Negli ultimi tempi, con la Giunta Raggi, sono aumentati i problemi della Metropolitana di Roma. Già con il fardello di un deficit pazzesco, e con una storia di inefficienze, negli ultimi anni i disservizi sono aumentati.
Infatti, oltre al problema dell’amianto, che ha una notevole capacità cancerogena. Tant’è che solo molti i casi di dipendenti che hanno contratto malattie asbesto correlate. Per questi motivi l’ONA ha chiesto la bonifica di questi siti, comprese le carrozze e i mezzi di trazione.
Per giunta, c’è stato anche il problema della scarsa manutenzione degli anni passati, comprese le scale mobili. Nel tempo, ci sono stati decine e decine di incidenti, con risultati nefasti.
Negli ultimi tempi, sono state chiuse due fermate importantissime della metro B, direzione Ionio – Rebibbia. A distanza di quasi un anno, la riapertura di una delle due fermate non è stata ancora annunciata. Si tratta rispettivamente di Castro Pretorio e Policlinico, chiuse rispettivamente il 5 ottobre e il 29 novembre 2020.
Le cause? Grossi quantitativi di amianto rinvenuti dagli operai della Schindler durante gli interventi di revisione e sostituzione degli impianti.
Metropolitana di Roma: il rischio amianto è altissimo
Attualmente, nella capitale si contano quasi un centinaio di impianti di traslazione fermi tra scale mobili, ascensori e tappeti. Inoltre è molto probabile che con il passare dei mesi, il numero di questi impianti tenda a crescere sempre più. Forse perché il timore di trovare amianto, in tutta la rete metropolitana, durante le opere di manutenzione è enorme?
Nel 2019, la Cassazione condanna l’Atac – Agenzia del trasporto autoferrotranviario del Comune di Roma per non aver salvaguardato l’incolumità di un lavoratore morto a causa dell’amianto.
Questa volta l’Atac è stata invitata a discutere con la commissione di Mobilità di Roma, in Campidoglio, l’avvio delle opere di bonifica. L’intenzione è quella di poter ripristinare nel più breve tempo possibile la linea B e mettere in sicurezza gli impianti.
Atac e Cotral: condanna del Tribunale di Roma
Nel caso della morte del sig. Vincenzo Cecchini, dovuta al tumore del polmone, l’ONA e l’avv. Ezio Bonanni hanno ottenuto il riconoscimento INAIL di malattia professionale.
Il sig. Cecchini deceduto in data 22.07.2011 è stato esposto a polvere e fibre di amianto, per tutto il periodo di servizio, ovvero dal 1981 al 2011. Per questi motivi, dopo il riconoscimento INAIL, l’avv. Ezio Bonanni ha messo in mora la metropolitana di Roma.
In corso di causa, è stato dimostrato che nelle metropolitane di Roma vi era un’alta componente di materiali di amianto. Sia le carrozze che i mezzi di trazione e anche le stesse gallerie, le scale mobili etc.. avevano componenti in amianto. Già in precedenza, colleghi di lavoro del defunto erano stati assistiti dall’ONA per ottenere il riconoscimento dei benefici contributivi amianto.
In sostanza, tutti i dipendenti della metropolitana di roma e dell’ATAC, e quindi del trasporto di superfice, hanno subito esposizioni ad amianto superiori alle 100 ff/ll. Per questi motivi, sulla base dell’art. 13 comma 8 Legge 257/92, sussiste il diritto ad ottenere per ogni anno l’aumento con il coeficiente 1,5. Ciò sia per il prepensionamento che per la rivalutazione del rateo pensionistico per chi è già in pensione.
Il Tribunale di Roma ha condannato la metropolitana di Roma al risarcimento del danno, sia per il danno iure hereditario che per quello iure proprio.
Leggi i dettagli della vicenda: Metropolitana di Roma risarcimento del danno
Metropolitana di Roma: trent’anni di silenzio sulla fibre killer
Ci viene spontaneo chiederci per quanto tempo turisti e cittadini siano stati esposti al pericolo generato dalla scarsa manutenzione delle reti di trasporto, o che operai, così come tutti i fruitori delle linee pubbliche siano venuti a contatto con le sottilissime fibre killer. Chi risponderà di questa grave negligenza avuta nei confronti di migliaia e migliaia di persone transitate nei sotterranei della metropolitana di Roma?
Il dipartimento Mobilità del Campidoglio prontamente risponde che l’amianto, presente nelle piastre dei sotterranei della metropolitana, non determina rischi né per gli operai né per l’utenza. Ma ciò sembra inverosimile!
Come è stato possibile valutare lo stato di deterioramento dell’amianto se, come si evince dai fatti, in trent’anni anni, l’amianto presente nei tunnel non è mai stato sottoposto a controllo e nessuno ha mai denunciato la sua presenza agli organi competenti?
Denunciare la presenza di amianto: è obbligatorio?
Si, da un punto di vista giuridico e morale.
Chiunque presenti una struttura realizzata in amianto o con sue componenti, dovrà provvedere ad inoltrare una denuncia alle autorità competenti che daranno il via alle opere di bonifica o di rimozione, ove venga espressamente richiesto.
Come si bonifica l’amianto?
La procedura per ottenere il via libera alla bonifica di manufatti contenenti asbesto ha un iter ben preciso. Una volta denunciata la presenza agli appositi uffici competenti – l’Azienda Sanitaria Locale, un tecnico dell’ASL valuterà lo stato di conservazione dell’asbesto e determinerà i tempi con i quali si dovrà procedere con l’intervento di bonifica o rimozione.
Tre metodi per bonificare un’area contenente amianto
Il primo metodo è quello della rimozione, una pratica che riduce al minimo il rischio di tossicità poiché si agisce direttamente sulla fonte di esposizione. Tuttavia, questa pratica è rischiosa per i lavoratori che procederanno alla bonifica. Una volta effettuata la rimozione dell’amianto, segue la delicatissima fase di trasporto. Questa può essere svolta solamente da aziende e imprese autorizzate, iscritte all’Albo Nazionale Gestori Ambientali. In Italia sono ancora troppo poche le imprese autorizzate a garantire il corretto smaltimento sul territorio. Per questa ragione, lo smaltimento dell’amianto ha dei costi elevati.
Il secondo metodo è l’incapsulamento. Questa è una pratica molto più rapida ed economica rispetto alla rimozione. L’incapsulamento consiste nel coprire con del materiale penetrante tutta l’area interessata dal minerale. Questa pratica, però non è del tutto sicura e deve essere monitorata negli anni.
Il terzo ed ultimo metodo consiste nel confinamento, una pratica combinata. Il confinamento prevede prima l’isolamento dell’area contaminata, in seguito l’incapsulamento. Con questo metodo si riduce al minimo il rischio di dispersione delle fibre killer.
Amianto: la bonifica più lenta della storia italiana
Nonostante siano passati 30 anni dalla messa al bando dell’amianto, con l’entrata in vigore in Italia della legge n. 257/1992, su tutto il territorio nazionale c’è un grave ritardo con cui si sta procedendo alla bonifica di edifici e strutture. Il 31 Dicembre 2019, l’INAIL ha dichiarato che i siti bonificati in Italia erano solamente 7.740, mentre quelli parzialmente bonificati 4.261.
Dati più recenti sono stati comunicati dall’Osservatorio Nazionale Amianto lo scorso 28 Aprile, in occasione della “Giornata mondiale vittime dell’amianto”. L’ente ha affermato che in Italia ci sono ancora 58 milioni di mq di coperture in cemento-amianto e oltre a 40 milioni di tonnellate di materiali che contengono l’amianto. Inoltre, l’Ona denuncia la presenza della fibra killer in almeno 2.400 scuole, 1.000 fra biblioteche ed edifici culturali e circa 250 ospedali.
Le cifre sono molto più alte se pensiamo che i dati si riferiscono ai soli siti denunciati.
Uso e abuso di amianto nei mezzi di trasporto in Italia
Le prime ad utilizzare l’amianto nella realizzazione delle metropolitane furono Londra e Parigi, a partire dai primi anni del ‘900. Qualche anno più tardi il minerale arrivò anche in Italia, dove trovò largo utilizzo nell’edilizia, nel settore dell’industria e, soprattutto, nel settore dei trasporti.
È stato utilizzato per coibentare le carrozze ferroviarie, tra cui quelle per le metropolitane. Infatti, nella metropolitana di Roma sono state utilizzate per i convogli carrozze coibentate in amianto.
In più, fino al 1993, per i mezzi di attrito sono stati utilizzati materiali di amianto e contenenti amianto. Questo anche per le scale mobili, in cui sono stati impegnati molti dipendenti per la manutenzione.
Inoltre, le stesse strutture e gli stessi impianti e le stesse coibentazioni delle gallerie, hanno componenti in amianto e alcuni casi anche lo spruzzo di sostanze contenti amianto.
Amianto nella metropolitana di Milano: il caso in tribunale
La Lombardia è la regione italiana che più in assoluto ne ha fatto un largo uso. Infatti, la regione detiene il più alto numero di vittime di patologie asbesto correlate, primo fra tutti il mesotelioma pleurico maligno.
Pochi giorni fa, a Milano, si è svolto un processo di primo grado sull’amianto presente nella metropolitana lombarda. Il processo ha coinvolto l’ex manager della società di trasporti, Elio Gambini, indagato per la morte di sei persone. Tra questi, autisti di mezzi pubblici, operai ed elettricisti deceduti tra il 2009 al 2015.
L’imputato, che all’epoca aveva le competenze sulla sicurezza e sull’igiene nei luoghi di lavoro, secondo il P.M. Maurizio Ascione non avrebbe osservato la normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
L’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e tutore legale dei familiari di alcune delle sei vittime decedute, afferma che la triste vicenda si sarebbe potuta evitare. La società di trasporti avrebbe dovuto utilizzare materiali sostitutivi o perlomeno mettere a conoscenza i propri dipendenti del potenziale rischio. A questo punto avrebbe dovuto fornire loro maschere protettive o altri presidi di prevenzione.
Il processo, approdato in Corte di Appello per il suo epilogo, è stato programmato per il prossimo 21 Ottobre.
Spettano le stesse sorti all’Atac?
La nota azienda di trasporti della capitale ha già avuto problemi con la legge in materia di amianto. Alcuni stabilimenti adibiti a deposito presentavano grossi quantitativi del minerale. Così, la Suprema Corte di Cassazione ha condannato l’azienda di trasporti al risarcimento di alcuni familiari di lavoratori esposti alla fibra killer.
Come mai, nonostante ci siano obblighi di legge, le aziende continuano ad esporre lavoratori e fruitori di servizi pubblici a potenziali pericoli?
Siamo increduli di fronte al fatto che, dopo trent’anni dalla messa al bando, ci siano ancora aziende e industrie che prendono sottogamba questa problematica.
Quante vittime ancora mieterà la superficialità con cui le aziende supervisionano o procedono con le opere di bonifica dei propri stabili?
Una vicenda simili è accaduta anche alla Co.Tra.L., l’azienda di trasporto pubblico nel Lazio. Il Tribunale Ordinario del Lavoro ha condannato, nel 2018, la società per la morte di un ex lavoratore. Ancora una volta, l’avv. Ezio Bonanni ha preso le difese della vedova che ha patito, ingiustamente, la perdita del marito.
L’avv. Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, da più di 20 anni si occupa di tutelare le vittime dell’amianto, nonché vittime del dovere. Il suo team di medici e legali offre assistenza gratuita non solo a coloro che sviluppano patologie asbesto correlate, ma anche ai loro familiari.