22 C
Rome
sabato, Marzo 22, 2025

Picchio: usa il becco come un martello non come ammortizzatore

Letto: 1389 volte

Ultimi articoli

Un nuovo studio scardina alcune credenze sulla “martellatura” del picchio

Perché il picchio martella i tronchi?

Il picchio (Picidae Vigors, 1825) appartiene alla famiglia di uccelli dell’ordine dei Piciformi, comprendente oltre duecento specie.

Si serve del suo becco per scavare buchi negli alberi e nidificare, per alimentarsi con larve di insetti e per “marcare” il territorio.

In quest’ultimo caso, martella i tronchi a velocità elevate, fino a venticinque volte al secondo!

Cosa che negli esseri umani potrebbe provocare traumi cranici, mentre su di lui pare non abbia alcun effetto nocivo.

In passato, i ricercatori hanno attribuito questa straordinaria “resilienza” del picchio ad alcune particolari caratteristiche fisiche.

Alcuni hanno ipotizzato che il suo teschio spugnoso possa fungere da airbag, altri studiosi pensano che la sua lingua allungata sia una sorta “cintura di sicurezza” per il cervello.

Ad ogni modo, il picchio ha da sempre suscitato curiosità tra birdwatcher, medici, biologi e persino ingegneri.

Questi ultimi hanno sviluppato materiali e caschi per la prevenzione degli infortuni negli sport di contatto, ispirandosi proprio al simpatico “picchiarello”.

Picchio: che mal di testa!

La tesi secondo cui, uno strato schiumoso tra il becco e il cranio, sia in grado di attutire lo shock dell’impatto durante la tipica “martellatura”, è stata confutata da un nuovo studio.
I risultati della ricerca, pubblicata su Current Biology, hanno evidenziato che la testa e il becco del picchio si comportano in realtà come un martello rigido, che colpisce e si ferma all’unisono.

Test video ad altissima velocità

Per effettuare i loro test, i ricercatori hanno posizionato dei piccoli pennarelli sul becco e sulla testa dei picchi.

Hanno poi effettuato dei video ad altissima velocità ed esaminato il comportamento di tre specie di picchio: Dryocopus Martius, Dryocopus pileatus e Dendrocopus major – ospitati in voliere mentre martellavano dei pali di legno.

Le fotocamere hanno registrato fino a 4.000 fotogrammi al secondo!
Infine, hanno studiato ogni immagine fissa della registrazione video e misurato quanto velocemente il becco e la testa smettevano di muoversi dopo aver colpito il legno.

Le immagini, hanno consentito di tracciare movimenti impercettibili nei becchi e nelle teste degli uccelli all’impatto.
Risultato?

Come accennato, gli uccelli «si fermano improvvisamente su questi pezzi di legno», affermano i ricercatori dell’Università della British Columbia di Vancouver (Canada). «È incredibile».

«La testa rimane sempre molto rigida, viene utilizzata come un martello che colpisce la legna», precisa Van Wassenbergh, biologo biomeccanico dell’Università di Anversa (Belgio).

Un lavoro puntiglioso

«Abbiamo svolto un puntiglioso lavoro manuale», continua l’autore principale dello studio, Sam Van Wassenbergh.
«Abbiamo prelevato i picchi in quattro diversi zoo in Europa e li abbiamo registrati ad altissima velocità, mentre beccavano».
Ma c’è di più.

Si è scoperto ad esempio che gli uccelli, «chiudono gli occhi nel momento in cui colpiscono il legno», per proteggere i loro occhi dalle schegge.
I video hanno anche mostrato che i becchi dei picchi spesso rimangono bloccati. Si liberano tuttavia quasi istantaneamente, grazie a un intelligente design del becco, che consente un movimento indipendente tra il becco superiore e quello inferiore.

Cosa indicano i risultati?

Perché i becchi e le teste degli uccelli si fermano alla stessa velocità, sperimentando la stessa forza d’impatto?
Per comprendere meglio il risultato, i ricercatori hanno testato diversi modelli di comportamento “beccante”.

Uno di essi, non riusciva ad attutire gli urti, mentre gli altri comportamenti, evidenziavano la presenza di una piccola “molla”, che collegava il becco dell’uccello alla testa, imitando un ammortizzatore.

«Per assorbire lo shock ed essere ancora in salute, è necessario un costo energetico enorme», spiega Van Wassenbergh.
Se i picchi avessero un cuscinetto incorporato per ridurre le forze sul loro cervello, dovrebbero martellare molto più duramente per praticare fori nel legno.
«Evolutivamente parlando– prosegue l’esperto- se assorbire lo shock peggiorasse la perforazione o lo scavo di nidi, questa funzione non avrebbe senso».

Come fa il picchio a evitare commozioni cerebrali?

Sostanzialmente, il nuovo studio confuta la teoria secondo cui i picchi avrebbero un meccanismo di assorbimento degli urti incorporato.
«Le dimensioni e l’orientamento del cervello dell’uccello lo salvaguardano», affermano gli autori.
Anche quando beccano molto energicamente, il cervello degli uccelli è in grado di attutire shock che, invece, provocherebbero una commozione cerebrale a un cervello umano.
Inoltre, i picchi possono attivare meccanismi specializzati per prevenire e riparare traumi cerebrali minori.
In effetti, esaminando i video, pare che i picchi si comportino entro una determinata soglia di sicurezza. «Gli uccelli dovrebbero perforare due volte più velocemente o colpire una superficie molto più rigida (come il metallo dei pali) per incorrere in lesioni», precisano i ricercatori.

Una questione di dimensioni e di biomeccanica

Lo studio genera molte interessanti domande su come gli uccelli riescano a evitare le lesioni cerebrali.
Studi futuri potrebbero esaminare i muscoli del collo, per capire come si flettono prima dell’impatto.
Ma veniamo alla questione
“dimensioni”.
«Probabilmente – spiegano gli autori – tutto dipende dalla dimensione dei picchi: poiché gli uccelli sono più piccoli, possono resistere a più forza degli umani prima di incorrere in un trauma cerebrale»
«Un animale che ha dimensioni più piccole può resistere a decelerazioni più elevate», dicono gli scienziati. «Questa è una legge biomeccanica».
Il cervello di un picchio è circa 700 volte più piccolo di un cervello umano. «Ecco perché anche i colpi più difficili che abbiamo osservato non dovrebbero causare alcuna commozione cerebrale», continua Van Wassenbergh.

Conclusioni

Alcuni scienziati non si sentono di escludere l’esistenza di una sorta di “cuscinetto ammortizzatore”. Jae-Young Jung, un ingegnere biomedico dell’Università della California di San Francisco, osserva che i picchi sono noti per sfidare avversari ben più duri del legno, compresi i pali metallici.
Anche se concorda sul fatto che gli uccelli sembrino non impiegare l’assorbimento degli urti per il martellamento quotidiano, suggerisce che potrebbero averne bisogno per altri scenari.
«Tuttavia– dice- lo studio potrebbe innescare nuove domande e nuove tesi su come i picchi svolgono effettivamente il loro lavoro, in totale sicurezza».
Inoltre, mostra ancora una volta la straordinaria capacità di adattamento degli uccelli ai loro stessi comportamenti.

Fonti
DOI: Current Biology 2022. 10.1016/j.cub.2022.05.052 (Informazioni sui DOI).

science.com

- Advertisement -spot_img

Numero verde ONA

spot_img

Chiedi assistenza gratuita