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mercoledì, Settembre 11, 2024

Santa Croce in Gerusalemme e le reliquie Passione di Cristo

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La Basilica di Santa Croce in Gerusalemme a Roma, custodisce da oltre diciassette secoli le reliquie della Passione di Gesù.

Santa Croce in Gerusalemme

La Basilica di Santa Croce in Gerusalemme fu edificata nel luogo in cui sorgeva il Palatium Sessorianum, costruito agli inizi del IV sec. a.C. per volere dell’Imperatore Settimio Severo (Leptis Magna, 11 aprile 146 – Eboracum, 4 febbraio 211).

Nel 313 d.C., i due imperatori Licinio e Flavio Valerio Aurelio Costantino promulgarono l’editto di Milano, con cui si consentiva la libertà di culto ai cristiani.

Successivamente, nel 324 d.C., quest’ultimo spostò la capitale dell’Impero Romano d’Oriente a Costantinopoli. 

Da quel momento, la madre Flavia Giulia Elena (Sant’Elena), si stabilì nell’edificio.

Nei racconti di Sant’Ambrogio (340-397) si legge che nel 326 d.C., Elena partì per la Terrasanta, nei luoghi della Passione del Signore. A Gerusalemme, “ispirata” dallo Spirito Santo, fece scavare i siti. 

La loro individuazione non era difficile, dal momento che l’Imperatore Adriano, nel II sec d.C., per cancellare ogni memoria della cristianità, aveva eretto due templi.

Uno dedicato a Giove, sorgeva sopra al Santo Sepolcro, l’altro dedicato a Venere, si trovava sul luogo della crocifissione di Cristo. 

L’identificazione della vera croce di Cristo

Durante gli scavi si rinvennero tre croci. Capire quale appartenesse al Signore non era tuttavia così semplice.

Elena allora decise di fermare un corteo funebre e ordinò di adagiare la salma su ognuno dei tre legni.

La “legenda aurea” di Jacopo Da Varrazze narra che, non appena il defunto venne a contatto con la croce del Redentore, risuscitò miracolosamente. 

Elena la fece allora dividere in tre parti. Una sarebbe rimasta a Gerusalemme, un’altra andò a Costantinopoli, dal figlio. Portò invece la terza parte con sé a Roma, insieme con della terra prelevata sul Monte Calvario. 

Sparsa sul suo oratorio privato, la terra divenne il fondamento di un luogo in cui conservare le reliquie della Passione di Cristo.

Perché la Basilica di chiama Santa Croce “in” Gerusalemme? 

Dalla morte di Sant’Elena il palazzo è aperto al culto e trasformato nell’odierna Basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Si chiama “in Gerusalemme”, perché è come trovarsi effettivamente nella città giudaica, visto che è costruita con la terra consacrata del Calvario.

Nel Medioevo era nota come “a Jerusalem” o “Gerusalemme romana

A partire dal III sec d.C, ogni Venerdì Santo, per diversi secoli, i Papi onorarono le reliquie, andando a piedi nudi dal Laterano fino alla Basilica.

Da questa tradizione ha preso vita l’attuale liturgia del Venerdì Santo, nel corso della quale viene mostrata la preziosa reliquia ai fedeli per l’adorazione.

Durante la celebrazione, si canta l’antifona “Ecco il legno della croce su quale fu appeso il Cristo, Salvatore del mondo”.

Chi ha edificato Santa Croce in Gerusalemme?

L’edificio ha subito diversi ritocchi nel corso dei secoli (almeno sei). 

L’ultimo restyling risale alla metà del XVIII sec e si deve a Domenico Gregorini e Pietro Passalacqua. I due architetti realizzarono le superfici concave e convesse della facciata e incorniciarono la chiesa con le statue degli evangelisti Costantino e Sant’Elena. Le fondazione e le mura sono rimaste sempre quelle delle origini.

Nel 1930, l’architetto Florestano Di Fausto 1890-1965), progettò la cappella delle reliquie.

Il reliquiario testimonia la passione di Gesù

Ma esaminiamo le tre preziose reliquie: le più antiche di cui si abbia traccia! 

Si tratta di tre frammenti della croce, parti della corona di spine, un sacro chiodo e il Titulus crucis. Quest’ultimo venne alla luce nel 1492 durante i lavori di conservazione condotti nella chiesa. 

Le altre reliquie, conservate ininterrottamente dal IV secolo d.C. si trovano all’interno di una teca di cristallo. 

Le spine lunghe e acuminate sono nella parte superiore. Al centro della teca, c’è un reliquiario a forma di croce, contenente tre frammenti della croce: due nel braccio orizzontale, uno nel braccio verticale in basso. 

Nel corso di secoli, il Pontificato romano ha donato molte schegge di croce alle Chiese di tutto il mondo, per creare alleanze e stabilità politica fra Imperi e culti religiosi. Il chiodo è lungo circa undici centimetri ed è privo di punta.

Il Titulus crucis: scritta su una tavola di legno di noce 

Si tratta del cartiglio originario affisso sopra la croce di Cristo, che riportava il motivo della condanna: “INRIIesus Nazarenus Rex Iudaeorum (letteralmente, «Gesù il Nazareno, Re dei Giudei»).

La triplice iscrizione è in ebraico, greco e latino. Quella in latino si può leggere al rovescio, come la scrittura orientale (una consuetudine delle province romane orientali). 

Piccola curiosità: il quarto Vangelo (Giovanni 19, 21, 22) afferma anche che, al leggerlo, i capi dei Giudei si recarono da Ponzio Pilato per chiederne la correzione.

Secondo loro, il titulus non doveva affermare che Gesù fosse il Re dei Giudei, ma che si fosse autoproclamato tale. Pilato rispose “Quod scripsi, scripsi” (ciò che è scritto è scritto) e si rifiutò di apportare ulteriori modifiche.

Il valore delle reliquie

Oggi la Basilica è una delle sette Chiese di Roma, meta del pellegrinaggio dei fedeli di tutto il mondo. Per via del reliquiario, essa rappresenta non tanto un luogo in cui si celebra messa, ma un’angolo sacro che custodisce e testimonia la memoria della sofferenza del Cristo Redentore.

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