REGGIO CALABRIA È UNA CITTÀ CHE RACCHIUDE IN SÉ MILLENNI DI STORIA, UN PATRIMONIO CULTURALE DI INESTIMABILE VALORE MA ANCHE CONTRADDIZIONI PROFONDE E PROBLEMATICHE SOCIO-AMBIENTALI GRAVISSIME. TRA QUESTE, L’AMIANTO RAPPRESENTA UNA FERITA APERTA, UN NEMICO INVISIBILE CHE HA MIETUTO MIGLIAIA DI VITTIME. OGGI, RACCONTIAMO LA STORIA DI UN EX FERROVIERE, ORA IN PENSIONE, CHE SI TROVA A COMBATTERE CONTRO IL MESOTELIOMA PLEURICO, UNA MALATTIA INCURABILE. LE STATISTICHE INDICANO QUESTO TIPO DI TUMORE COME RARO, MA L’AMIANTO, SOLO IN ITALIA, CONTA CIRCA SETTEMILA VITTIME ALL’ANNO
Reggio Calabria “distratta” sulla questione amianto
Questo è lo scenario che l’ONA di Reggio Calabria si è trovato davanti per l’ennesima volta: «cambiano gli attori, ma il copione è sempre lo stesso. Conosciamo i mandanti e gli esecutori di questa sentenza di morte, e la vittima cerca di sopravvivere tra paure, incertezze e sofferenze inenarrabili» sottolinea Massimo Alampi, delegato dell’ONA Onlus per la regione Calabria. «Mentre la politica è in perenne campagna elettorale, c’è chi nel 2024 ancora si ammala di mesotelioma, il tumore dell’amianto».
La storia di un ex ferroviere
Un uomo, che chiameremo “Mario Rossi” per preservare la sua identità, è un ex ferroviere ora in pensione, che ha trascorso la sua vita lavorativa tra i binari delle Ferrovie dello Stato, un’occupazione che gli ha regalato molte soddisfazioni, ma anche un nemico invisibile: l’amianto.
Mario Rossi ha lavorato dal 1963 al 1992 in varie sedi ferroviarie tra Milano, Roma, Villa San Giovanni e Reggio Calabria, esponendosi costantemente all’amianto (presente nelle carrozze, officine, sui rotabili, nelle guarnizioni etc;), durante lo svolgimento delle sue mansioni.
Anni di esposizione inconsapevole al patogeno, un materiale silenzioso ma letale, che ora lo costringono a combattere una battaglia contro il mesotelioma pleurico. «È assurdo pensare che ci si possa ammalare gravemente semplicemente per aver svolto il proprio lavoro, per portare il pane a casa», prosegue Alampi.
In realtà, le conoscenze sui pericoli del minerale non sono nuove. Già a metà del secolo scorso, le ferrovie erano consapevoli dei rischi.
La lotta per la giustizia e criticità a Reggio Calabria
Purtroppo, quella di Mario Rossi non è una storia isolata. Mentre i politici discutono e si contendono il potere, i lavoratori continuano ad ammalarsi e morire per l’esposizione al killer invisibile. Le famiglie, disperate e arrabbiate, cercano giustizia. Massimo Alampi, riceve continue richieste di aiuto da chi ha visto un proprio caro ammalarsi per colpa dell’asbesto.
«La politica sembra spesso più concentrata sulle campagne elettorali che sulla salute dei cittadini, ma la voglia di giustizia non si spegne». Questa indifferenza è evidenziata dal mancato intervento nelle aree più a rischio e dalla lentezza nella bonifica dei siti contaminati.
Le amministrazioni locali hanno spesso promesso piani di intervento e fondi per la bonifica, ma le azioni concrete tardano ad arrivare.
Così, nonostante le promesse elettorali, la realtà quotidiana rimane immutata: edifici pubblici e privati, scuole, ospedali e, come nel caso di Mario Rossi, strutture ferroviarie continuano a essere ambienti pericolosi per la salute. I lavoratori, senza alcuna consapevolezza del rischio, hanno passato anni a respirare fibre di amianto, un veleno silenzioso che ora presenta il conto.
Un appello alla responsabilità
La storia di Mario Rossi, come quella di molti altri, è un monito e un appello alla responsabilità. La gestione dell’amianto nelle ferrovie rappresenta una pagina oscura della nostra storia industriale. La politica deve rispondere alle esigenze dei cittadini, agire con tempestività e trasparenza, e mettere al primo posto la salute pubblica.
La lotta contro l’amianto non è solo una questione di bonifica, ma anche di riconoscimento e di risarcimento per le vittime e le loro famiglie. Solo così si potrà rendere giustizia a chi ha pagato con la vita il prezzo di un lavoro svolto con dedizione e sacrificio.