Una squadra di “acquanauti” ha scoperto un’oasi di vita, nascosta nelle profondità oceaniche delle Maldive. Nessuno finora aveva mai descritto questo ecosistema.
Maldive: scoperto un ecosistema mai descritto prima
Maldive. La Nekton Maldives Mission, condotta nei pressi di una montagna sottomarina dell’arcipelago, ha svelato l’esistenza di un ecosistema assai fiorente.
Secondo il biologo marino Alex Rogers dell’Università di Oxford, “non era mai stato descritto prima”. Fino a poco tempo fa, non si sapeva infatti quasi nulla di ciò che si trovava sotto i trenta metri di profondità in questa regione.
Battezzato “Trapping Zone”, il mondo sommerso si trova a 500 metri di profondità.
In questo luogo remoto, i pesci di grossa dimensione si riuniscono per banchettare a base di micronekton, organismi simili allo zooplancton, anche se leggermente più grandi (tra i 2 e i 20 centimetri).
Piccola curiosità: secondo alcune stime, tutti i micronekton del mondo pesano oltre 10 miliardi di tonnellate, 45 volte più pesanti di tutti noi umani.
Una missione nata dalla sinergia fra autorità e scienziati
Nekton è il primo studio a mappare sistematicamente le acque profonde delle Maldive, una catena composta da 26 atolli corallini a sud-ovest dello Sri Lanka e dell‘India.
A finanziarlo, l’istituto di ricerca non-profit Nekton, con sede al Begbroke Science Park di Oxford, il Governo delle Maldive e un’alleanza internazionale formata da esperti in tecnologia, filantropi, media e partner scientifici.
Lo scopo della missione, è quello di condurre la prima indagine sistematica della vita oceanica nelle Maldive, dalla superficie a 1000 metri di profondità.
«Questa conoscenza potrebbe aiutare ad attuare adeguate politiche di conservazione e sviluppo sostenibile», spiega Oliver Steeds, amministratore delegato e direttore della missione.
L’impresa è iniziata il 4 settembre ed è durata 34 giorni.
Maldive: a cosa si deve la Vertical Migration?
Il team internazionale, si è imbattuto nel nuovo ecosistema, nei pressi della montagna sommersa “Satho Rahaa”. La scoperta è arrivata monitorando il movimento del micronekton, (possono nuotare indipendentemente dalla corrente marina).
Di notte, questi minuscoli organismi si spostano verso la superficie, di giorno invece si immergono nelle acque profonde, verso la montagna sottomarina. Questo fenomeno è noto con il nome di “Vertical Migration”.
Definito come “la più grande e inspiegabile migrazione di massa del Pianeta”, si riteneva che tale fenomeno fosse collegato alle diverse geomorfologiche e ai parametri biologici delle isole oceaniche, come le Maldive. Oggi tuttavia si sono comprese le sue dinamiche.
In pratica, la presenza di creste vulcaniche sommerse e barriere coralline fossilizzate (formate 60 milioni di anni fa), impedisce ai minuscoli organismi di andare ancora più giù.
Il micronekton rimane pertanto intrappolato a 500 metri di profondità, tra ripide scogliere verticali e larghi terrazzamenti, diventando facile preda dei pesci che risiedo nella zona.
Il sottomarino Omega Seamstaer II riprende una singolare lotta
A bordo del sottomarino Omega Seamaster II, gli acquanauti hanno assistito a una vera e propria lotta per la sopravvivenza.
Le prove video delle telecamere scientifiche, combinate con campioni biologici raccolti e un’ampia mappatura del sonar, hanno mostrato la “danza” dei predatori affamati, intenti a cibarsi di micronekton.
Parliamo di squali tigre, squali branchiali, squali gulper, squali martello smerlati, squali seta, squali tigre della sabbia, il rarissimo squalo bramble, alfonsinos e alcuni pescecane (termine con cui si indicano diverse specie appartenenti agli elasmobranchi).
Anche lo Pseudocyttus maculatus, che gli anglofoni chiamano “pesce oreo appuntito” per via della somiglianza con il famoso biscotto, ama i minuscoli organismi.
Conoscere l’ecosistema per tutelare gli oceani
Con ogni probabilità, un tale ecosistema potrebbe esistere anche su altre isole oceaniche con strutture sottomarine simili a quelle delle Maldive.
«La scoperta potrebbe avere importanti implicazioni per altre isole oceaniche e pendici dei continenti. Potrebbe aiutarci nella gestione sostenibile della pesca, nello smaltimento e stoccaggio del carbonio e nel monitoraggio dei cambiamenti climatici»-sostiene Il presidente delle Maldive S.E. Ibrahim Mohamed Solih.
A lui fa eco, Lucy Woodall, scienziato e professore associato di biologia marina all’Università di Oxford.«Conoscere questi organismi, ci permetterà di capire cosa accade nelle profondità oceaniche. In questo modo potremo attuare migliori pratiche di conservazione degli oceani».
Il cambiamento climatico minaccia gli ecosistemi
Sfortunatamente, recenti rapporti sul clima suggeriscono che alcuni micronekton, in alcune parti del mondo, come il krill in Antartide, stanno soffrendo a causa del riscaldamento globale.
Se dovessero scomparire, molti altri pesci, mammiferi e uccelli, che si nutrono di questi organismi, potrebbero estinguersi. Da qui l’urgenza di non degradare l’ambiente e proseguire nella ricerca.
(foto dal sito https://nektonmission.org)
Fonti