Nel febbraio del 2020 la spiaggia di Marechiaro, in località San Vito, a Taranto, fu sequestrata per la presenza di cumuli di rifiuti, tra cui il famigerato amianto. Ora uno studio condotto Dipartimento di Scienze della terra e geoambientali dell’università di Bari (UniBa), ha confermato che nella zona furono sversati materiali pericolosi e anche il periodo in cui questo avvenne. La ricerca è pubblicata sulla rivista Marine Pollution Bulletin.
Prendendo il sole qualcuno si accorse che qualcosa non andava
Come riporta Iltaccoditalia.info, dopo aver intervistato il coordinatore dello studio, il prof. Massimo Moretti, tutto nacque da alcuni giorni di relax sulla spiaggia di Marechiaro. Il docente di Sedimentologia ha notato una strana conformazione della sabbia e si è reso conto che molti erano frammenti di cemento amianto.
Nacque così l’idea dello studio e fu organizzata una squadra di ricerca che ha scoperto cose davvero molto interessanti. Intanto il materiale proviene da una falesia, una scogliera, di circa 3 metri, formata da cemento amianto. Come pure da altro materiale di risulta edile, per esempio, o di strade. Questa falesia, a causa degli agenti atmosferici come le precipitazioni o l’erosione marina, veniva privata dei suoi componenti che finivano in mare e in spiaggia.
Le ricerche sulla spiaggia di Marechiaro
I rifiuti stessi hanno svelato anche il periodo in cui sono stati smaltiti illegalmente, provocando così l’ennesimo disastro ambientale. Per quanto riguarda l’amianto in particolare grazie alla data di scadenza di alcune lattine è stato possibile capire che tanto dell’amianto presente fu abbandonato proprio dal 1992, l’anno in cui è entrata in vigore la legge che lo metteva al bando. Qualcuno, evidentemente se ne è liberato nel modo peggiore, non preoccupandosi di tutelare l’ambiente in cui vive e dove sono cresciuti i loro figli.
A preoccupare, ovviamente, è la dispersione delle fibre di amianto, aumentato dallo sfregamento della sabbia con il materiale e dal tempo trascorso dalla sua realizzazione. Più il materiale diventa vecchio, più perde la qualità aggrappante disperdendo fibre molto pericolose per la salute. Come spiega, infatti, il presidente dell’Ona – Osservatorio nazionale amianto, l’avvocato Ezio Bonanni, ne “Il libro bianco delle morti amianto in Italia – ed. 2022”, l’asbesto è cancerogeno.
Tutti i rischi legati all’amianto
Alcuni studi scientifici lo dimostrarono già negli anni ’40 e poi negli anni ’60. Le aziende, però, purtroppo, continuarono ad utilizzarlo fino alla sua messa al bando. Questo provocò tantissimi decessi per mesotelioma, ma anche tumore del polmone, laringe, faringe, ovaie e colon. Tantissimi lavoratori si ammalarono, anche delle altre patologie asbesto correlate. Numeri che crescono ancora oggi a causa delle mancate bonifiche, degli edifici ancora contaminati e delle discariche abusive come questa. E anche a causa della lunga latenza tra l’esposizione e la manifestazione della malattia.
“Tutelare l’ambiente e la salute è fondamentale, a livello etico ma anche per un notevole risparmio economico nel lungo periodo. I reati ambientali sono davvero disdicevoli, perché causano danni ai cittadini e al territorio per intere generazioni. Danni che a volte non si possono recuperare”. Questo il pensiero del presidente Ona, che si batte per le bonifiche (anche con una App apposita), e per sensibilizzare le persone e le istituzioni.