L’AGENZIA INTERNAZIONALE PER LA RICERCA SUL CANCRO IARC, CHE FA PARTE DELL’OMS (ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ), HA PUBBLICATO DATI CHE ATTESTANO COME IL MESOTELIOMA, TUMORE RARO ASSOCIATO IN PREVALENZA ALL’ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO (ULTIMO AGGIORNAMENTO 6 LUGLIO 2021), CONTINUI A UCCIDERE MOLTI LAVORATORI. E DI MESOTELIOMA È MORTO GIAMPIERO DEFENDINI, DIPENDENTE DELLA TELECOM GIÀ SIP. NONOSTANTE LE EVIDENZE, L’INAIL AVEVA ORIGINARIAMENTE SOSTENUTO L’ASSENZA DELL’ESPOSIZIONE AL KILLER INVISIBILE DELLA VITTIMA
L’amianto killer: odissea di un lavoratore
La storia di oggi, rappresenta un simbolo tangibile della lotta contro il nemico subdolo annidato nell’industria delle telecomunicazioni: l’amianto. Un racconto amaro, che ha per protagonista Gian Piero Defendini, dipendente dell’azienda di telefonia.
Il pericoloso minerale che ha provocato la sua morte era utilizzato per avvolgere i cavi, per evitare il rischio incendio, come impasto, nelle costruzioni e nei cavidotti.
Eppure, inizialmente l’INAIL aveva sostenuto l’assenza dell’esposizione alle fibre della vittima.
Non dello stesso avviso i familiari e l’avv. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), il quale ha impugnato il provvedimento dell’INAIL e ha chiesto che il Tribunale di Roma accertasse la verità.
Le tesi dell’INAIL si sono rivelate fallaci e i giudici hanno accolto la tesi sostenuta dall’avv. Ezio Bonanni.
l’Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro si pertanto è vista costretta a riconoscere la malattia professionale e a costituire la rendita di reversibilità in favore della vedova del lavoratore deceduto. Ma veniamo alla storia.
L’amianto killer e il mesotelioma
Il sig. Gian Piero Defendini, è morto all’età di 71 anni, a distanza di due anni dai primi accertamenti (nel 2018), per aver contratto il mesotelioma pleurico, “complicato da metastasi linfonodali e pleuriche”.
A scatenare la terribile malattia asbesto-correlata, ad oggi incurabile, l’esposizione professionale a polveri e fibre di amianto aereo disperse, in concentrazioni superiori alle 100 ff/ll, (fibre/litro) per otto ore al giorno, alle dipendenze di Telecom Italia (già S.I.P, Spa).
L’uomo aveva prestato servizio in azienda dal 1973 al marzo 2003, come “addetto ad attività tecniche, specializzato in centrali telefoniche e ponti radio”. Nel corso degli anni, aveva svolto le sue mansioni in diverse sedi, quali: la Centrale di Roma Appia (Via Sannio dal 1973 a gennaio 1990), la Centrale Esquilino (da gennaio 1990 a giugno 1991), la Centrale di Cinecittà (dal giugno 1991 al 1996), la Centrale di Colombo (dal 1996 al 31marzo 2003).
Defendini aveva maneggiato costantemente le sottilissime fibre di amianto: durante le attività di verifica dei materiali e della componentistica delle parti elettriche, durante la sostituzione delle parti elettroniche usurate collocate negli isolatori, nei trasformatori e negli interruttori.
L’operaio effettuava saldature a stagno, utilizzava tester, controllava le batterie della centrale e, solo per quest’ultima attività, gli erano stati forniti dei DPI (dispositivi di protezione individuale, quali tute e stivali), in grado di proteggerlo dal rischio esposizione alle pericolose fibre di asbesto.
In aggiunta, per effetto dell’amianto già in opera, le esposizioni erano proseguite anche a causa dei ritardi delle bonifiche.
L’azienda utilizzava altresì teli di amianto che venivano spesso tagliati e maneggiati senza appositi dispositivi di protezione. Gli stessi venivano trasportati senza mezzi di precauzione.
L’amianto, l’ aria irrespirabile e gli ambienti insalubri
Quanto agli ambienti, erano particolarmente insalubri, polverosi e si poteva respirare l’aria dei gas delle batterie. Quando gli impianti elettronici si surriscaldavano, Defendini doveva effettuare anche la manutenzione e rimozione di materiale dalle fonti di calore.
Svolgeva altresì interventi per riparare guasti in container e ponti radio, in media una volta a settimana per almeno due ore. Infine, interveniva in guasti all’interno della pavimentazione o nei controsoffitti.
Tutte situazioni che hanno scatenato l’insorgenza della patologia nell’uomo.
Ad attestare gli effetti dell’esposizione la perizia del medico legale. Anche il Centro Operativo Lazio COR Lazio, che svolge attività di sorveglianza dei mesoteliomi maligni (MM) incidenti nel Lazio dal 2001, in data 22 dicembre 2020 (post mortem), aveva rilasciato al lavoratore un certificato di esposizione certa ad amianto (dal 22 ottobre 1973 al 31 marzo2003).
La storia di Defendini si conclude con il peso di una perdita irreparabile: la sua morte. Un prezzo troppo alto da pagare e che nessun risarcimento potrà colmare.
L’Avv. Ezio Bonanni e l’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), si rendono a disposizione per la tutela dei diritti di tutti i soggetti esposti ad amianto ed altri cancerogeni, e pertanto per il servizio di consulenza sarà possibile consultare il sito ufficiale dell’associazione: https://www.osservatorioamianto.it o chiamando il numero verde 800 034 294