Non più vittime della pace, l’editoriale di Ruggero Alcanterini direttore di dirittoallasalute.net
Il 7 novembre del 2017 scrivevo: “Ieri, in una affollatissima conferenza, l’avvocato Ezio Bonanni e l’Osservatorio Nazionale Amianto hanno virtualmente portato fino in Campidoglio quelle sottili fibre, che hanno fatto la fortuna dell’Eternit e la disgrazia di migliaia di vittime. E l’incubo della collettività cresciuta in strutture avvelenate nel ventesimo secolo. Ancora tali per la gran parte, mettendo a rischio di mesotelioma il nostro futuro, salvo azioni drastiche di risanamento. Case, ospedali, stazioni e treni, navi o impianti sportivi, tutto è stato tirato su per decenni appunto con la magica formula all’amianto.
La demolizione del Velodromo all’Eur
Adesso siamo di fronte al solito problema del coraggio di governare, della necessità di agire, finché si è in tempo. Ad esempio e memoria perenne di come lo Stato, sino a pochi anni fa, abbia agito con negligenza su di una questione di così vitale importanza, ho voluto ricordare la brutale demolizione del Velodromo all’Eur. Fatta nel 2009 con una miriade di cariche al tritolo e che con un colpo solo cancellò una parte gloriosa di Roma Olimpica. Nello stesso tempo spedì un fungo all’asbesto di sembianze atomiche sul Quartiere dell’Esposizione Universale -Torrino e sul resto della Capitale. Per quell’episodio, di ‘pelosa’ arroganza, pur a fronte della Legge del 1993 e dei divieti ‘comunitari’ del 1999, a nulla valsero proteste e sospensioni. Adesso rimane l’eventualità di dover risarcire la salute dei cittadini e magari l’Ona se ne occuperà…”.

Aggiungendo le immagini di quel che fu l’irresponsabile e demenziale abbattimento di un monumento della storia sportiva e del nostro Paese, si ha l’idea, la percezione senza mezzi termini, di cosa significhi trovarsi nella nube tossica, micidiale di una esplosione all’amianto. Quello che si è cercato di evitare si è ripetuto per l’abbattimento dei tronconi del Ponte Morandi, a Genova. L’amianto è un pericolo letale che si moltiplica e si amplifica quando capita in teatri di guerra e dove non si può davvero parlare di cautele possibili.
Non più vittime amianto, pericolo letale anche nei teatri di guerra
Dunque, questo è il caso delle migliaia di nostri militari, di nostri operatori al servizio del Ministero della difesa o di altri civili. Come medici, giornalisti, volontari del soccorso, che loro malgrado si trovano immersi nelle infernali nebbie. Qui i veleni si sommano e si esaltano sino alla iperbole dell’uranio impoverito, aggiungendo il paradosso del fuoco amico a prescindere. Mietendo vittime anche sulla base di una semplice ipotesi di difesa, piuttosto che di offesa, stando ai danni riportati da chi semplicemente si esercita nei poligoni o gestisce depositi di munizioni, da chi naviga su mezzi coibentati all’asbesto.
Se delle vittime civili si intuisce la punta di un enorme iceberg mimetizzato nel pattume reale e virtuale, che soffoca il nostro sistema e che tende ad emergere grazie all’azione costante di denuncia e proposta dell’associazionismo, di più si rimarca l’evidenza del rischio documentato in campo militare.