L’Asvis – Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile ha presentato, il mese scorso al Cnel, il suo ultimo rapporto sul tema. Il dato più preoccupante è l’aumento del divario tra le varie Regioni italiane. La crescita nella Penisola, purtroppo, continua a non essere omogenea. E la pandemia ha peggiorato la situazione.
Cosa si intende per sviluppo sostenibile
Lo sviluppo sostenibile è quello che riesce a rispondere alle esigenze della generazione attuale, ma anche a quelle di chi verrà dopo. In questo senso l’economia sostenibile non è orientata soltanto al profitto, ma al benessere e al miglioramento della qualità della vita. Il concetto di sostenibilità, quindi, deve essere parte centrale e fondamentale dello sviluppo sociale, economico e ambientale di tutte le nazioni.
La definizione ampiamente condivisa è quella contenuta nel rapporto Brundtland, scritto nel 1987 dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo. Prende il nome dall’allora premier norvegese Gro Harlem Brundtland, che presiedeva la commissione:
“Lo sviluppo sostenibile, lungi dall’essere una definitiva condizione di armonia, è piuttosto processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali”.
Soddisfare i bisogni di ogni individuo presuppone non solo eliminare la povertà, ma anche che tutti abbiano le risorse necessarie per sostenere la crescita del proprio Stato. Il sistema politico quindi, dovrebbe anche assicurare la partecipazione dei cittadini al processo decisionale.
La sostenibilità ha quindi 3 aspetti fondamentali, quello economico, quello sociale e, infine, quello ambientale. Tutti devono essere attuati per realizzare uno sviluppo completamente sostenibile.
Sviluppo sostenibile, l’Italia viaggia a diverse velocità
L’indagine dell’Asvis è stata condotta attraverso l’utilizzo di indici compositivi in relazione ai 15 obiettivi dell’Agenda Onu 2030 perseguiti da Regioni, Province e Città metropolitane. L’Italia come sempre viaggia a diverse velocità e, complice anche il Covid, le differenze aumentano.
Gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite
Sono 17 gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Il primo è sconfiggere la povertà. E poi eliminare la fame nel mondo. Seguono salute e benessere, istruzione di qualità e parità di genere. Come pure acqua pulita e servizi igienico-sanitari, energia pulita e accessibile. Si punta anche ad un lavoro dignitoso e ad una crescita economica. Tra gli obiettivi hanno un importante ruolo anche imprese, innovazione e infrastrutture. Gli Stati devono poi ridurre le disuguaglianze e realizzare città e comunità sostenibili. Attuare un consumo e una produzione responsabili. Devono lottare contro il cambiamento climatico e preservare la vita sott’acqua e sulla terra. Perseguire pace, giustizia e istituzioni solide.
Tutti obiettivi che possono sembrare di ardua realizzazione, se non impossibili. Invece è necessario indirizzare verso questi propositi tutte le nostre energie e tenerli da conto quando facciamo le nostre scelte, a livello locale, nazionale e internazionale. Ovviamente, come da tempo sostengono l’Osservatorio nazionale amianto e il suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, gli Stati devono cooperare tra loro per poterli raggiungere, per una transizione non soltanto ambientale, ma etica e sociale. In cui la tutela dell’ambiente è strettamente legata a quella della salute.
Aumenta il divario per povertà e salute
Sono diversi gli obiettivi fissati dall’Agenda 2030 per cui le Regioni si sono mosse, tra il 2010 e il 2021, con velocità differenti. Sono povertà, salute, parità di genere, energia, lavoro, città e comunità.
Solo relativamente ad economia circolare e giustizia e istituzioni la differenza è diminuita. Per gli ultimi 5 obiettivi la situazione è rimasta invariata.
“Il ritardo del nostro Paese – ha dichiarato il presidente del Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro), Tiziano Treu – nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 Onu trova ragione in un errato modello di sviluppo i cui effetti devastanti, in termini di cambiamenti climatici, generano un’automatica accentuazione delle disuguaglianze sociali”.
“Questa situazione – ha aggiunto – oggi aggravata dalla pandemia e dal complesso contesto geopolitico internazionale affonda, in verità, le proprie radici in problematiche strutturali del nostro sistema economico-produttivo e sociale che possono trovare soluzione solo in serie politiche volte a colmare i divari territoriali, generazionali e di genere. In questo quadro si collocano le cosiddette priorità trasversali previste dal Pnrr e la necessità di nuove competenze, soprattutto digitali, in capo a tutti i cittadini”.
Decalogo per un’Agenda territoriale
Il rapporto non analizza soltanto i dati. All’interno si trova anche un “Decalogo per un’Agenda territoriale per lo sviluppo sostenibile”, che contiene spunti di miglioramento concreti e attuabili.
Si è soffermato, per esempio, sulla necessità di un controllo dell’urbanizzazione, soprattutto in questo momento in cui i cambiamenti climatici hanno aumentato gli eventi estremi. Quanto accaduto nelle Marche e ad Ischia, solo per citare due casi, lo dimostrano.
Da almeno tre legislature, tuttavia, il Parlamento non riesce a legiferare in materia di consumo del suolo e rigenerazione urbana. Asvis, assieme all’associazione degli urbanisti, propone l’attivazione di una sede di confronto interistituzionale con tutti gli stakeholder istituita dalle Commissioni Ambiente e Territorio di Camera e Senato. Avrebbe 6 mesi di tempo per individuare il “nucleo essenziale” delle questioni che necessitano di un aggiornamento normativo indicando anche lo strumento, legislativo o amministrativo.
Tra le altre proposte del rapporto le più importanti sono l’approvazione in via definitiva della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile. L’estensione a tutti i ministeri dell’Agenda urbana per lo sviluppo sostenibile del Mims (oggi Mit) approvata il 20 ottobre scorso. L’attuazione delle raccomandazioni sul dissesto idrogeologico della deliberazione della Corte dei Conti in materia di finanziamenti, di accelerazione dei tempi degli interventi e di governance.