INPS e pensioni: cosa dice la Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha emesso una importante sentenza su un fenomeno molto frequente nel rapporto fra INPS e pensionati: infatti, spesso accade che l’ente di prevenzione sociale richieda indietro ai pensionati le maggiori somme erogate rispetto a quelle spettanti.
Nella stragrande maggioranza dei casi, il pensionato non sa nemmeno perché l’INPS gli abbia corrisposto cifre maggiori di quelle che gli toccavano ma è costretto alla restituzione, che di solito è operata automaticamente attraverso la decurtazione della pensione.
Il peso economico per il pensionato è duplice: la sua pensione diminuisce sia per il ricalcolo sia per la trattenuta operata dall’INPS.
I giudici, con la sentenza 482 dell’11 gennaio 2017, hanno stabilito che l’INPS non può chiedere i soldi indietro al pensionato
Cosa afferma la Corte
Infatti, secondo la Corte, “le pensioni possono essere in ogni momento rettificate dagli enti erogatori in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione o di erogazione della pensione, ma non si fa luogo al recupero delle somme corrisposte, salvo che l’indebita prestazione sia dovuta a dolo dell’interessato” – pertanto l’INPS, in qualsiasi momento può modificare l’importo delle pensioni erogate ad un cittadino, qualora nei controlli fossero rilevati degli errori. Tuttavia non potrà chiedere al pensionato di restituire le somme corrisposte in più.
L’unico caso in cui potranno essere chiesti i soldi indietro dal pensionato è quello del dolo dell’interessato. Cioè nell’ipotesi in cui gli errori legati al calcolo dell’assegno derivino da un comportamento fraudolento (ad esempio, una dichiarazione falsa) del pensionato, che quindi dovrà restituire i soldi: diversamente, se l’errore di calcolo è stato commesso dall’INPS, allora i soldi corrisposti in più restano nelle tasche del pensionato.