di Valentina Renzopaoli
Malata di leucemia chiede i danni agli ospedali che l’hanno curata
La vita appena ad un filo, una malattia resistente a tutto, la Leucemia. La speranza fiaccata da anni di cure e il dubbio, atroce, che chi avrebbe potuto e dovuto fare qualcosa, abbia trascurato il proprio compito, soprasseduto al proprio dovere o, peggio, “usato” la situazione per interesse.
Eleonora
Ha 31 anni, un quarto dell’esistenza trascorsa da un’ospedale all’altro, una laurea in Giurisprudenza in tasca, una voce da bambina e una forza da vera guerriera. Da oltre sette anni è malata di leucemia linfoide acuta. Dopo una lunghissima odissea ha intrapreso una causa civile nei confronti del Policlinico Umberto I e dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia. Le motivazioni: “negligenza e imprudenza e imperizia” e per “perdita di chance”, e per chiedere l’integrale risarcimento di tutti i danni subiti, patrimoniale e non patrimoniali.
L’incubo della leucemia
Inizia nel 2009 quando le viene la malattia: Eleonora si affida al reparto di Ematologia del Policlinico Umberto I di Roma, dove viene immediatamente ricoverata per cominciare il protocollo terapico previsto per la sua patologia. Quasi quattro anni di cure durissime comprensivi di cicli di radioterapia al cranio e chemioterapia.
La vita di Eleonora viene sconvolta
ma nell’agosto del 2012, alla fine del protocollo di cura, si accende una speranza: la malattia si conferma in remissione.
Eleonora tenta di riprendere le fila della sua giovanissima esistenza, ma non passa nemmeno un anno e, nel maggio 2013, dopo uno dei consueti controlli mensili piomba di nuovo nel buio.
Si ricomincia daccapo
Viene nuovamente ricoverata presso l’Umberto I, dove l’esito di una tac avrebbe rivelato la presenza di cellule leucemiche anche nell’ovaio sinistro. Le fanno la biopsia ma l’esito di questo esame le rimarrà sempre sconosciuto.
La ragazza racconta: “Torno in ospedale ma per quindici giorni, in attesa del responso della biopsia, rimango in regime di mantenimento senza iniziare il protocollo”.
Avvio della chemioterapia
L’obiettivo è quello di ridurre la presenza del “mostro” per consentirle, presumibilmente, di effettuare il trapianto di midollo osseo. Ma, alla fine della terapia, una complicanza epatica le impedisce di essere sottoposta all’intervento. Per fortuna però le cure hanno fatto effetto ed Eleonora sembra stia meglio. La ragazza prosegue quindi l’iter terapico con chemioterapie di mantenimento in regime ambulatoriale.
Arriviamo così all’inizio 2015: la ragazza è tenace e riesce persino a trovare un lavoro nonostante la leucemia.
Poi a maggio la terza ricaduta, terribile ed estenuante. Dai medici del Policlinico Umberto I arriva la proposta inaspettata: “Mi propongono di sottopormi ad una cura sperimentale immunoterapica che utilizza cellule killer per attaccare le cellule malate. Mi dicono che gli effetti a lungo termine sono ancora in parte sconosciuti e io in un primo momento non accetto. Ma poi, presa dallo sconforto, non vedendo altra soluzione dico di sì. Mi spiegano che si tratta di una “terapia ponte” necessaria per far regredire la malattia e arrivare finalmente al trapianto. Lo scrivono anche nella relazione clinica”.
E così riparte l’odissea della malattia
Dopo il primo ciclo arrivano i risultati, la malattia è in regressione. Si procede con il secondo ciclo e a metà del percorso Eleonora inizia a chiedere informazioni sul trapianto. Ma nessuna risposta: “Aspetto ancora ma solo silenzio, poi riesco a parlare con la trapiantologa alla presenza delle ematologhe che mi avevano in cura e della psicologa “.
Ed ecco la rivelazione choc
“La risposta tanto attesa è: per il trapianto non c’è posto”. Rimango allibita. Sapevo che c’erano almeno due donatori compatibili con me al 90%. La posizione dell’ospedale era inspiegabile, soprattutto alla luce del fatto che la scelta di assumere un farmaco sperimentale, era stata dettata esclusivamente dalla prospettiva di arrivare al trapianto”.
Eleonora, malata di leucemia tra incertezza e disperazione
Ma ancora una volta reagisce: cambia ospedale per effettuare più velocemente il trapianto. Entra al Santa Maria della Misericordia di Perugia per il trapianto di midollo da genitori. La mamma e il papà di Eleonora si sottopongono ad uno screaning completo, una miriade di analisi per un valore di circa 2mila euro. Ma anche in questo caso, il tempo passa. Dell’operazione nessuna notizia.
“Cresce in me il terrore che la malattia torni, arriviamo al mese di dicembre e sono ancora scoperta dai farmaci. Infatti il 14 gennaio le analisi dicono che la malattia è tornata. Sono sul punto di mollare, non ce la faccio davvero più, dopo anni di tentativi la malattia è sempre lì, resistente a tutto ed io non vedo più via d’uscita”.
Alla fine Eleonora tenta l’ultima spiaggia: il San Raffaele di Milano
Costretta ad una potentissima chemioterapia per contrastare la leucemia, che provoca effetti collaterali di ogni tipo, lo scorso primo settembre Eleonora viene finalmente sottoposta a trapianto. E’ il papà a donargli le cellule del suo midollo. Ora lotta contro la leucemia cercando di superare la fase post operatoria.
“Avrei potuto fare il trapianto molto prima e avere più chance di vivere. Mi hanno costretta a perdere tempo con una malattia con la quale il tempo non si può perdere. Una malattia così grave non può essere trattata come un’influenza”.
Perdita di chance per la mancanza del trapianto, negligenza e imprudenza in perizia. Con questa motivazione il legale di Eleonora, l’avvocato Ezio Bonanni, ha notificato una richiesta di risarcimento danni in sede civile nei confronti del Policlinico Umberto I di Roma e dell’ospedale Santa Maria della Misericordia.
“Abbiamo agito in sede giudiziaria con richiesta di risarcimento dei danni per perdita di chance: aver temporeggiato e inizialmente negato un posto, ha fatto aggravare le condizioni di salute della paziente”, spiega l’avvocato Bonanni. “Ulteriore azione di risarcimento danni è per la violazione del Codice di Deontologia Medica (artt. 33 e 35) e in particolare del diritto del paziente ad essere esattamente informati e per l’acquisizione del consenso informato”.