Ci sono mali che non scuotono nell’immediato, non si impongono con la brutalità di un disastro improvviso o di una guerra. L’amianto è tra questi. Invisibile e lento, penetra nei corpi e nel tempo. Uccide in silenzio, e lo fa spesso dopo decenni, quando la memoria dell’esposizione è ormai sbiadita, quando le mani che hanno respirato la polvere non stringono più ferri da lavoro, ma cercano una pensione che non arriva.
“In questo senso, l’amianto è metafora e realtà di una giustizia che si muove con la stessa lentezza.” E’ una delle frasi storiche dell’Avv. Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto. Non è solo il veleno dell’asbesto a minacciare la vita delle persone, ma anche l’avvelenamento dei meccanismi burocratici e giudiziari. Ne è testimone un uomo di 64 anni, ex operaio di Anzio, che per anni ha vissuto sotto l’ombra dell’amianto. Dopo una lunga battaglia legale, aveva finalmente ottenuto il riconoscimento del danno subito, ma non ha fatto in tempo a godere di quel tardivo risarcimento: è morto prima di poter andare in pensione. Il diritto arriva, sì, ma a volte quando non serve più a nulla. È un diritto che non salva, non restituisce, non consola.
L’intervista di Ezio Bonanni su RadioRoma
L’Avv. Bonanni continua a gridare queste istanze a pieni polmoni attraverso i media, per fare in modo che l’informazione non si perda nella spirale del silenzio mediatica.
Polmoni… gli stessi che smettono di respirare dopo atroci sofferenze chi si ammala di mesotelioma, malattia causata dall’amianto.
Amianto, una minaccia messa al bando, ma mai scomparsa
Dal 1992 l’Italia ha vietato l’uso dell’amianto, eppure, più di trent’anni dopo, continua ad essere ovunque. Continuano a morire centinaia di persone ogni anno, in particolare nel Lazio, dove nel solo 2024 si contano 500 decessi collegati all’asbesto: 100 per mesotelioma pleurico, 200 per tumori polmonari, gli altri per una miriade di patologie correlate. È come se una guerra silenziosa continuasse, alimentata da ciò che abbiamo lasciato indietro, da ciò che fingiamo di non vedere.
Eppure, ci sono numeri, dati, rapporti, che parlano chiaramente. Secondo l’Osservatorio Nazionale Amianto, ancora nel 2021 erano oltre 2.290 le scuole italiane contaminate. Si stima che quasi 360.000 studenti e 50.000 tra docenti e operatori scolastici siano potenzialmente esposti. E il rischio non si ferma ai tetti, ma si annida anche nei pavimenti in linoleum, negli impianti elettrici, nei muri stessi delle nostre aule.
Torino, Milano, Genova: città simbolo di un’Italia che ha costruito il proprio futuro sulle rovine di un materiale che un tempo era considerato miracoloso, resistente, economico. Oggi, quelle stesse città portano cicatrici nelle loro scuole, nei loro ospedali, nei luoghi in cui si dovrebbe imparare e guarire, non morire.
Gli ancora troppi perché dell’amianto
È lecito domandarsi perché, di fronte a dati così chiari, la questione venga ancora trattata come se fosse marginale. Perché nel 2025 siamo costretti a contare ancora le vittime, anziché celebrare la bonifica definitiva del territorio? Perché gli edifici pubblici come scuole, ospedali, università continuano a ospitare una sostanza riconosciuta come cancerogena da oltre un secolo?
Sono le domande che si pone anche Orizzonte scuola.
La risposta, in parte, è culturale: ciò che non si vede spesso non viene percepito come urgente. L’amianto è invisibile, non emette suoni, non esplode, non brucia. Ma corrode. Lentamente. E così la sua presenza si mescola all’inerzia, alla burocrazia, all’indifferenza. Un letale cocktail di passività istituzionale e disattenzione sociale.
Una questione etica e filosofica
Qui si apre una riflessione che va oltre l’ambito sanitario o giuridico: cosa dice di noi una società che permette a simili tragedie di ripetersi, anno dopo anno? Una civiltà che non protegge i suoi lavoratori, i suoi studenti, i suoi insegnanti, è una civiltà che ha perso il senso del tempo, che non si assume la responsabilità della memoria.
Il tempo, infatti, è il vero nemico e complice dell’amianto. È nel tempo che il male si manifesta, ma è anche il tempo ciò che viene sottratto alle vittime. Tempo di vita, tempo di giustizia, tempo di consapevolezza. L’amianto devasta l’idea stessa di futuro.
L’impegno dell’Osservatorio e l’urgenza del presente
Fortunatamente esistono realtà che lottano per invertire questa tendenza. L’Osservatorio Nazionale Amianto, sotto la guida di Ezio Bonanni, continua a mappare e denunciare la presenza di amianto in Italia, collaborando con istituzioni e cittadini. La piattaforma “ONA Guardia Nazionale Amianto” consente di segnalare la presenza del materiale cancerogeno, anche in forma anonima, permettendo una sorveglianza diffusa e partecipata.
Ma non può bastare la buona volontà di pochi. Serve un cambio di paradigma, una rivoluzione culturale, una politica che assuma la salute pubblica come priorità assoluta. L’amianto è il passato che ritorna ed il presente che ci condanna se lo lasciamo fare.