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mercoledì, Maggio 1, 2024

Snoopy: quando l’arte denuncia l’amianto

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L’AMIANTO, UN MINERALE AMPIAMENTE UTILIZZATO NEL CORSO DEL NOVECENTO, HA PERMEATO LA SOCIETÀ. A DENUNCIARE QUESTO FLAGELLO, NON SOLO CHI NE HA SUBITO I DANNI MA ANCHE UN ICONICO BRACCHETTO: SNOOPY. SÌ, IL FAMOSO CANE, PROTAGONISTA DELLA CELEBRE STRISCIA A FUMETTI PEANUTS CREATA DA CHARLES M. SCHULZ

Arte e amianto: anche Snoopy insorge

L’arte non è solamente un’espressione estetica, ma un mezzo per diffondere consapevolezza e per scuotere le coscienze a tutti i livelli e in tutte le sue forme.

Per farlo, utilizza simboli talvolta impensabili, basti pensare alla scultura del riminese Eron, che raffigura Snoopy, il fedele amico di Charlie Brown.

Fra le tante stranezze del simpatico bracco, ricordiamo quella di dormire sul tetto della cuccia, anziché al suo interno.

Ebbene, nel 2007, Eron, ha immortalato il povero cane in un’opera emblematica dal titolo shock “Eternit…vita eterna”.

Ridotto a scheletro, Snoopy riposa come sempre sul tetto della mitica cuccia, ma queto è fatto di eternit, una provocazione visiva, un grido muto di dolore e protesta.

La scultura ha debuttato nel 2011 alla Galleria dArte Contemporanea Villa Franceschi di Riccione, ma il suo impatto non è svanito nel tempo. Ancora oggi, in seguito alle controversie e alle polemiche successive agli esiti processuali più eclatanti, l’opera torna a solcare i social e i blog, diventando virale.

La potenza dell’arte si unisce dunque al coro di voci che chiedono giustizia, che invocano un mondo libero da questo materiale e dalle sue conseguenze devastanti.

È l’arte che si mette al servizio di una causa, unendo la creatività alla protesta, per non dimenticare e per lottare contro un nemico che non può restare nell’ombra.

Perché utilizzare l’arte in segno di protesta: povero Snoopy

L’opera è stata pensata a seguito della deflagrazione del caso Eternit in Italia. Nel 1986, Casale Monferrato aveva chiuso definitivamente i battenti e si cominciava a sentire l’eco dei suoi effetti. Troppe vittime, troppi lavoratori morti o ammalati a seguito dell’esposizione alle pericolose fibre di asbesto.

Chi ne traeva profitto dalla diffusione aveva agito consapevolmente, ignorando o minimizzando i possibili effetti negativi?

Era possibile denunciare apertamente la situazione?

Ebbene, l’arte contemporanea ha cercato di portare alla luce della ribalta la lotta contro l’amianto a modo suo, estendendo la battaglia fuori dalle aule di tribunale e superando le righe della cronaca. È qui che, tra le pennellate di una tela, tra le forme scolpite e i segni incisi, ha potuto far sentire il suo grido di protesta, un invito a non dimenticare le tragedie legate a questa fibra assassina. Tra l’altro, non dimentichiamo che anche il mondo dell’arte è stato fortemente colpito da questo patogeno.

Anche l’arte colpita dall’amianto: gli affreschi del Camposanto di Pisa

L’elenco degli utilizzi “impropri” dell’amianto è lungo e spesso sorprendente. Artisti, cineasti e persino architetti hanno impiegato questo materiale nei loro progetti, ignari o trascurando gli effetti nocivi che avrebbe potuto causare. Nel luglio del 1944, una granata incendiaria degli Alleati colpì il tetto del Camposanto di Pisa, causando un incendio che danneggiò gravemente la struttura lignea. Le lastre in piombo sottostanti si fusero a causa del calore, rovinando le pareti e gli affreschi, in particolare quelli di Benozzo Gozzoli. Per proteggere le pareti dalla pioggia e da ulteriori danni, furono costruite coperture in legno provvisorie. Successivamente, Cesare Brandi, dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro e Piero Sanpaolesi, pianificarono il recupero. Optarono quindi per la rimozione della pellicola pittorica, formando squadre di intervento per tagliare e poi riunire le varie sezioni degli affreschi come un puzzle, a causa delle loro grandi dimensioni.

Durante il restauro, furono scoperte sinopie (disegni preparatori usati per la pittura a fresco e per il mosaico) di alta qualità, alcune con chiaroscuro, che furono staccate ed esposte nel Museo delle Sinopie, dopo il restauro. Gli affreschi, invece, furono incollati con caseato di calcio su lastre di eternit, una decisione controversa poiché sul materiale tossico, Brandi e Sanpaolesi avevano opinioni contrastanti…

Amianto e altri usi poco ortodossi in campo artistico

In passato, molti set cinematografici, incluso il Mago di Oz, utilizzarono neve finta a base di amianto. Il minerale era presente anche nelle copertine dei libri (impiegato per la rilegatura) e in diversi capolavori d’arte in cemento e amianto.

Tra gli esempi più sorprendenti, le opere realizzate da artisti come Alighiero Boetti ed Enzo Cacciola. Architetti di fama mondiale, come Walter Adolph Gropius e Le Corbousier, impiegarono l’amianto nella costruzione di edifici iconici.

Nonostante la crescente consapevolezza sui pericoli dell’amianto, quest’uso è perdurato fino ai tardi anni ’80. Un esempio notevole è la produzione di dischetti in amianto da parte dell’Officina profumo-farmaceutica di Santa Maria Novella di Firenze, per aromatizzare ambienti attraverso le lampadine a incandescenza.

Oggi fortunatamente l’amianto è stato messo al bando e l’opinione pubblica è sempre più consapevole dei suoi effetti sulla salute e sull’ambiente.

E se l’esposizione all’amianto è stata oggetto di procedimenti giudiziari nelle principali aule di tribunale, l’arte ha trovato nel suo linguaggio, un modo per esprimere il dissenso in maniera alternativa.

Quanto a Snoopy, fortunatamente gode di ottima salute. Ancora oggi le repliche delle strisce sono distribuite e pubblicate sui quotidiani di decine di Paesi del mondo: uno dei pochi casi in cui l’amianto è rimasto confinato nel mondo della fantasia.

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