Spagiria era una tecnica alchemica attraverso cui si estraeva la “quintessenza” dalle piante, per ripristinare i tre equilibri corporei: corpo, mente e anima.
Spagiria: etimologia del termine
L’etimo deriva da due verbi greci: σπάω spao «dividere, estrarre» e ἀγείρω agheiro «unificare». Il termine “geros”, compone la parola geroglifico “glifo divino”. Quindi la parola “spagyria” potrebbe significare “estrarre ciò che vi è di divino”.
E’ in pratica l’arte alchemica del “solve et coagula”, attraverso cui si estraggono i principi attivi dalle piante, potenziandoli, depurandoli e poi riunendoli.
A coniare il termine, Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim, meglio noto come Paracelso (1493-1541) un medico, alchimista e astrologo svizzero. Fu proprio lui a portare il metodo alla ribalta.
Formazione di Paracelso
Utile spendere qualche parola sul personaggio.
Paracelso, aveva appreso la medicina dal padre, il quale si era laureato all’Università di Tubinga in Germania.
Proprio a Tubinga, nel XVII sec. Johann Valentin Andreae costituì la Confraternita dei Rosacroce, che, secondo la leggenda, era stata fondata nel 1407 da un pellegrino tedesco di nome Christian Rosenkreuz (Rosen = rosa; Kreuz = croce).
Paracelso, che respirava occultismo in ogni dove, si dedicò allo studio di kaballa, ermetismo, astrologia e astronomia, guidato dall’abate benedettino, alchimista e mago, Giovanni Tritemio.
Crescendo, andò a Ferrara, una delle culle dell’Umanesimo e dopo la laurea si recò a Mistra in Grecia, per approfondire gli studi esoterici.
Utile precisare che, nel Rinascimento, si credeva che l’essere umano potesse ritrovare la sua nobiltà, solo coltivando le “arti” quali: matematica, poesia, scultura, pittura, astronomia e attraverso la lettura dei testi sacri.
Si riteneva altresì che bisognava adattare il pensiero platonico ermetico ai tempi attuali, per riscoprire le realtà universali.
Fu in questo periodo che l’essere umano ritrovò la sua più profonda affiliazione con l’Universo, intuendo che riunire il Microcosmo nel Macrocosmo sarebbe stato l’unico mezzo per riconnettersi con la propria divinità interiore.
Spagiria vegetale: i cibi magici
Nel Rinascimento, attraverso la spagiria vegetale si preparavano tinture ricavate dalle piante selvatiche. Da esse si estraeva la cosiddetta “quintessenza”, che racchiude in sé i tre principi filosofici alchemici: il Mercurio (principio fluido e volatile; lo spirito), lo Zolfo (principio denso e odoroso; anima) ed il Sale (principio consistente e terreno; materia).
Svolgendo una triplice azione nell’organismo, si riteneva che i tre principi agissero su livelli differenti.
La quintessenza estratta avrebbe di conseguenza aiutato a ripristinare lo stato di benessere nell’individuo.
Era dunque un’applicazione pratica dell’alchimia che manteneva al tempo stesso la sua natura filosofica essenziale! Cosa fondamentale per Paracelso.
Processo alchemico della spagiria in Egitto
Il processo alchemico della spagiria trae le sue origini dal pensiero ermetico egizio.
Secondo alcuni studiosi, la parola alchimia deriverebbe da Kemet, termine con cui gli antichi egizi indicavano il colore del suolo su cui abitavano, la «terra nera» del Nilo. In seguito sarebbero state aggiunte le lettera a ed l.
L’alchimia serviva a conferire ad una pianta qualità diverse dalle originarie, mantenendo la forza vitale attiva e eliminando la putrescina. Tutte pratiche ben note agli antichi egizi, se pensiamo alla conservazione delle mummie e alle quattro fasi alchemiche applicate.
Quattro fase alchemiche
Spendiamo qualche parola sulle quattro fasi alchemiche. Esse sono:
Nigredo (detta opera al nero) era la prima delle fasi alchemiche, durante la quale si eliminava la putrescenza dei cadaveri;
Albedo (opera al bianco) era la seconda fase. Rappresentava la rinascita e trasformazione;
Citrinitas (opera al giallo) corrispondeva alla consapevolezza e guarigione;
Rubedo (opera al rosso) era piena conoscenza del Sè, gioia, piena realizzazione.
Ricerca e raccolta delle piante per gli achimisti
Ma come si raccoglievano le piante?
Iniziamo specificando che anche la raccolta delle piante rientrava in un processo pratico e olistico.
Per la filosofa ermetica, alchemica, era infatti essenziale rapportarsi con l’ambiente che ci circonda e con le piante, dalle quali si possono trarre erbe vantaggiose per il nostro benessere.
Secondo tali principi, le piante si dovevano estrarre con rispetto e conoscenza, chiedendo loro il “permesso”, con un atteggiamento religioso.
Questo perché, sempre secondo gli ermetici, nel mondo non esiste separazione reale, tutto interagisce e la pianta si offre per donarci i suoi fitocomplessi. Insomma: se non le chiediamo il permesso, difficilmente possiamo connetterci con lei e ottenere una guarigione.
Spagiria e archetipi di guarigione
Nella spagiria, che si basa su principi filosofici, non si teneva solo conto con i principi attivi della pianta, ma anche della relazione tra pianta- microcosmo e macrocosmo.
Gli spagiri pertanto cercavano dapprima la causa della malattia e la forza vitale che poteva guarirla.
Quando andavano a raccogliere una pianta, essi lavoravano per archetipi (la pianta attraverso il suo archetipo è legata al piano fisico eterico astrale e mentale).
Si riteneva che ogni pianta fosse una mescolanza di sette archetipi, rappresentati nella successione caldaica dei pianeti.
Queste sette forze sarebbero funzioni dello spirito planetario.
In secondo luogo, andavano a raccogliere la pianta basandosi sul calendario astrologico. Esso indicherebbe infatti il momento in cui la stessa è nel pieno delle sue potenzialità.
Dopodiché, si lavavano le mani, si concentravano e senza strappare piante o erbacce, ma con rispetto e devozione per l’essenza spirituale della pianta, la raccoglievano.
Era insomma un atto di consapevolezza profonda, in cui chi raccoglieva entrava in empatia con la pianta.
Il corpo, curato con tale pratica, era visto dunque come un laboratorio alchemico in cui sale, mercurio e zolfo estratti dalle piante si riunivano, si elaboravano, sintetizzandoli e portavano alla guarigione.
Spagiria ai giorni nostri
Lo spagiro moderno non ha come fine il realizzare la quintessenza. La sua attività è lo specchio di una ricerca interiore. La quintessenza è di conseguenza il risultato del lavoro profondo della conoscenza.
Quanto alla guarigione, il solo fatto di entrare in connessione con la Natura è di per sé terapeutico, almeno dal punto di vista psicologico.
Jung e la spagiria nel campo della psicologia
Dopo la rottura con Freud, lo psicanalista, psichiatra e antropologo svizzero Carl Gustav Jung (1875-1961) si interessò di mitologia e alchimia. Iniziò pertanto a studiare la catabasi, il “viaggio verso gli inferi” (quale viaggio dell’anima) di eroi come Ganesha, Ulisse, Enea, nonché la Divina Commedia di Dante.
Attraverso il viaggio nel mondo mitologico, Jung era convinto di poter risalire all’archetipo delle connessioni con l’inconscio collettivo.
Lo studioso realizzò che c’era una forte connessione fra alchimia e psicanalisi.
Il mercurio ad esempio, simbolo alchemico della mente, veniva purificato dai suoi otto veleni e potenziato attraverso le sue interazioni con lo zolfo e la mica, in modo da poter garantire la giovinezza del corpo.
Allo stesso modo, per Jung, il mercurio, rappresentando i sotterfugi e gli inganni dell’inconscio degli uomini, andava trasformato attraverso un viaggio interiore di consapevolezza.
Riuscire a superare le difficoltà attraverso un percorso alchemico – psicoanalitico, avrebbe garantito il pieno recupero del proprio Sè inconscio.
«Rendi cosciente l’inconscio o sarà lui a guidarti e tu lo chiamerai Destino» scriveva il celebre medico svizzero.
Athanor: la metafora del crogiolo alchemico per Jung
Per Jung, alchimia e spagiria, quale arti della trasformazione, erano dunque dei metodi per arrivare alla conoscenza del Sé. Conoscenza acquisibile solo dopo aver superato i propri limiti interiori.
L’athanor, il crogiuolo alchemico, nella psicanalisi diventò pertanto la metafora di un viaggio interiore di trasformazione, dove si può operare una riunificazione con la propria anima attraverso l’integrazione degli opposti psichici.
Parliamo della cosiddetta “coniunctio oppositorum” fine ultimo e spirituale dell’alchimia, dove maschile e femminile, conscio e inconscio, attivo e passivo, luce ed ombra, Yang e Yin, Logos ed Eros, Animus e Anima, vengono accolti, visualizzati, separati e quindi elaborati per compiere lo stadio finale, ciò che Jung definiva “il farsi totale dell’uomo psichico”.
Fonti
Jung “Ricordi, sogni, riflessioni”
Gabriel Naudè, Instruction à la France sur la vèritè de l’histoire des Frères de la Rose -Croix, Parigi 1623