Il caldo afoso di questi giorni, che rientra in quelle che gli esperti chiamano ondate di calore, porta tutti a riflettere sulle conseguenze del cambiamento climatico. Se prima queste non erano percepibili, ora non si può più chiudere gli occhi davanti a temperature che sono abbondantemente al di sopra della media e che persistono anche per 10 giorni.
Il disagio e i problemi per la salute colpiscono larga parte della popolazione e forse potrebbe essere un bene. In molti potrebbero prendere coscienza dell’importanza di un passo indietro che gli scienziati e gli attivisti chiedono da tempo.
Ondate di calore: il cambiamento climatico aumenta l’intensità
Sono diversi gli studi scientifici che dimostrano che il cambiamento climatico acuisce le ondate di calore. Queste sono sempre, in tante parti del mondo, più lunghe, più calde e più frequenti.
Uno studio pubblicato su Nature Climate Change ha aggiunto che negli anni scorsi su 732 siti dei 6 continenti studiati, il 37% di tutte le morti correlate al caldo possono essere attribuite direttamente al cambiamento climatico.
Il costo in vite umane aumenta nei Paesi più poveri, sfiora il 77% di decessi in più in Ecuador e il 61% nelle Filippine. Si tratta di Paesi più caldi, è vero, ma anche con abitazioni che gestiscono peggio la distribuzione del calore e che non hanno aria condizionata. Inoltre i servizi che possano far fronte alle emergenze e alle esigenze dei più deboli sono insufficienti.
Le ondate di calore
Per ondata di calore si intende una successione di giorni in cui siano presenti temperature giornaliere (massime e/o minime) elevate. Provocano forti impatti sulla salute degli esseri umani, specialmente delle persone più anziane. Queste ultime sono, infatti, maggiormente soggette a risentire degli effetti di un marcato aumento della temperatura prolungato su più giorni. Hanno ovviamente conseguenze sociali ed economiche ed è interesse di tutti che le città studino azioni volte a contrastarne gli effetti.
Uno studio molto interessante in questo senso è quello pubblicato sulla Rivista geografica italiana, CXXIX, Fasc. 2, del giugno 2022, che studia questo fenomeno nella città di Torino. Si intitola: “Cambiamenti climatici e ondate di calore in ambito urbano. Temi, problemi e vissuti della cittadinanza nel caso torinese”. L’obiettivo è quello di capire appunto come fare a proteggere la popolazione.
Le città hanno caratteristiche urbanistiche che possono contribuire a creare isole di calore. Queste si verificano – spiega lo studio – dove le temperature di aria e suolo della zona urbanizzata siano significativamente maggiori delle stesse temperature rilevate nelle aree circostanti.
La ricerca dimostra anche che le conseguenze sulla salute sono più importanti nelle fasce sociali più basse. “L’accesso alle risorse e ai servizi non è infatti lo stesso per le persone che abitano in un medesimo luogo, così come diverso è il loro grado di responsabilità nei confronti del degrado ambientale e diversi sono i costi che determinate politiche ambientali implicano per differenti gruppi sociali”.
Non solo per le persone più povere ma anche per le donne, più colpite, secondo il rapporto su “Climate Change and Land” pubblicato dall’IPCC nel 2019 (IPCC, 2019) dai cambiamenti climatici rispetto agli uomini. Hanno, infatti, una capacità di adattamento più bassa per diverse cause.
La mortalità aumenta durante le ondate di calore
Durante un’ondata di calore prolungata aumentano i decessi, dovuti in particolare a problemi cardio-circolatori e a infarto. Per contrastare le alte temperature il nostro fisico reagisce attivando il sistema cardiovascolare, ma è uno sforzo per l’organismo, che aumenta quando le ondate di calore sono più prolungate. Per questo a volte la capacità di termoregolazione si blocca e sopraggiunge uno stress termico fisiologico che può essere davvero pericoloso.
Il riscaldamento globale è responsabile del 37% delle morti legate alle ondate di calore estremo avvenute tra il 1991 e il 2018. La percentuale è stata calcolata da uno studio pubblicato su Nature Climate Change. Gli esperti hanno ricostruito la mappa globale dei decessi da caldo record elaborando i dati di 732 località in 43 paesi. Da questi sono riusciti a scorporare i decessi aggiuntivi causati dal global warming indotto dall’uomo.
Il continente dove la percentuale di vittime è più alta è l’America centrale e meridionale. In alcuni paesi come Ecuador e Colombia l’aumento per cause antropiche tocca il 76%. Anche se meno il riscaldamento globale incide anche in alcune capitali europee: a Roma i morti in eccesso sono in media 172 (32% del totale), ad Atene 189 (26%), a Madrid 177 (quasi 32%).
Conseguenze del caldo estremo sul comportamento
Il caldo intenso e prolungato ha conseguenze sul comportamento delle persone e accentua aggressività e violenza. Gli studi Sanz-Barbero et al., 2018 e Schinasi e Hamra, 2017, hanno dimostrato il nesso tra le ondate di calore e violenze, anche sessuali. Come pure i femminicidi.
Qui possono fare molto i servizi destinati alle popolazioni più a rischio, che come abbiamo detto sono quelle economicamente più svantaggiate. Anche informazioni legate a come affrontare questo tipo di situazioni possono aiutare e limitare i danni.
Danni che sono anche psicologici. Durante queste giornate infinite in cui è difficile anche muoversi aumenta la sofferenza psicologica, i compiti che dobbiamo svolgere ogni giorno ci sembrano all’improvviso difficilissimi e ci si può sentire impotenti e frustrati.
Cosa si può fare per i più fragili
Per questo è fondamentale attivarsi a livello politico per mettere in campo nelle città azioni che possano contribuire a ridurre la mortalità, ma anche le violenze e i disagi dovute alle ondate di calore.
Possono aiutare soprattutto centri di aggregazione in cui fornire assistenza e informazioni alle persone più vulnerabili. In questo modo è possibile anche monitorarle e studiare le possibili strategie per affrontare il caldo estremo in particolare per i più fragili. Gli anziani abbiamo detto in primo luogo, ma anche le donne, e le fasce sociali più basse.
Fermare il cambiamento climatico
Contestualmente alla soluzione immediata per contrastare l’emergenza ed evitare un numero troppo elevato di decessi è necessario pensare a bloccare il cambiamento climatico.
Nell’accordo di Parigi del 2015, i Paesi si sono impegnati a limitare l’aumento della temperatura globale ben al di sotto gli +1,5°C rispetto all’era pre-industriale. Temperature più alte creano, come abbiamo visto, ondate di calore peggiori, maggiore siccità e inondazioni e l’aumento del livello del mare. Le azioni che seguono questi accordi, però, non sono ancora sufficienti.
L’Osservatorio nazionale amianto e il suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, lavorano da anni per la tutela dell’ambiente. Prima di tutto cercando di liberare il territorio dall’asbesto. Ma anche più in generale l’associazione ha ben chiaro il concetto che la tutela dell’ambiente è strettamente legata alla tutela della salute.