L’irace delle rocce mette in scena un canto ritmato per “rimorchiare” la femmina. Più è melodioso, più l’animale è in salute. Lo studio spiega anche altre interessanti teorie.
Irace delle rocce: un parente stretto dell’elefante
Irace delle rocce. Detto anche irace del Capo d’Israele (Procavia capensis) è un simpatico mammifero erbivoro, grande circa 50 centimetri (quanto un coniglio), con un peso compreso tra i 4 e 5 kg.
La sua storia paleontologica è ancora oggi avvolta nel mistero, ma alcuni esperti ritengono sia imparentato con gli elefanti, nonostante abbia aspetto e dimensioni completamente diverse.
Ha delle orecchie tonde, una coda corta e incisivi molto sviluppati, che si protendono all’esterno. È presente in Siria, nell’Africa nord orientale e in tutta l’Africa sub sahariana. Alcune popolazioni vivono a considerevoli altitudini, per esempio sulle pendici del monte Kenya. Qui, si nascondono tra le fenditure dei massi, sia per riscaldarsi, sia per nutrirsi delle erbe che crescono grazie all’alto tasso di umidità.
Il gruppo comprende anche una sentinella, cui è assegnato il compito di avvertire quando un predatore si avvicina.
Più il canto è ritmato e melodico, più fa colpo sulla femmina
Il maschio inizia a cantare al sorgere del sole. I suoi vocalizzi sono una via di mezzo tra la risata delle iene e lo stridere fastidioso del gesso sulla lavagna. Eppure le femmine apprezzano molto queste doti canore. Per le loro orecchie, le ballate romantiche e ritmate, intonate dai corteggiatori, rappresentano il principale criterio di scelta del partner.
Insomma, un pò come avviene per il pavone, che agita la sua coda variopinta, l’irate intona il suo canto, che via via diviene sempre più articolato, per catturare l’attenzione dell’ascoltatrice.
I cantanti più bravi generano discendenti migliori
Alcuni scienziati hanno studiato la straordinaria comunicazione acustica dei mammiferi presenti nella Riserva naturale di Ein Gedi, in Israele.
Come prima cosa, hanno evidenziato che i loro “canti” presentano caratteristiche tipiche del linguaggio umano e della musica. Gli esemplari cresciuti in cattività possono produrre oltre 20 suoni, che veicolano informazioni complesse come l’età, lo status sociale e le condizioni di salute dell’animale.
In secondo luogo, ogni canto ha intonazioni differenti, dei veri e propri dialetti legati al luogo di provenienza degli animali.
I ricercatori hanno dunque abbinato l’analisi spettrografica dei canti di corteggiamento degli iraci, con i risultati di svariate stagioni riproduttive consecutive. Si è scoperto che dai “cantanti” più bravi, discende una prole evolutivamente più sana.
«La spiegazione più semplice è che la costanza, in termini di ritmo, sia una caratteristica attraente per le femmine, o quanto meno sia indice di un partner che gode di buona salute».
Ad affermarlo, il responsabile dello studio Vlad Demartsev, ecologo comportamentale che lavorava al Max Planck Institute of Animal Behavior nel periodo in cui è stato eseguito lo studio.
Come si è arrivati alle conclusioni?
Per arrivare a tali conclusioni, gli scienziati hanno posizionato degli auricolari e collari GPS colorati sugli animali.
Lo stratagemma ha consentito loro di identificare gli animali anche da lontano, associando i loro canti ai risultati dei test di paternità.
Lo studio comportamentale, condotto dal Max Plank Institute for Animal Behavior, a Konstanz in Germania, è stato pubblicato il 12 settembre sul Journal of Animal Ecology della British Ecological Society.
Maschi “residenti” e maschi scapoli in lotta
Il maschio residente, si conquista attraverso il canto, una posizione di rilievo all’interno di una comunità in cui vivono circa 30 individui tra femmine, giovani esemplari e cuccioli.
Dominio che può durare per quasi tutta la sua vita o fino alla maturità (nove anni circa). In alcuni rari casi, tuttavia, egli può essere spodestato e cacciato da un “maschio scapolo”.
Per evitare il rischio, gli iraci cantano tutto l’anno, e non solo durante la stagione dell’accoppiamento, che dura per qualche settimana tra luglio e agosto.
Secondo Demartsev, il canto è un deterrente per evitare le aggressioni tra maschi.
«È una specie di rituale che riduce al minimo i combattimenti, che possono avere effetti collaterali per entrambe le parti», afferma.
Differenza di stile canoro fra irace residente e scapolo
Gli scienziati hanno altresì scoperto che c’è differenza fra il canto degli iraci residenti e quello degli scapoli. I primi producono canti frequenti con un ritmo costante, e la loro complessità diminuisce una volta che entrano a far parte del gruppo.
«Tutte le femmine a quel punto conoscono il maschio, e conoscono le sue qualità; condividono con lui la stessa tana», spiega Demartsev. Insomma, una volta conquistata la sua posizione, il maschio deve solo mantenerla attraverso un canto costante, ma non è necessario che sprechi la sua energia come per la fase del corteggiamento.
Motto dell’irace: “Gli amici tuoi sono anche amici miei”
Diversi studi sugli iraci del Capo hanno evidenziato che le loro società seguono la regola dell‘equilibrio cognitivo, elaborata dallo psicologo australiano Fritz Heider (1896-1988). Un principio che non era mai stato osservato in altri animali.
Esso si fonda sull’assioma “l’amico del mio amico è un mio amico e il nemico del mio amico è un mio nemico” e serve ad evitare che si generino configurazioni sociali non bilanciate.
La ricerca spiega perché gli uomini apprezzano il canto
Come accennato, «Questi modelli o schemi possono variare a seconda del contesto e anche in base ad altri aspetti, come ad esempio la forma fisica del maschio».
A sostenerlo, Chiara De Gregorio, primatologa dell’Università di Torino, autrice di uno studio del 2021 sui lemuri cantanti, che ha ispirato la ricerca sui canti degli iraci delle rocce.
«Questa ricerca è quindi importante non solo per comprendere e conoscere meglio gli iraci delle rocce e i lemuri. Ogni volta che gli scienziati scoprono un’altra specie che comunica usando aspetti come il ritmo, questo ci riporta alle antiche origini di componenti che nel tempo sono arrivate a influenzare il modo in cui gli esseri umani creano e apprezzano la musica».
Insomma, la musica potrebbe avere avuto un ruolo molto più importante di quello che pensiamo.
Altre scoperete interessanti legate allo studio dell’irace
Oltre ad offrire uno spaccato interessante sul comportamento del simpatico mammifero, lo studio ha cercato di determinare se il linguaggio degli iraci segua la Legge di Zipf, o “Legge della Brevità”.
Tale principio afferma che le parole utilizzate più frequentemente per comunicare vengono abbreviate deliberatamente, al fine di sprecare meno energia.
Caratteristica adottata dagli umani, basti pensare alle abbreviazioni più comuni quali ad esempio Tv per indicare la televisione o Uni per indicare l’università e via discorrendo.
Risultato?
Effettivamente si è scoperto che le femmine, che tendono a vivere più vicine le une con le altre, producono richiami più lunghi, ma meno articolati. I maschi, invece, che tendono ad essere più solitari, emettono vocalizzi più rumorosi, per le ragioni sopra citate, a scapito del dispendio energetico.