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martedì, Settembre 17, 2024

Piazza Navona: cosa si nasconde nei suoi sotterranei?

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Piazza Navona è una delle sette meraviglie della Roma Imperiale. Oltre al valore artistico, i sotterranei nascondono misteri e le leggende sui “fantasmi”.

Piazza Navona: cenni storici

Piazza Navona è una delle più famose piazze monumentali di Roma in stile barocco.
A farla edificare fu la famiglia Pamphili, per volere di Papa Innocenzo X, che verso la metà del 1600 commissionò agli eterni rivali Francesco Borromini prima e Gian Lorenzo Bernini dopo, la realizzazione delle fontane e la ricostruzione della chiesa di Santa Agnese in Agone.

Oggi, oltre al suo valore artistico è ricordata per il tradizionale mercatino dell’Epifania, per il martirio di S. Agnese e per il mercato rionale risalente al 1477.
Piccola curiosità: fino all’Ottocento, nei mesi caldi il mercato veniva sospeso.
I cittadini bloccavano le chiusure delle tre fontane e allagavano la piazza per avere un po’ di refrigerio.

I misteriosi sotterranei

Al di là della storia nota, forse non tutti sanno che sotto l’ex palazzo INA, a circa 4,50 metri di profondità, esistono dei sotterranei che ospitavano uno stadio.

Essi sono circoscritti in una zona compresa tra piazza Navona, piazza di Tor Sanguigna e via di Tor Sanguigna (quest’ultima realizzata in epoca fascista).

Piazza Navona: i resti dello Stadio di Domiziano

Già a prima vista, la moderna Piazza Navona ricorda la forma di un antico Stadio Romano. Ebbene, è proprio nei sotterranei che si cela il primo e unico esempio di stadio in muratura fino ad oggi conosciuto a Roma: lo stadio di Domiziano.

Il finora è d’obbligo visto che la città nasconde tuttora aree che non sono mai state esplorate. Anche Cesare e Augusto avevano edificato degli stadi, ma erano solo provvisori, costruiti in legno.

Uno stadio unico nel suo genere

Quello di Domiziano, costruito nell’ 85 d.C e restaurato nel III sec. dall’Imperatore Alessandro Severo, è di contro uno dei rarissimi esempi di struttura in muratura, al di fuori della Grecia e dell’area orientale.

Esso fu costruito insieme al vicino Odeion, un piccolo teatro oggi non più esistente destinato a spettacoli e gare poetiche.

Curiosità sullo stadio

Lo stadio era lungo 265 metri, largo 106 e poteva ospitare 30.000 spettatori. Questi si sedevano sulle gradinate sorrette da grandi arcate di travertino decorate con statue.
Le odierne strade di accesso alla Piazza, cioè Via Agonale, Corsia Agonale, Via della Cuccagna e Via di Sant’Agnese in Agone, corrispondono agli antichi ingressi monumentali, con avancorpi in colonne di travertino, disposti in corrispondenza degli assi maggiore e minore (fonte Wikipedia).

L’antico nome della Piazza

Anticamente la piazza era concava e si chiamava “agones” (in greco, in latino agonis, giochi) poiché lo stadio era adibito alle gare di atletica, i “Certamen Capitolino Iovi”, simili ai giochi olimpionici che si tenevano in Grecia. Nel Medioevo, il nome da “agones” si trasformò in “In agone”, “nagone“, “navone” e infine Navona.


Perché lo stadio fu abbandonato

I romani consideravano i giochi olimpici, come la corsa a piedi, il lancio del giavellotto e del disco o il salto in lungo, “poco virili”. Del resto erano abituati a spettacoli più cruenti come quelli che si tenevano nell’Anfiteatro Flavio.

Di conseguenza, lo stadio di Domiziano ebbe vita breve e durò esclusivamente per il breve periodo del regno del suo costruttore.

Successivamente fu impegnato come luogo per le esecuzioni capitali. Ed è proprio qui che avvenne il martirio di S. Agnese, oggi sepolta nelle omonime catacombe a Nomentana.


Piazza Navona: i frammenti dello stadio

Tra i frammenti dello stadio nascosti nei sotterranei, si possono ammirare dei meravigliosi resti scultorei quali ad esempio un torso in marmo pentelico, estratto in Grecia nella cava del monte omonimo. Piccola parentesi: nelle vicinanze si scoprirono cave di amianto, successivamente utilizzate dagli antichi greci.

Torniamo alla scultura del torso. Si tratta della copia dell’Apollo Liceo del IV secolo a.C. di Prassitele. Altri frammenti dello stadio si trovano sotto la chiesa di S. Agnese e nei sotterranei della sede della École Française de Rome a Piazza Farnese.

La statua di Pasquino a Piazza Navona

Lo stadio era decorato con alcune statue, una di esse ritraeva Pasquino (attualmente si trova nell’omonima piazza nei pressi di Navona).
La statua parlante, insieme ad alcune tra le più celebri e velenose composizioni affisse su di essa, è divenuta un tramite per manifestare il dissenso popolare nei confronti del potere.

Una scoperta a più tappe

I paramenti antichi dello stadio sono collocati a livello delle cantine dei palazzi di Piazza Navona. Essi furono scoperti in più tappe a partire dal 1868 fino al 1950.
Gli scavi, eseguiti sotto la direzione dell’archeolgo Antonio Maria Colini tra il 1936 e il 1938, portarono alla luce gli emicicli. Il ritrovamento avvenne in occasione dell’apertura di Corso Rinascimento a seguito del Piano regolatore del 1931 ad opera del Governatorato.

E i fantasmi di piazza Navona?

Una leggenda narra che dalle finestre di palazzo De Cupis, nelle notti di luna piena si veda l’ombra di una bellissima mano femminile dietro i vetri. Essa apparterrebbe a donna Costanza Conti, nobile che nei primi anni del Seicento sposò appunto un membro della casata De Cupis. Si narra che avesse delle mani perfette, tanto da essere celebrate da poeti, scrittori e artisti. Lo scultore Bastiano alla Serpenti riprodusse un calco di gesso delle stesse e le depose in una teca di vetro, adagiate su un cuscino di velluto.

L’opera divenne ben presto meta di pellegrinaggio. Un giorno, un prete di San Pietro in Vincoli affermò che per via della sua bellezza, qualcuno avrebbe potuto pensare di tagliare le mani alla vera proprietaria degli arti.
La bella Costanza, terrorizzata, visse nel rimorso di aver ceduto alla vanità e profeticamente, mentre era dedita al ricamo si punse un dito. Ben presto la ferita si infettò. La mano, gonfia e deformata, dovette essere amputata e la donna morì poco dopo.

Un patrimonio protetto dall’Unesco

L’intera zona archeologica fa parte del Patrimonio Unesco dell’umanità (sottoposta a tutela indiretta con Decreto Ministeriale del 7 Aprile 1954), ed è di competenza della Sovrintendenza Capitolina.

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