“Non ci hanno mai informato dei pericoli a cui andavamo incontro”
Alfredo Cesini, primo Maresciallo dell’Esercito Italiano, malato di cancro per esposizione ad amianto e uranio impoverito, perché pilota. Infatti, l’amianto è stato utilizzato anche negli elicotteri dell’Esercito Italiano.
Epidemia di cancro nei militari dell’Esercito Italiano: il caso Cesini
Sono molti i militari dell’Esercito Italiano che hanno svolto missioni all’estero senza essere informati dei rischi a cui erano esposti. Sapevano che queste missioni comportavano dei pericoli ma non che questi fossero legati alla contaminazione con sostanze cancerogene.
Una voce inascoltata, quella del dubbio che si insediava nella mente di Alfredo e degli altri militari, che chiedevano ai loro superiori quali fossero le complicazioni e i danni che avrebbero potuto subire recandosi in missione nei teatri di guerra.
Alfredo Cesini ha lavorato per l’Esercito Italiano dal 1979 al 2007, inizialmente ammesso in ferma volontaria di due anni presso la Scuola Allievi Sottufficiali di Viterbo e, successivamente, inviato al Corso Piloti di Elicotteri alla Scuola di Volo di Frosinone dell’Aeronautica Militare Italiana.
Per questo, Alfredo, pilotò elicotteri dell’aviazione dell’Esercito su aree di guerra, in missioni molto pericolose per l’instabilità politica e militare di quegli Stati in quel periodo storico.
Decollò e atterrò su basi, aeroporti e zone in cui c’erano stati bombardamenti con esplosivi convenzionali e con uranio impoverito. Al Cesini fu ordinato proprio di intervenire in questi luoghi in cui erano esplose pallottole all’uranio impoverito e di raccogliere i cadaveri di civili e soldati feriti in seguito all’esplosione. Non solo, in caso di ordigni inesplosi, doveva recuperare i proiettili.
Un compito, quello di Alfredo, che avrebbe segnato chiunque, per le cose che era costretto a vedere, la brutalità dei resti della guerra. Ma non fu questo che lo portò ad ammalarsi. La vista dei teatri di guerra lasciava in lui, come racconta sua moglie, un silenzio tombale che durava quasi una settimana al rientro dalle missioni.
La relazione medico legale e l’esposizione a uranio impoverito e altri cancerogeni
Nei mesi di missione in Kosovo il regime alimentare era altamente tossico e i militari mangiavano cibi contaminati attraverso il lavaggio e la cottura con acqua non controllata chimicamente e batteriologicamente.
Erano, inoltre, coinvolti dall’immissione delle sostanze chimiche emesse dalle ciminiere delle centrali termoelettriche.
Da non dimenticare il danno fisico recato dai vaccini multipli effettuati in tempi ravvicinati. Il militare, informato poco prima della partenza e, quindi, era sottoposto a un programma vaccinale in tempi veloci altamente lesivo per la salute.
Dalla documentazione in atti e dalle informazioni raccolte dai soggetti sentiti, la presenza di amianto appare confermata (oltre che in edifici e impianti tecnologici) sotto forma di guarnizioni e materiali di attrito quali freni e frizioni in aerei ed elicotteri, sistemi d’arma (missili e lanciamissili), autoveicoli e altri tipi di veicoli (blindati, carrelli rimorchiati).
Da non dimenticare che erano in amianto le guarnizioni, condotti, tubi e pastiglie dei freni.
Alfredo Cesini, ormai a letto senza la forza di parlare, sente la necessità di raccontare la sua storia
Un uomo coraggioso, Alfredo, che ha bisogno di parlare, anche a discapito della salute, perché le cose non rimangano nascoste nel silenzio e per far sì che altri sappiano la verità sulle missioni all’estero.
“Dopo aver effettuato alcune prove fisiche e di idoneità io e i miei colleghi ci siamo arruolati. Il nostro scopo era quello di diventare piloti di elicotteri dell’Esercito. Ho fatto questa scelta per passione verso il volo e dedizione per lo Stato.
Durante una missione in Albania, insieme ai miei colleghi, siamo stati presi in ostaggio. Io ero comandante dell’aeromobile, poi c’era il copilota e tre persone dell’equipaggio. Alcune persone con armi alla mano ci hanno costretti ad atterrare in una zona da loro richiesta. Abbiamo rischiato la vita. Dopo averli portati sul posto ci hanno lasciato liberi”.
Successivamente, chiese al comandante, data la pericolosità delle missioni e il trasporto di persone malate, di evitare questi viaggi e di mandare le ambulanze.
“Prima di andare in missione io e i miei colleghi – continua Alfredo – abbiamo chiesto se la zona era bonificata o c’erano dei pericoli a causa dei bombardamenti e dei proiettili. Non hanno risposto. Questo ci è pesato molto perché qualcuno sapeva e non voleva o poteva darci le risposte sulla sicurezza. Siamo stati mandati lì a Sarajevo, in Iraq, in Afghanistan e in altre missioni chiedendo informazioni e sicurezza sul lavoro e non avendo risposte sulle precauzioni che potevamo adottare. Ci dissero che la zona era idonea. Ma la situazione, secondo noi, non era chiara”.
Esposizione ad uranio impoverito e metalli pesanti: i casi sono molti
Alfredo Cesini ha effettuato vari controlli, come l’esame delle urine, che hanno dimostrato elevate concentrazioni di metalli pesanti come nel caso del Col. Carlo Calcagni, già ufficiale elicotterista del Ruolo D’Onore dell’Esercito Italiano, impiegato negli stessi teatri di guerra di Alfredo Cesini.
Difeso dall’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, perché i suoi diritti siano riconosciuti e il suo status di Vittima del dovere.
“Penso a tante persone che sono nella mia stessa situazione e sento doveroso informare quelli che non sanno e, purtroppo, hanno contratto patologie legate all’esposizione a queste sostanze cancerogene”.
La legge tutela i lavoratori e la sicurezza sul lavoro. È necessario che questa venga rispettata, per coloro che vogliono giustizia e, soprattutto, per evitare che ancora una volta queste ingiustizie rimangano impunite.