LO SCORSO 17 GIUGNO, SATNAM SINGH, UN BRACCIANTE AGRICOLO INDIANO DI 31 ANNI, HA PERSO LA VITA A CAUSA DI UN TRAGICO INCIDENTE SUL LAVORO NELL’AGRO PONTINO, NEI PRESSI DI LATINA. L’INCIDENTE HA APERTO NUOVI DIBATTITI SULLA CRUDA REALTÀ DEL CAPORALATO IN ITALIA: UNA NUOVA FORMA DI “SCHIAVISMO” CHE PURTROPPO, CONTINUA A MIETERE VITTIME. PER PROTESTARE CONTRO LE CONDIZIONI DISUMANE DEI BRACCIANTI, OGGI 22 GIUGNO ALLE 17:00 SI TERRÀ UNA MANIFESTAZIONE IN PIAZZA DELLA LIBERTÀ A LATINA
Una morte assurda
Lunedì 17 giugno, mentre lavorava nei campi dell’azienda agricola di Antonello Lovato a Borgo Santa Maria, Satnam è stato vittima di un incidente devastante. Una macchina avvolgi-plastica gli ha tranciato il braccio destro e causato fratture alle gambe. Lovato, invece di soccorrerlo immediatamente, ha caricato Satnam su un furgone, insieme alla moglie, e lo ha abbandonato agonizzante di fronte al cancello di casa, lasciando il suo braccio reciso in una cassetta della frutta. I primi soccorsi sono arrivati solo un’ora e mezza dopo l’incidente.
Nonostante le operazioni di emergenza, il lavoratore è deceduto il 19 giugno all’ospedale San Camillo di Roma. In seguito alla sua morte, Antonello Lovato è stato accusato di omicidio colposo, omissione di soccorso e violazione delle norme sulla sicurezza.
La copertura mediatica e la reazione politica
La storia di Satnam non ha subito conquistato le prime pagine dei giornali. Una delle prime a parlare della vicenda è stata la sindacalista di Flai-Cgil, che ha denunciato l’accaduto. Quanto alla politica, inizialmente ha mostrato un silenzio assordante. Nessun commento immediato da parte di figure chiave come il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini.
La realtà del caporalato in Italia
La tragica morte di Satnam Singh è un’ulteriore testimonianza del fenomeno del caporalato in Italia. Secondo il VI Rapporto agromafie e caporalato, nel settore primario ci sono almeno 230mila lavoratori irregolari, un quarto del totale della forza lavoro agricola. Le condizioni di sfruttamento, come quelle vissute da Satnam, sono la norma piuttosto che l’eccezione.
L’agro pontino, dove lavorava Satnam, è una delle aree più colpite da questo fenomeno. Qui, molti braccianti della comunità sikh sono costretti a fare uso di oppioidi per sopportare i ritmi estenuanti di lavoro. Questo sistema criminale coinvolge non solo i datori di lavoro, ma anche medici e farmacisti compiacenti. Ma a cosa si deve questo fenomeno?
Parole, parole, parole
Ci viene spesso raccontata una versione rassicurante della realtà, secondo cui l’agricoltura industriale, per mantenere i prezzi bassi per i consumatori, deve necessariamente ridurre i costi del lavoro. In pratica, ci viene detto che pagare un bracciante clandestino solo 2 o 3 euro l’ora per raccogliere frutta e verdura è giustificato dalla necessità di offrire prodotti alimentari a prezzi accessibili.
Questa giustificazione, però, è lontana dalla verità. Analizzando l’indice dei prezzi al consumo, notiamo un costante aumento dei costi per le famiglie degli operai e degli impiegati. Dal 2015 al 2024, questi prezzi sono aumentati del 58,9%, passando da un indice di 100 nel 2015 a circa 120 nell’aprile 2024. Questo incremento è evidente anche nei dati più recenti sui consumi alimentari, dove nel 2023 si è osservato un aumento della spesa per tutti i comparti alimentari, pur diminuendo il volume dei prodotti acquistati. In pratica, si paga di più per ottenere meno.
L’agricoltura industriale mira principalmente a stabilizzare o aumentare i profitti derivanti dal capitale investito. Data la sua dipendenza da forniture esterne i cui prezzi non può controllare, come energia, sementi, macchinari e logistica, la strategia più immediata è comprimere i costi del lavoro, arrivando a condizioni di sfruttamento che sfiorano la schiavitù.
In questo contesto, il caporalato è un elemento strutturale delle aziende agricole moderne, spesso lodate come competitive e italiane, che schiavizzano letteralmente i lavoratori per garantire profitti stabili e ottenere una parte significativa dei finanziamenti pubblici destinati all’agricoltura. Questo sistema di sfruttamento non può essere giustificato neanche dal potere di mercato della grande distribuzione organizzata (GDO).
Mors tua, vita mea: la morte non conta di fronte al profitto
I bassi prezzi pagati alla porta delle aziende agricole vanno a beneficio della GDO e dell’industria agroalimentare, non dei consumatori. Esiste anche un altro meccanismo di sfruttamento: le piccole e medie aziende agricole, che ricevono solo pochi spiccioli di sostegno pubblico e producono principalmente per il mercato interno, devono competere nello stesso mercato delle grandi imprese agricole sovvenzionate. Questa competizione sleale tra sistemi economici diversi crea ulteriore pressione sui piccoli agricoltori, costringendoli ad autosfruttarsi per sopravvivere.
Il numero di agricoltori indipendenti è drasticamente diminuito negli ultimi decenni, ma il totale delle giornate di lavoro annue è rimasto quasi invariato. Molte piccole aziende sono scomparse, e chi è rimasto lavora molto più di prima. Attualmente, circa 900mila piccole aziende agricole si trovano in questa situazione di sofferenza e sfruttamento.
Quanto al prezzo da pagare, il motto “mors tua, vita mea” sembra riassumere senza tanti giri di parole, l’orientamento che va per la maggiore.
Il commento dell’avv. Ezio Bonanni, Presidente ONA
Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, ha dichiarato: «La tragica vicenda di Singh Satnam ci deve indurre a una riflessione che superi gli steccati e le barriere ideologiche. Intanto, non si ferma la scia di morte e dolore, decine e decine di nuovi morti per infortuni sul lavoro e malattie professionali. Chi produce deve essere protetto e non strumentalizzato: per questo l’ONA, che rappresento con il carico del proprio dolore dei nostri morti di amianto, partecipa alla manifestazione di Latina come richiamo istituzionale e sociale che unisca tutti sul fronte della difesa della Vita. Non vogliamo attacchi politici al Governo ma dialogo con tutti per trovare le soluzioni!»
Manifestazione a Latina
Oggi, sabato 22 giugno, si terrà una manifestazione in Piazza della Libertà a Latina per protestare contro le condizioni di lavoro disumane nel settore agricolo.
Organizzata da Cgil e Flai di Frosinone-Latina insieme con Cgil e Flai Roma e Lazio, prevede due ore di sciopero a fine turno e inizierà alle 17 davanti alla Prefettura. Già questa mattina, la Fai Cisl di Latina ha tenuto un presidio nello stesso luogo. L’iniziativa vuole richiamare l’attenzione sulla necessità di dignità, rispetto, sicurezza e salute per i lavoratori e le lavoratrici, e sollecita tutte le istituzioni e forze politiche a contrastare il caporalato e lo sfruttamento nel settore agricolo.
Inoltre, Cgil e Flai Cgil hanno avviato una raccolta fondi per sostenere la famiglia di Satnam Singh, affermando che il caso rappresenta un esempio di schiavitù moderna. Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha dichiarato che tali aziende dovrebbero essere chiuse immediatamente per impedire ulteriori abusi.
Alla manifestazione parteciperanno anche il Partito Democratico provinciale di Latina e la segretaria nazionale del Partito Democratico, Elly Schlein.
La morte di Satnam Singh deve essere un campanello d’allarme per tutta la società italiana. È necessario un impegno concreto e coordinato per combattere il caporalato e garantire condizioni di lavoro dignitose e sicure per tutti. Le parole di Pirandello, “Uno, nessuno e centomila,” risuonano tragicamente in questo contesto. Ogni bracciante morto sul lavoro è al contempo un individuo unico, un invisibile nella massa degli sfruttati, e una delle molte vittime di un sistema disumano. La difesa dei diritti dei lavoratori non deve conoscere divisioni politiche, ma deve essere una priorità comune per assicurare giustizia e umanità nel mondo del lavoro. Solo così possiamo sperare di prevenire ulteriori tragedie e riconoscere il valore intrinseco di ogni vita umana.