libro bianco delle morti di amianto in Italia, ed. 2022”.
Non esiste una soglia minima di rischio
Un altro concetto che è stato ribadito, spiega ilgoriziano.it, che il presidente Ona ha menzionato in tutte le cause portate avanti per gli ex lavoratori colpiti dal mesotelioma o da altre neoplasie, è che non esiste una soglia minima di rischio. Una sola fibra può causare danni irreparabili. Non come sostenuto più volte dalle difese delle varie aziende chiamate a rispondere dei danni da amianto davanti a un tribunale.
Tumori da amianto, fondamentale la prevenzione
Gli esperti intervenuti hanno parlato della prevenzione primaria e secondaria. La prima è relativa all’importanza di evitare ogni esposizione e quindi ad impedire la malattia. La seconda riguarda invece la sorveglianza sanitaria delle persone più a rischio. Gli ex lavoratori e tutti quelli che sono stati per anni a contatto con l’amianto.
Proprio in relazione a questo gli studi si focalizzano sul codice genetico. Confrontando i campioni di dna dei pazienti sono state analizzate le varianti maggiormente riscontrate. Queste sono considerate varianti di rischio e in futuro permetteranno di concentrare, su particolari soggetti, la sorveglianza sanitaria.
Infine, è stato illustrato il progetto “In.P.Pato”. Con il processo di internizzazione le fibre perderebbero il loro potenziale tossico. Lo studio è già in corso dal 2015.