La Corte di Appello di Catania ha confermato la sentenza di condanna dei ministeri della Difesa e dell’Interno a riconoscere vittima del dovere il motorista navale della Marina Militare Salvatore Arcieri.
Motorista navale morto a causa dell’amianto
Arcieri, nato ad Augusta, in provincia di Siracusa, è morto nel 2009, all’età di 68 anni. Un mesotelioma pleurico causato dall’esposizione ad amianto non gli ha dato scampo. L’asbesto lo ha respirato negli anni di servizio presso la Marina Militare, in tutti i luoghi frequentati dal militare, sulle navi e a terra.
In primo grado condannati ministeri Difesa e Interno
Per questo dopo la sua morte sua moglie, Vincenza Pungello, e i suoi 5 figli si sono rivolti all’Osservatorio nazionale amianto e al suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, per ottenere i benefici amianto. In primo grado il Tribunale i 6 ricorrenti hanno ottenuto quanto richiesto.
In Appello confermata la sentenza. Esclusi figli non a carico
I ministeri, però, hanno presentato ricorso contro la sentenza del Tribunale di Siracusa 1085 del 2020. I giudici della Corte di Appello hanno ora respinto il ricorso, se non in un punto. “Un punto dolente – ha spiegato l’avvocato Bonanni – quello dei figli non a carico. Negando a 3 dei 5 figli di Arcieri (Sebastiano, Laura e Dario), il risarcimento perché al momento della morte del padre non erano conviventi.
Bonanni: “Vuoto normativo che va colmato”
Una discriminazione, un vuoto normativo che va colmato al più presto”. La sentenza conferma comunque, ancora una volta, la presenza di amianto sulle navi della Marina e il nesso causale con il mesotelioma che ha ucciso, purtroppo, tanti militari. Nel settore della Difesa militare in totale sono 982 i casi registrati dall’Inail nel VII rapporto ReNaM (con dati fino al 2018).
Motorista navale a contatto ogni giorno con amianto
Arcieri, in particolare, si è arruolato all’età di 16 anni in Marina, nel 1957, dove ha svolto servizio per 6 anni. Si è imbarcato sulle navi “Mitilo”, “Chimera” e “Vittorio Veneto”, per più di 15 mesi. La Procura di Padova, che ha svolto le indagini, ha spiegato che l’uomo “è stato impiegato nella diretta manipolazione di materiali in amianto, anche in forma di lastre e cartoni, presenti nella protezione delle paratie tagliafuoco, dei pavimenti e dei locali a motore, con esposizione anche indiretta e ambientale, in assenza di prevenzione tecnica e di protezione individuale”.
“Il militare – si legge ancora nella sentenza della Corte di Appello – era privo di informazioni circa il rischio amianto e svolgeva la sua attività di servizio in luoghi chiusi ed angusti”.

Figli non a carico, Laura Arcieri: “Non ce lo aspettavamo”
“Non ce l’aspettavamo – ha commentato la figlia Laura, secondogenita ed esclusa dai benefici amianto – abbiamo un po’ l’amaro in bocca. Non pensavamo di essere tirati fuori, per questo faremo ricorso in Cassazione.
Mi sembra discriminatorio, non ci sono figli e figliastri, tutti noi abbiamo sofferto per la morte di nostro padre, avvenuta prematuramente a causa dell’asbesto e di una Marina militare che è stata matrigna. Per colpa dell’amianto mio padre si è ammalato e se n’è andato in 3 settimane e abbiamo ricevuto una giustizia a metà”.
Gli stessi giudici nell’accogliere il ricorso sul punto hanno scritto: “La l. n. 266 del 2005 non ha provveduto all’unificazione della categoria delle vittime del dovere con quella delle vittime della criminalità organizzata, avendo solo fissato l’obiettivo di un progressivo raggiungimento di tale fine”. È ora il caso di colmare questo divario.