Amianto nelle ferrovie e nei mezzi pubblici
L’amianto è un killer che non perdona, quasi mai. Anzi, silenzioso e beffardo, colpisce a distanza di anni chi ci ha vissuto, suo malgrado, a stretto contatto.
Un killer che, in un solo colpo, fa più di una vittima: non solo chi si è ammalato, nella maggioranza dei casi nell’esercizio della professione, o peggio ancora, perde la vita, ma anche familiari e amici, costretti ad assistere, spettatori inermi e impotenti, davanti alla sofferenza del proprio caro senza nulla potere.
Per questo, l’amianto è causa di vere e proprie tragedie familiari. Tantissimi, insomma, gli “effetti collaterali”.
E, fate attenzione, non stiamo parlando di quelli fisici, che pure basterebbero, ma di quelli spesso causati da una burocrazia cieca e sorda che aggiunge dolore a dolore.
Come nel caso del sig. Gerolamo Rissotto, al quale alla malattia si è aggiunta anche la negligenza da parte delle strutture mediche.
A raccontarci la storia di quest’uomo, esemplare lavoratore, purtroppo scomparso per mesotelioma da qualche anno, è suo figlio Paolo che ha iniziato una battaglia, dolorosa e dignitosa, in nome e nel ricordo del padre che non c’è più e di quanti come lui hanno avuto la stessa sfortunata sorte.
Una battaglia che smetterà di combattere solo quando la giustizia avrà fatto il suo corso, riconoscendogli ciò che gli è dovuto.
Paolo, dove ha lavorato il suo papà e di cosa di occupava?
Mio padre ha iniziato a lavorare nei cantieri navali di Genova, siamo negli anni ’60.
Ovviamente, l’esposizione ad amianto era altissima nei cantieri, mio padre sapeva della presenza di questo materiale, ma in quegli anni non si conoscevano le ripercussioni gravissime sulla salute per chi era obbligato, per motivi di lavoro, a starci a stretto contatto.
Le sue mansioni all’interno del cantiere fra l’altro lo costringevano ad un contatto diretto con quello che, a sua insaputa, è stato un vero e proprio veleno che ha intaccato la sua salute lentamente negli anni.
Nei circa 20 anni passati in cantiere è stato prima tubista e successivamente spostato in officina come meccanico.
Negli anni 80, e precisamente dall’80 all’82 all’incirca, ha lavorato nelle Ferrovie ed era utilizzato dalla compagnia come una sorta di jolly: dove c’era carenza di personale veniva spostato e spesso lavorava all’interno delle carrozze come bigliettaio.
L’amianto in questo caso, è risaputo, era utilizzato come materiale coibentante delle carrozze.
Gli ultimi 20 anni circa, prima di andare in pensione nel 2003, li ha passati lavorando come autista dei pullman in AMT, e anche qui, nonostante la messa al bando dell’amianto dal ’93, la compagnia si avvaleva comunque di mezzi molto vetusti la cui coibentazione era, indovini un po’?
Sempre di amianto…
Quando avete scoperto che si era ammalato di mesotelioma?
Mio padre sapeva della presenza massiccia di amianto, ma all’epoca non ci si preoccupava più di tanto della cosa, c’era tanta disinformazione sulla questione.
Le preoccupazioni sono iniziate quando tra i colleghi si sono verificati i primi sintomi dovuti ad una malattia che non si conosceva ancora: il mesotelioma.
Ricordo molto bene che intorno al 92/93 un collega di papà, per giunta suo migliore amico che per me era come uno zio, una persona davvero cara, è venuto a mancare proprio per mesotelioma.
Da li iniziò a preoccuparsi di più poiché furono anche gli anni in cui il materiale venne bandito e sopratutto in cui l’informazione cominciò ad essere più chiara.
Nel frattempo, era emerso, che i tempi di incubazione erano lunghissimi, anche 20/30 anni e papà sapeva perfettamente che in tutti gli anni che aveva lavorato c’ era stato a contatto.
Cercò anche di non pensarci più di tanto poiché, ormai, non avrebbe potuto fare niente per evitarlo, nemmeno volendo.
Questo fino a quando non ha riscontrato i primi sintomi nel 2012. Ha fatto subito i controlli e gli è stato diagnosticato il mesotelioma. Poco più di un anno dopo è venuto a mancare.
Cosa è successo non appena avete scoperto la malattia?
Subito dopo che gli venne diagnosticato il mesotelioma decidemmo di portare mio padre all’Ist.
San Martino poiché ci eravamo informati e avevamo saputo che era specializzato nella gestione di questi casi, in quanto Istituto Nazionale di ricerca sul cancro.
L’assistenza ricevuta però nel nostro caso, non so quanto per sfortuna e quanto per vera e propria negligenza da parte dei medici, purtroppo non è stata all’altezza delle aspettative.
I medici infatti diedero a mio padre “false speranze” consigliando un’operazione ad un polmone che, a detta loro, avrebbe potuto salvarlo.
Il problema, però, fu che dagli esami fatti vi erano chiari segnali che anche l’altro polmone era ormai compromesso seppur meno dell’altro che hanno voluto operare.
Ovviamente se fosse stato un solo polmone ad essere compromesso, la scelta dell’operazione sarebbe stata giusta.
Ma con entrambi i polmoni compromessi, i medici hanno sottoposto mio padre ad un’operazione pressoché inutile.
Come se non bastasse, purtroppo l’operazione è stata anche sbagliata e mio padre è stato sottoposto successivamente ad altre operazioni per correggerla.
Una negligenza imperdonabile da parte dei medici. Sofferenza su sofferenza.
È stato un anno terribile quello, poiché mio padre non solo ha dovuto solo combattere con il tumore che avanzava e lo indeboliva giorno dopo giorno, ma anche con una serie di interventi “evitabili” che lo hanno sfiancato ancor di più.
Quando avete conosciuto l’ Avv. Ezio Bonanni?
È stato allora che, di fronte a un evidente caso di “malasanità”, mi sono messo in moto per reagire e fare qualcosa.
Mi misi in contatto con l’ONA (Osservatorio Nazionale Amianto) nella persona del suo presidente avv. Ezio Bonanni che ci ha subito consigliato intanto di procedere per trovare chiarezza da un punto di vista medico.
Siamo in attesa dell’udienza che ci sarà il prossimo luglio in cui finalmente il giudice si pronuncerà sperando si concluda intanto una parte di questo calvario.
Poi c’è il capitolo che riguarda i riconoscimenti da un punto di vista lavorativo e anche qui l’avvocato Ezio Bonanni è al mio fianco quotidianamente, da un punto di vista legale e personale, stiamo lavorando alla costituzione di un Comitato Vittime della ferrovia Genova Caselle e AMT (azienda trasporti di Genova), dobbiamo assolutamente tenere alta l’attenzione di autorità e media affinché nessuno dimentichi le vittime e le loro famiglie.
Faremo di tutto per poter procedere al meglio nella nostra “battaglia” che non è solo per chi non c’è più, ma per fare in modo che quanto è successo a noi e alle nostre famiglie, non si ripeta in futuro.
Dobbiamo dire basta tutti insieme a questa sofferenza, a un lungo elenco di morti che potevano e dovevano essere evitate”.
Ci auguriamo che il Sig. Rissotto Paolo e tutte le altre vittime dell’amianto in Genova, e nel resto della Liguria e d’Italia, abbiamo giustizia.
Ogni anno più di 6mila persone perdono la vita per patologie asbesto-correlate – più di 1.500 solo per il mesotelioma – e poi ci sono i tumori polmonari, quelli del tratto gastro-intestinale, all’ovaio e le patologie non neoplastiche, tra le quali quelle fibrotiche (asbestosi, ispessimenti pleurici, placche pleuriche).
L’azione dell’Osservatorio Nazionale Amianto
Sono anni che l’Osservatorio Nazionale Amianto si batte per la bonifica, quindi per evitare le esposizioni e quindi le nuove patologie che si manifesteranno nei prossimo 20/30/40 anni, perchè i malati e i morti di oggi sono il risultato di esposizioni avvenute nei decenni scorsi.
L’Osservatorio Nazionale Amianto ha istituito diversi dipartimenti di assistenza.
Tutti i cittadini possono rivolgersi all’associazione, facendone richiesta con una semplice e-mail all’indirizzo osservatorioamia nto@gmail.com.
Il Sig. Paolo Rissotto è il coordinatore del Comitato Vittime Amianto in Genova-Caselle e AMT, ed eventuali altre vittime e familiari possono rivolgersi a lui, inoltrando una e-mail all’Osservatorio Nazionale Amianto, ovvero contattando il Presidente, Avv. Ezio Bonanni, al n. 335/8304686.