La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della Solvay Chimica Italia s.p.a. che ha contestato ben due sentenze a favore di un operaio che ha contratto placche pleuriche e ispessimenti da amianto, per meno di 3mila euro. Ora l’azienda sarà costretta a pagare anche tutte le spese legali. È la storia di un 71enne che nel 2007 dopo aver lavorato per oltre 30 anni come operaio in officina meccanica e calderai nello stabilimento di Rosignano Solvay, si è ammalato di una patologia asbesto correlata.
Rosignano Solvay, l’indennizzo Inail non basta
L’Inail gli ha riconosciuto nel 2008 l’origine professionale della malattia. Nel 2014 le condizioni di salute dell’operaio si sono aggravate e l’INAIL gli ha riconosciuto un grado di menomazione maggiore, del 16%. L’indennizzo ottenuto “ristora unicamente il danno biologico permanente e non gli altri pregiudizi che compongono la nozione pur unitaria di danno non patrimoniale”, per questo ha chiesto il risarcimento di altri danni rivolgendosia all’Osservatorio nazionale amianto e al suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni.
Già in primo grado, il Tribunale di Livorno, contro cui la Solvey aveva presentato ricorso, aveva riconosciuto un risarcimento di 4995 euro, al quale era stato sottratto l’indennizzo Inail già ottenuto, di 2417,94 euro. “La differenza – aveva detto il giudice in primo grado – dovrà ritenersi spettante all’attore a titolo di danno differenziale”. La Corte di Appello di Firenze, nel 2018, era giunta alle stesse conclusioni. Ora arriva la condanna definitiva in Cassazione.
Rosignano Solvay, la multinazionale già condannata
“Davvero difficile da comprendere – ha dichiarato l’avvocato Bonanni, che assiste la vittima – l’accanimento dell’azienda per poche migliaia di euro che spettano ad un ex operaio esposto ad amianto senza essere stato mai informato dei rischi, né dotato di misure di protezione. Già in altri casi è stata condannata per l’uso dell’asbesto che era, è stato abbondantemente dimostrato, presente in ambienti privi di confinamento e di separazione”.
Il caso di Romano Posarelli
Come nel caso di un operaio morto per tumore al polmone, Romano Posarelli. I familiari ottennero più di 550mila euro di risarcimento, sempre grazie alla consulenza legale dell’Ona e del suo presidente. La società all’inizio negava sia la presenza dell’amianto, sia il nesso causale con le patologie asbesto correlate. Le prove però sono schiaccianti e tanto hanno influito anche le testimonianze di oltre un centinaio di operai colpiti da malattie legate all’asbesto.
“Questa sentenza in Cassazione – ha aggiunto Bonanni – è importante perché la Solvay attraverso un nutrito gruppo di legali in principio aveva avanzato una serie di dubbi, negando la presenza di amianto, sostenendo che non fosse dannoso e infine che fosse sufficiente l’indennizzo dell’Inail, e che l’azienda non dovesse risarcire nessun altro tipo di danno.
È una condanna che arriva al terzo grado di giudizio e diventa così un precedente significativo che vale sia nel caso della Solvay che di altri datori di lavoro che hanno utilizzato amianto. Tutti i lavoratori che hanno ottenuto l’indennizzo Inail possono ora più facilemnte chiedere, anche attraverso l’Ona, la tutela legale per il risarcimento del danno”.
Non solo a Rosignano l’amianto ha causato malattie e dolore. In tutte le aziende in cui è stato utilizzato ha portato mesoteliomi, tanti tipi diversi di tumore, abestosi e altre patologie che hanno distrutto intere famiglie. Questo nonostante se ne conoscesse la pericolosità dai primi anni del ‘900.
La storia e le vicende giudiziarie sono riportate ne “Il libro bianco delle morti di amianto in Italia – ed. 2022“, l’ultima pubblicazione dell’avvocato Bonanni. Qui affronta anche il problema del ritardo delle bonifiche che comporta una sempre più rischiosa esposizione. Per questo l’Ona ha realizzato anche una App attraverso la quale i cittadini possono segnalare i siti contaminati.
(foto dal sito mondobalneare.com)